Come lo vedi il Giappone?

Crew del Fecking Bahamas fest a Tokyo, pic dal fb dei DAGS!

Crew del Fecking Bahamas fest a Tokyo, pic dal fb dei DAGS!

Una volta quando vedevi le immagini di una band grossa che andava in tour in Giappone era tutto impressionante. Per esempio, i Guns and Roses ci sono andati per la prima volta nell’88, gli Oasis nel ’98. I Guns erano già delle superstar a quell’epoca, erano i re della musica da ascoltare e venivano presentati così: “Would you please welcome from Hollywood: Guns and Roses!“. Vero colonialismo. Come si legge nelle informazioni sotto al video del concerto a Tokyo, su YouTube: “Axl mentions how all the Japanese fans are following them all over Japan”. Praticamente, fedeli come dei cagnolini. Ma, immagino, anche gli Americani li seguivano in tour lungo tutta l’America.
Gli Oasis in tour in Giappone, invece, trovavano strano tutto quello che era giapponese: hanno ribadito il concetto anche recentemente nel loro omaggio a se stessi.
L’utilità del contributo all’intelligenza di queste band era zero. Se si pensa anche solo al successo dei manga in Occidente, o alle cose belle nate dall’unione di Occidente e Giappone, come i Deerhoof per esempio, è facile capire quanto si sbagliavano ad avere un atteggiamento di superiorità.
Cronologicamente in mezzo a questi due giganti del rock (ma formiche non laboriose dell’uso del cervello), e avanti dal punto di vista dell’attitudine, sono i Fugazi. Che vanno in Giappone per nel 1991 e questo è quello che c’è scritto sul sito della Dischord:

“From the available audio source, as well as from the video sources provided below, it is clear that the band is very appreciative to have made it to Japan, having spent a couple of great days there, strikingly pleased with the sights and sounds of Tokyo and the distractions the city has to offer (note that Guy praises the King Fucker Chicken performance in the incredible Yoyogi park and at one point enquires about the pachinko heads in the audience as well)”

Non sono i tempi a dettare il modo diverso di vedere il mondo. I Fugazi, appunto, vanno in Giappone per la prima volta a metà tra i Guns e gli Oasis. Il segreto per non far sembrare il Giappone una cosa strana (diversa, ok, ma non inferiore perché differente) era nell’atteggiamento di chi ci andava a suonare. Si tratta di gruppi diversi: i Guns e gli Oasis sono rock star, i Fugazi no, ok. Ma quello che m’interessa è proprio la proposta di due atteggiamenti all’opposto, già contenuti nella “poetica” delle band in questione e proprio per questo indicativi di un modo di vedere le cose. I Fugazi sono contenti di andare in Giappone. Essere là per gli Oasis era come essere in un posto di cui avere paura perché la gente si comporta in modo diverso rispetto all’inglese medio. Essere là per i Guns era come essere là per un re che va ai confini dell’Impero. I Fugazi hanno dimostrato di avere un po’ più di intelligenza umana. Non che il confronto sia mai stato necessario o richiesto, ma è interessante: persone con una sensibilità e una mentalità diverse poste di fronte alla stessa novità reagiscono in modo completamente diverso. Non è l’uomo a essere stronzo di suo, ma è il suo background socio-culturale che lo rende o non lo rende tale. Poi, è una questione di atteggiamento, che deriva dall’intelligenza, che a sua volta si sviluppa più o meno nell’ambiente in cui cresci e nel modo in cui l’affronti. Dall’esterno, vedevi gli Oasis e i Guns andare in Giappone, marcando le differenze – se non in negativo – comunque dall’alto, da una posizione che non poteva essere la tua: la lezione era pessima. Leggendo o vedendo dei Fugazi in Giappone, il loro è lo stesso atteggiamento che avrebbe avuto una persona normale curiosa e affascinata dal mondo lontano. O che hanno avuto i DAGS!.

Il Giappone 20 anni fa era molto più lontano di quanto non lo sia oggi: oggi, se un gruppo – piccolo, medio o grande che sia – va in Giappone, può raccontarlo in diretta su Facebook. Già in partenza è tutto più famigliare, quindi: alla base di tutto c’è il mezzo, che è nostro e facilita le cose rispetto a una volta. Gruppo grande o gruppo piccolo, a seconda di come usa il cervello chi ci sta dentro o eventualmente chi gli fa da social media strategist, le modalità di racconto saranno senz’altro diverse: anche il modo di raccontare il viaggio ha un valore.

I DAGS! sono andati in Giappone in novembre, per un tour di 6 date e l’hanno raccontato su Facebook. Le foto parlano da sole. Li ho seguiti da qua, nel senso che la cosa m’incuriosiva e mi piaceva l’idea che facessero una serie di concerti in Giappone, quindi sono stato in occhio a beccare le cose che condividevano su Facebook. Mi piaceva anche il fatto che pubblicassero le foto dei concerti ma non solo, anche quelle di quando erano in treno, in bus o nella stanza d’albergo. In un certo senso era un po’ come viaggiare con loro. Poi c’è quella foto che ho messo all’inizio dell’articolo. L’ho messa perché fa vedere anche chi altro c’era dietro l’organizzazione del tour, tra quelli che l’hanno organizzato da là. E non era l’unica foto che raffigurava i local che avevano partecipato. I DAGS! sono andati in Giappone grazie a un sacco di persone, e con un sacco di persone, e ce le hanno fatte vedere mentre erano là. Non è stato un tour figo solo perché loro sono andati in Giappone a suonare, ma anche per tutto quello che c’è stato intorno. Almeno così è sembrato, da qui.

Insieme a To Lose La track, poi, hanno pensato di anticipare la stampa della compilation che ogni anno TLLT fa uscire sempre per Natale, per portarla in Giappone e promuovere i gruppi. Tutti i gruppi del roster, non solo i DAGS!, più le anticipazioni delle uscite previste per il 2017. La puoi ascoltare qui.

La compilation inizia con We All Like Theories, Let’s Not Make Anything Ever Happen dei DAGS! Il pezzo ha una parte ritmica latin jazz e un basso insistente ma morbido. Come (quasi) sempre nei DAGS!. Insieme ai Leute, tengono in piedi benissimo il revival emo anche quando il revival è finito, con dischi suonati al meglio proprio nel momento in cui scendono nella cura dettaglio, come spesso il genere richiede.

Spy Dolphin dei Delta Sleep
Scilla dei Valerian Swing
Insieme a Three in One Gentleman Suit, i Valerian Swing e i Delta Sleep hanno cambiato la rotta di TLLT. Aurora (che contiene Scilla) dei Valerian Swing e Management dei Delta Sleep escono nel 2014, Notturno dei Three in One Gentleman Suit nel 2015 e TLLT passa dall’essere un’etichetta (per lo più, e sottolineo per lo più) orientata all’emo, al punk rock e al power rock a portare al centro dell’attenzione il math rock, influenzato da emo, screamo o post rock, ma comunque con un modo decisamente diverso di scrivere i pezzi. Che si riempiono di scale e diventano delle corse verso l’alto, in contrasto con i gruppi della “generazione” precedente, che sviluppavano in profondità le canzoni, dando al suono una potenza maggiore grazie anche all’uso della ripetizione. Nel 2016 i Delta Sleep hanno pubblicato Twin Galaxies, che contiene Spy Dolphin.

Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, Weird Times
Questa è la prima anteprima della compilation: il disco nuovo dei Tiger! esce il 16 gennaio. Loro sono tra i gruppi della “vecchia” generazione TLLT, di quelli che con le chitarre scavano più in profondità. Solo loro, però, lo fanno chiamando in causa lo show gaze e i Male Bonding.

Riviera, Piscina
L’ultimo disco dei Riviera è ancora quello, ma si dice che tra poco ne uscirà un altro. Hanno fatto uno degli album più riusciti del 2014, nell’onda emo power singalong. I loro concerti a più di 2 anni dall’uscita dal disco sono ancora una grande festa, con gente che urla i testi e tenta in tutti i modi di farsi male.

Quasiviri, Gravidance
Gli inventori del mathrock di TLLT, nel 2012. Poi sono tornati nel 2014, con Super Human, che contiene Gravidance.

Three In One Gentleman Suit, Ashes
I Three In One Gentleman Suit hanno una lunga storia alle spalle, che arriva fino al 2003, quando esce Battlefields in an Autumn Scenario per Fooltribe. Dentro c’era già tutto quello che hanno adesso ma meno raffinato e, riascoltando, allora c’era meno tensione. Sono migliorati.

Gazebo Penguins, Difetto. Sono i capostipiti TLLT del farsi male ai concerti con l’emo power singalong. Li ho visti una decina di volte dal vivo, ho consumato i dischi, ho scritto alcune cose, ho comprato ripetute volte una loro maglietta, quando parte Difetto è come se fosse sempre non la prima ma la terza volta che ascolti una canzone, cioè quando inizia a entrarti dentro. Aspetto il disco nuovo, sono disposto ad aspettare lunghi anni, l’attesa ha un valore, così come il racconto del viaggio, ma alla fine deve essere soddisfatta. Sembra che io stia filosofeggiando, in realtà sto parlando dei Gazebo Penguins usando alcuni dei loro temi, alcuni dei quali presenti anche in Difetto: futuro, ricordi, attese.

San Diego Coletti dei Cayman The Animal. Il rigurgito punk anni 90 di TLLT del 2015, in mezzo a tutto quel rock MATH. Apple Linder è uno dei dischi che ho ascoltato di più l’anno scorso, pur essendo uscito in ottobre. Con le grafiche di Ratigher, uscito in cordata con Sonatine, Escape From Today e Mother Ship Records, che si sono spartiti a sorte la produzione del cd e del vinile, come si fa con i beni materiali.

Lags: Queen Bee. I Lags rappresentano il punto di arrivo delle correnti sviluppate dall’etichetta negli ultimi anni, unendo in Pilot (2016) emo screamo, punk rock, math rock e post hard core (i cui massimi rappresentanti di sempre in TLLT sono i Disquieted by che hanno fatto il disco nel 2012). Hanno pubblicato un ep acustico, dove vanno giù naturalmente meno pesi e fanno anche una cover delle nostre guide comportamentali all’estero, i Fugazi.

Marnero, Il Pendolo. La band più pesa di To Lose La Track. Su di loro avevo fatto anche un esperimento che non si è cagato nessun (questo) ma non fa niente.

Action Dead Mouse, Ginnastica nell’acqua. Sono entrati di recente, prima erano con Flying Kids, Fallo Dischi oppure da soli. Hanno una funzione importante all’interno del listone della compilation: uniscono il post hard core alla new wave anni 80, che tra cinque canzoni sarà rappresentata da Havah e Giona. Infatti con L’Amo (che conteneva Giona l’uomo) gli Action Dead Mouse avevano fatto uno split.

Labradors, All I Have Is My Heart. Diego ha eletto The Great Maybe tra i suoi dischi dell’anno.

Minnie’s. Voglio Scordarmi Di Me. Nei Minnie’s suona il basso Viole, che suona il basso (quello insistente ma morbido) anche nei DAGS!. Voglio Scordarmi Di Me è il mio pezzo preferito del loro ultimo ep, Lettere scambiate, dove vanno definitivamente oltre il punk rock puro, piuttosto proseguono la strada verso il punk rock cantautorale – iniziata solo in parte con Ortografia – e schizzano via dalla possibilità di qualsiasi attuale parallelismo con un altro gruppo TLLT.

Urali, Mary Anne (The Tailor)
Girless, Ernest
I due cantautori in inglese, amici nella vita. E in effetti anch’io sono loro amico, non come sono amici loro tra loro, ma un po’ si. Può l’amicizia influenzare il giudizio sul disco di un amico? No. Se il giudizio è negativo, puoi decidere se esprimerti o meno, ma il giudizio rimane quello. Il mio giudizio è positivo, quindi non ho problemi.
Quando ho sentito per la prima volta Ernest di Girless (di Girless&The Orphan) ho detto che era bella come le vele delle barche del porto canale di Cesenatico, perché il giorno prima avevo incontrato Girless a Cesenatico, di fronte al The Brews, il locale che il 28 aprile fa suonare Bob Nanna di Braid e Hey Mercedes, sul Porto Canale di Cesenatico. Adesso, visto che siamo dentro la compilation di Natale, Ernest è diventata bella come le vele delle barche illuminate per Natale, col presepe dentro, sul porto Canale di Cesenatico. Il disco uscirà nel 2017, quindi questa è la seconda anteprima della compilation.
Urali ha fatto un disco che è un affresco, a partire dalla copertina. Dentro ci sono i ritratti di alcuni personaggi, alcuni dei quali mi ricordano i primi piani di Thomas Ruff, per la loro fermezza nel descrivere lo stato delle cose ma anche per la loro capacità di lasciare in sospeso e interrompere, limitandola a un momento, la definizione del personaggio stesso.

Sappiamo chi sei, di Havah
Coerenza Tralalà, di Giona
Dopo Settimana, Havah ha fatto uscire Durante un assedio (2014) e ha virato la direzione di TLLT verso la new wave, rendendo ancor più traballante dopo l’incursione dei Disquieted By la base su cui si regge il mio “per lo più” iniziale. Più recentemente, Giona con Per tutti i giovani tristi (2015) ha spinto l’etichetta ancora verso la wave, differenziandosi molto da Havah, soprattuto nelle melodie, che sono più pop. Tutti e due i newavers hanno scritto testi bellissimi.

CRTVTR, A.M.
CRTVTR entrano nella To Lose La Track solo nel 2013 con Here it comes, Tramontane!, in cui suona anche Mike Watt dei Minutemen, così come suonava in We Need Time EP (2009). We Need Time EP musicalmente è di una vita fa: è più diretto, come la gioventù, che si va lentamente perdendo. Nel 2016 è uscito Streamo, sfumatura più ipnotica della corrente math rock. Più adulto.

To Lose La Track Goes To Japan si conclude con Ponti, S. degli Autunno, gruppo a me sconosciuto novità 2017 che inizia con le chitarre cattive alla Gazebo Penguins (ma con una distorsione dalle maglie più aperte), prosegue recuperando i Verme nella disperazione della voce e finisce per riprendere anche alcune spigolosità del math rock d’annata. Ma senza decidere se riempire lo spazio in altezza o in profondità. Vedremo.

“Un tour in Giappone non capita tutti i giorni” (cit. Luca Benni, capo di TLLT).

Mancarone CASO nella compilation. Se puoi sopportare questa cosa, ascoltala qui.

Tre dischi da ascoltare a rota

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Sioux Falls, Rot Forever. La mancanza di originalità può diventare un modo per crearla. Rot Forever è un mischione di robe. Le dico in ordine casuale, come fanno loro un pezzo e un giro dopo l’altro: emo, Sparklehore, Van pelt, singalong, revival punk rock e indie rock anni 90, Christie Front Drive, Modest Mouse, Crash of Rhinos, screamo, Bob Nanna, power pop, Karate, Grandaddy. Ogni cosa non è al suo posto, le influenze vengono buttate lì all’improvviso nelle canzoni, che hanno melodie simili – i Bedhead tirati – ma soluzioni di scrittura varie (Copy/Paste), molte idee (San Francisco Earthquake) o la stessa che si trascina e cambia (Mcconnoughey) e il suono distorto nel modo giusto (sempre). Sono 16 tracce pese da ascoltare una dopo l’altra ma arrivati a Dinosaur Dying è come non aver mai sentito una cosa del genere. E questo mischione di musica che (in realtà) è in giro da 20 anni e musica che (apparentemente) suona come nuova è il giusto corto circuito che fa crollare di tristezza al minuto 2 ma risolleva e fa guardare il cielo con speranza 30 secondi dopo. siouxfalls.bandcamp.com/album/rot-forever

Marnero, La Malora. È praticamente un’unica canzone lunga ed è la canzone pesa più lunga e migliore che io abbia mai ascoltato. È un’epopea da leggere senza soluzione di continuità. Ha potenza, poesia, è più cupo del Sopravvissuto e ha un suono impastatissimo ma non abbastanza da non permettere di godere della musica che ci sta sotto, la sinfonia della tragedia che distrugge tutto, e proprio per questo permette di scegliere e ripartire. In fondo è un sogno, per certi versi: se c’è una cosa che dà la possibilità di ricostruire tutto senza rimpianti è il disastro che si abbatte dall’alto e non lascia nulla dietro di sé. Se sopravvivi, è fatta. marnero.bandcamp.com/album/la-malora

Kill the Vultures, Carnelian. Se ho bisogno di concentrazione, nello specifico di isolarmi a lungo da persone la cui presenza mi deconcentra, questo è il disco giusto. Un fiume di parole gestito da Crescent Moon come un contabile delle battute e le basi di dj Anatomy che passano dal jazz al trip hop al sound da film muto. Ti inchiodano alle cuffie e poi per forza che lo ascolto a rota. Kill the Vultures superano i livelli di The Careless Flame con un ritmo molto rallentato: ho 37 anni e mezzo e va meglio così. Some people need this rota to be happy. killthevultures.bandcamp.com/album/carnelian

Fàn dscàr låur: MARNERO, La malora

 

verdescuro

Fàn dscàr låur in dialetto bolognese vuol dire, o almeno spero, Facciamo parlare loro. Facciamo parlare loro è una rubrica storica, arrivata già alla sua prima uscita, oggi dedicata a La Malora, il nuovo disco dei Marnero, che sono di Bologna (da qui l’inutile titolo in bolognese). Tre cose. 1) Nella rubrica in questione non faccio altro che trascrivere le parti che mi sono piaciute di più dei testi di un disco: più propriamente, non parlano LORO ma i loro testi. 2) La Malora dei Marnero è il terzo episodio della Trilogia del fallimento (dopo Naufragio universale e Il Sopravvissuto) e racconta di alcuni sopravvissuti che s’incontrano in una taverna su cui si abbatte il disastro totale. E allora potrebbe cambiare tutto, i ruoli, la vita, la prospettiva. 3) Sta rubrica è molto esclusiva, si fa solo quando ce n’è veramente.

“La terra è ferma solo per quelli che hanno le catene alle caviglie ai polsi agli occhi e alle vene. Il formicaio dietro al Porto è una grande tomba a cielo aperto, le formiche nel suo ventre ci lavorano per sempre senza mai farsi domande. Finirà che poi ci moriranno dentro, nel centro del cerchio” (Porti)

“Nei gangli del Labirinto non si trova neanche un mezzo vivente in mezzo a questa gente e la luce accecante non fa vedere niente. Il buio svela la sparizione dell’Orizzonte. La città dietro al Porto è una tomba gigante. Questa luce non è salvezza, è solo corrente alimentata da una schiavitù consenziente che si scava da sola una fossa gigante” (Labirinti)

” ‘Uno specchio che ha stravolto il riflesso distorto del mio volto. La corda stretta al collo, ma io non me ne sono neanche accorto’. Una visione, un sogno sepolto o un racconto?” (L’Ubriaco)

“Da mendicante senza aspettarti niente vai alla cieca e puoi rinnegare chi sei. E tu che bevi per non scordare versami ancora del vino che io preferirei di no, non dimenticare, e quindi ho scelto di mendicare”. (Il Cieco)

“Su quella nave cantavo il mare e i guai, tenevo il ritmo e narravo le gesta, storie che spronano allo sforzo i marinai per tener duro e scamparla dentro alla tempesta. Mi cacciò il capitano, non la gradiva l’imprevedibilità”. (Il Cieco)

“Naufrago fra le onde di sabbia, stivato nella pancia gigante di una barca bianca. Senza rifugio, difesa, né nome, lui scappa nel vuoto di un’amnesia e nell’apnea del respiro che manca. ‘Tu partirai con dolore’. Le ombre spariscono quando ti butti nel mare”. (Il Clandestino)

“A volte la fuga è l’ultima carta per dire di No”. (Il Clandestino)

“Una vita a cercare una via per non obbedire né comandare, una vita a morire infinite volte prima della morte definitiva”. (Il Marinaio)

“Il Baro perde la mano anche se è lui a mischiare il mazzo: non sa più quando bara. Cazzo, il Bambino ormai è un ragazzo. Il Baro spacca il bicchiere, si taglia una mano e il ragazzo gli porta una benda ma gli cade il Manuale e ormai è tempo che si arrenda”. (Il Baro e il Bambino)

“La ciurma è sotto assedio: la Grande Foresta in fiamme si sta facendo strada fra le incrinature delle assi di legno, ingoiando tutto quello che incontra”. (La sparizione)

“Lo Scarto è l’apostrofo nero fra la simmetria e l’asimmetria. L’errore ha un limite previsto che è dentro la media altrimenti finisce scartato. Chi ha deciso strumenti e unità di misura ha deciso anche il risultato. Ma lo Scarto ha creato le incrinature, nella norma e nelle sue misure l’acqua già penetra dalle fessure. Ci vuole impegno per perdersi, ci vuole la scelta per perdere tutto”. (Il Pendolo)

“Non fuggire, né galleggiare, ci deve essere un modo altro”. (Il Testimone)

“Noi amici del conflitto e nemici della guerra, noi senza divisa che ci siamo rifiutati di militare”. (Specchio nero)

“Noi che abbiamo cercato un’altra posizione sulla stessa barca e nello stesso tavolino”. (Specchio nero)

“Bisogna andare avanti, anche se avanti non c’è nulla. Bisogna guardare l’abisso e c’è il rischio di finire a brandelli. E allora? Senti il suono della Malora”.

“Non chiederò perché, non chiederò chi, non chiederò cosa, non chiederò verso dove, ti chiederò soltanto il Come”. (sempre Specchio nero)

bandcamp.