Quando niente è proibito: Cayman the Animal, Black Supplì

black supplì cayman

La mia ragazza ha una libreria in cui vende i dischi di alcune etichette indipendenti italiane. Qualche anno fa è iniziata una collaborazione anche con la Sonatine e in quell’occasione ho avuto per le mani per la prima volta l’EP dei Cayman the Animal Aquafelix, che fino ad allora avevo visto solo in foto. La differenza tra una fotografia e la realtà a volte può essere sorprendente. Il packaging era pazzesco, ma pazzesco nel senso di divertente, un cartonato con una chiusura di un genere mai visto, almeno io non l’avevo mai visto (non sono appassionato di scatole, anche se in casa ne abbiamo tante). E poi era di sicuro la prima confezione di un disco in 3D della storia: vedi la scatola e caschi nel mondo delle illustrazioni che ci sono sopra, quando ti ripigli la apri e trovi un sacco di roba vera. Quando ho aperto il disco successivo, Apple linder, ho scoperto che la copertina era un mega poster di un gigante che pisciava, a dimensioni 1:1, più incredibile di quello di Anna Falchi uscito su Max tanti anni fa. Ma la sfida più eccitante è stata l’ultimo disco, Black supplì (No Reason Records e Mother Ship): la copertina è un gratta e vinci. E, insensibili come la vita che avanza, i Cayman the Animal, quando gratti, scrivono “HAI PERSO” e ti sbattono in faccia l’inasprirsi dei tempi: una volta si usava scrivere “Non hai vinto”. Il risultato è un groppo in gola. E proprio con questo groppo in gola – provocato da un affronto violento e antiautoritario (gli stessi aggettivi, preceduti da un “talvolta”, che su wikipedia hanno usato per descrivere i disegni di Raymond Pettibon) nei confronti rispettivamente tuoi e dell’istituzione Gratta E Vinci – ho messo su il nuovo cd dei Cayman (sarà legale chiamarli così?).

Ma prima di tuffarsi dell’ascolto, c’è da chiedersi: chi è l’illustratore ufficiale dei Cayman the Animal? Ratigher, che con il suo tratto tremolante farebbe sentire instabile nel mondo anche Putin. Se dovessi cercare cosa c’entra lo stile di Raymond Pettibon (visto che prima è stato chiamato in causa) con quello di Ratigher direi niente. Però c’è tutta una storia dietro al rapporto tra illustratori e gruppi punk, diventata anche mainstream in Italia perché Zerocalcare ha ripetuto giusto qualche volta che all’inizio lui faceva le locandine per i concerti hard core. Insomma, non mi pare ci sia nessuna somiglianza tra il tratto di Pettibon e Ratigher ma di sicuro c’è tutto un mondo in comune e c’è anche una differenza: mentre Pettibon è, è stato, fu “talvolta” violento e antiautoritario, Ratigher lo è sempre, in particolare quando disegna le copertine per i Cayman. E il perfetto incontro tra la violenza del primo e la cattiveria dei secondi è quel HAI PERSO.

A proposito, c’è qualcuno che HA VINTO grattando Black supplì? No perché nel caso ci fosse secondo me non partirebbe con il piede giusto. Perché poi se, oltre a guardare le figure, alla fine vi tuffaste davvero nell’ascolto del disco, notereste, oltre al fatto che è un disco di musica pesa, anche che HAI PERSO era lì per prepararvi al mondo di pessimismo, introspezione e fastidio dei suoi testi. Se non credete che un gruppo che suona i concerti in romanesco possa essere anche introspettivo, vediamone alcuni. Per esempio, un verso dalla prima canzone dice “Destination cold black worms”. Vediamo anche tutti quelli della seconda, che si chiama The colors deniers club:

The other day I bumped into my former band
What happened is that I could not recognize myself
It sounded pretty good nothing’s forbidden
But how could I be so joyful if everything was black?
Next time I won’t try
For the umpteenth (“ennesimo”, ammetto di averlo cercato su wordreference, ndr) time
It will pass me by
Next time I won’t try
Let’s not even start

Sarà l’ultimo disco dei Cayman? Io spero di no, voglio che ne facciano almeno un altro con un disegno di Ratigher. Non pensiamoci. Piuttosto, in questa canzone c’è un insegnamento importante, a proposito di introspezione e capire se stessi: le cose che si fanno non devono essere fatte per creare la cosa più bella del mondo, ma per fare la cosa che vogliamo fare. Poi sarà la cosa migliore del mondo? Tanto meglio. Ma è più importante che sia venuta come la volevi tu. Come dice Simon Reynolds, la musica va ascoltata col cuore. Allo stesso modo, le canzoni vanno scritte col cuore e gli articoli sulle canzoni anche. Insomma, testi riflessivi e musica potente e veloce, come i Nirvana e gli Husker Du e il contrario dell’emo core, dove musica e testi hanno spesso la stessa intensità. Questo non è un disco emo.

Da piccolo mi chiamavano Presobene, oggi “talvolta” la mia ragazza mi chiama Raggio di sole. Quindi a me piacciono i testi dei Cayman the Animal. Che nella terza canzone dicono: “Would I ever be so mean just years ago? A sad black supplì”. Vi ricordo che l’aspetto del supplì nero è questo

real black suppli

Questo per dire che l’immaginario dietro al disco è tutt’altro che accomodante. In più, quello dei Cayman the Animal non è solo un supplì nero ma è anche triste. Siamo di fronte a un’immagine scoraggiante, definirsi un supplì nero e triste va oltre il punk, oltre il rock, è introspezione analitica, fisico-psicologica.

Parlando invece della musica, che mi sembra una parte importante di un disco, a me i Cayman the Animal ricordano tantissimo gli Hot Snakes ma a voler dire tutta la verità, rispetto ad Apple linder, in Black supplì sono meno Hot Snakes e più solo snakes, cioè proprio biscioni: rallentano, fanno i loro giri su se stessi e poi scattano e staccano, in generale sono più guardinghi e attenti a distaccarsi un po’ dai dischi precedenti. Continuiamo su quella strada, ragà, sembrano dire le parole The colors deniers club, siamo sempre noi ma non siamo sempre noi. Un insieme di cose positive e negative da un lato gli fa pensare “Next time I won’t try / Let’s not even start” dall’altro gli permette di cambiare passo dal punto di vista musicale. È il quarto disco insieme (c’era anche il primo, Too old to die young del 2011, e non considerando il demo di incomparabile bellezza, cit.), ok, potrebbe essere deleterio, ma c’è un tesoro da conservare vivo, e sta in “It sounded pretty good nothing’s forbidden”. Dal primo disco all’ultimo, pur all’interno del punk-rock, ogni volta c’è qualcosa di diverso: Too old to die young era un po’ crossover, Aquafelix noise e anche un po’ hard rock, Apple Linder più Hot Snakes (e secondo me è il migliore finora e – osservazione statistica – l’unico in cui non c’è una canzone che si chiama Here comes the end). Ma nessuno ingrana un’altra marcia. Black supplì invece lo fa: è più definito nei passaggi, più preciso. Magari non fa un passo verso (o per allontanarsi con decisione da) un tipo o l’altro di musica e prende un po’ di tutto dai dischi precedenti, ma dà più potenza, meno velocità e un’impostazione più tosta e resistente alla scrittura. Anche dopo un po’ di tempo, anche se si è accesa la spia del rischio ritualità, i Cayman hanno trovato la strada da percorrere al meglio, senza imporsi divieti, tanto che l’ultima canzone è post-punk (mai successo prima). Niente è proibito (ed è vietato farsi venire in mente Piero Pelù). Musica scritta seguendo un principio-base importantissimo: lasciare il punk rock libero di correre felice nei prati. E con frasi brevi, quasi appunti, concetti veloci e immediati, i testi rappresentano lo specchio della musica intesa così. In questo modo, ogni volta che escono con un disco, i Cayman the Animal non sono una sorpresa ma un inno alla libertà di fare le cose come vogliono. E questo funziona anche verso l’esterno, come una specie di generatore di stimoli inaspettati per gli ascoltatori.

Per esempio, la mia canzone preferita è Here comes the end part III che inizia come la Part II (che era in Aquafelix) ma va in tutt’altra direzione: mi ricorda tantissimo la sigla di Domenica Sprint anni ’80. (Aspettate, vale la pena riascoltarla, dal secondo 0:46:

)

E adesso sentite Here comes the end part III, sentitela tutta ma in particolare prestate attenzione a cosa succede dal minuto 1:44. A parte il cambio di tempo clamoroso e il modo di incrociarsi esaltante delle voci e delle chitarre, non ricorda tantissimo Domenica Sprint? È tutto un passato che ritorna, dove mio zio e mio babbo guardavano i goal e a me piaceva tantissimo farlo con loro. Adesso non posso più farlo con loro e non m’interessano tanto i goal ma quella canzone è stata parte delle mie domeniche ed è ancora lì, è un ricordo legato a una cosa che non m’interessa più ma è ancora forte ed evocativa. Questa può essere la forza del punk rock, talvolta: quelle volte in cui come i Cayman lo fai da un po’ di tempo, qualcosa (tu) è inevitabilmente cambiato, ma ci metti dentro la libertà e il vantaggio creativo di suonare con gli amisci.

E i testi delle altre canzoni come sono? Per leggerli comprate il cd, è bello anche fare il gratta e vinci, scoprire il disegno di Ratigher e vedere se siete gli unici in tutto il mondo a non avere perso.

Come lo vedi il Giappone?

Crew del Fecking Bahamas fest a Tokyo, pic dal fb dei DAGS!

Crew del Fecking Bahamas fest a Tokyo, pic dal fb dei DAGS!

Una volta quando vedevi le immagini di una band grossa che andava in tour in Giappone era tutto impressionante. Per esempio, i Guns and Roses ci sono andati per la prima volta nell’88, gli Oasis nel ’98. I Guns erano già delle superstar a quell’epoca, erano i re della musica da ascoltare e venivano presentati così: “Would you please welcome from Hollywood: Guns and Roses!“. Vero colonialismo. Come si legge nelle informazioni sotto al video del concerto a Tokyo, su YouTube: “Axl mentions how all the Japanese fans are following them all over Japan”. Praticamente, fedeli come dei cagnolini. Ma, immagino, anche gli Americani li seguivano in tour lungo tutta l’America.
Gli Oasis in tour in Giappone, invece, trovavano strano tutto quello che era giapponese: hanno ribadito il concetto anche recentemente nel loro omaggio a se stessi.
L’utilità del contributo all’intelligenza di queste band era zero. Se si pensa anche solo al successo dei manga in Occidente, o alle cose belle nate dall’unione di Occidente e Giappone, come i Deerhoof per esempio, è facile capire quanto si sbagliavano ad avere un atteggiamento di superiorità.
Cronologicamente in mezzo a questi due giganti del rock (ma formiche non laboriose dell’uso del cervello), e avanti dal punto di vista dell’attitudine, sono i Fugazi. Che vanno in Giappone per nel 1991 e questo è quello che c’è scritto sul sito della Dischord:

“From the available audio source, as well as from the video sources provided below, it is clear that the band is very appreciative to have made it to Japan, having spent a couple of great days there, strikingly pleased with the sights and sounds of Tokyo and the distractions the city has to offer (note that Guy praises the King Fucker Chicken performance in the incredible Yoyogi park and at one point enquires about the pachinko heads in the audience as well)”

Non sono i tempi a dettare il modo diverso di vedere il mondo. I Fugazi, appunto, vanno in Giappone per la prima volta a metà tra i Guns e gli Oasis. Il segreto per non far sembrare il Giappone una cosa strana (diversa, ok, ma non inferiore perché differente) era nell’atteggiamento di chi ci andava a suonare. Si tratta di gruppi diversi: i Guns e gli Oasis sono rock star, i Fugazi no, ok. Ma quello che m’interessa è proprio la proposta di due atteggiamenti all’opposto, già contenuti nella “poetica” delle band in questione e proprio per questo indicativi di un modo di vedere le cose. I Fugazi sono contenti di andare in Giappone. Essere là per gli Oasis era come essere in un posto di cui avere paura perché la gente si comporta in modo diverso rispetto all’inglese medio. Essere là per i Guns era come essere là per un re che va ai confini dell’Impero. I Fugazi hanno dimostrato di avere un po’ più di intelligenza umana. Non che il confronto sia mai stato necessario o richiesto, ma è interessante: persone con una sensibilità e una mentalità diverse poste di fronte alla stessa novità reagiscono in modo completamente diverso. Non è l’uomo a essere stronzo di suo, ma è il suo background socio-culturale che lo rende o non lo rende tale. Poi, è una questione di atteggiamento, che deriva dall’intelligenza, che a sua volta si sviluppa più o meno nell’ambiente in cui cresci e nel modo in cui l’affronti. Dall’esterno, vedevi gli Oasis e i Guns andare in Giappone, marcando le differenze – se non in negativo – comunque dall’alto, da una posizione che non poteva essere la tua: la lezione era pessima. Leggendo o vedendo dei Fugazi in Giappone, il loro è lo stesso atteggiamento che avrebbe avuto una persona normale curiosa e affascinata dal mondo lontano. O che hanno avuto i DAGS!.

Il Giappone 20 anni fa era molto più lontano di quanto non lo sia oggi: oggi, se un gruppo – piccolo, medio o grande che sia – va in Giappone, può raccontarlo in diretta su Facebook. Già in partenza è tutto più famigliare, quindi: alla base di tutto c’è il mezzo, che è nostro e facilita le cose rispetto a una volta. Gruppo grande o gruppo piccolo, a seconda di come usa il cervello chi ci sta dentro o eventualmente chi gli fa da social media strategist, le modalità di racconto saranno senz’altro diverse: anche il modo di raccontare il viaggio ha un valore.

I DAGS! sono andati in Giappone in novembre, per un tour di 6 date e l’hanno raccontato su Facebook. Le foto parlano da sole. Li ho seguiti da qua, nel senso che la cosa m’incuriosiva e mi piaceva l’idea che facessero una serie di concerti in Giappone, quindi sono stato in occhio a beccare le cose che condividevano su Facebook. Mi piaceva anche il fatto che pubblicassero le foto dei concerti ma non solo, anche quelle di quando erano in treno, in bus o nella stanza d’albergo. In un certo senso era un po’ come viaggiare con loro. Poi c’è quella foto che ho messo all’inizio dell’articolo. L’ho messa perché fa vedere anche chi altro c’era dietro l’organizzazione del tour, tra quelli che l’hanno organizzato da là. E non era l’unica foto che raffigurava i local che avevano partecipato. I DAGS! sono andati in Giappone grazie a un sacco di persone, e con un sacco di persone, e ce le hanno fatte vedere mentre erano là. Non è stato un tour figo solo perché loro sono andati in Giappone a suonare, ma anche per tutto quello che c’è stato intorno. Almeno così è sembrato, da qui.

Insieme a To Lose La track, poi, hanno pensato di anticipare la stampa della compilation che ogni anno TLLT fa uscire sempre per Natale, per portarla in Giappone e promuovere i gruppi. Tutti i gruppi del roster, non solo i DAGS!, più le anticipazioni delle uscite previste per il 2017. La puoi ascoltare qui.

La compilation inizia con We All Like Theories, Let’s Not Make Anything Ever Happen dei DAGS! Il pezzo ha una parte ritmica latin jazz e un basso insistente ma morbido. Come (quasi) sempre nei DAGS!. Insieme ai Leute, tengono in piedi benissimo il revival emo anche quando il revival è finito, con dischi suonati al meglio proprio nel momento in cui scendono nella cura dettaglio, come spesso il genere richiede.

Spy Dolphin dei Delta Sleep
Scilla dei Valerian Swing
Insieme a Three in One Gentleman Suit, i Valerian Swing e i Delta Sleep hanno cambiato la rotta di TLLT. Aurora (che contiene Scilla) dei Valerian Swing e Management dei Delta Sleep escono nel 2014, Notturno dei Three in One Gentleman Suit nel 2015 e TLLT passa dall’essere un’etichetta (per lo più, e sottolineo per lo più) orientata all’emo, al punk rock e al power rock a portare al centro dell’attenzione il math rock, influenzato da emo, screamo o post rock, ma comunque con un modo decisamente diverso di scrivere i pezzi. Che si riempiono di scale e diventano delle corse verso l’alto, in contrasto con i gruppi della “generazione” precedente, che sviluppavano in profondità le canzoni, dando al suono una potenza maggiore grazie anche all’uso della ripetizione. Nel 2016 i Delta Sleep hanno pubblicato Twin Galaxies, che contiene Spy Dolphin.

Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, Weird Times
Questa è la prima anteprima della compilation: il disco nuovo dei Tiger! esce il 16 gennaio. Loro sono tra i gruppi della “vecchia” generazione TLLT, di quelli che con le chitarre scavano più in profondità. Solo loro, però, lo fanno chiamando in causa lo show gaze e i Male Bonding.

Riviera, Piscina
L’ultimo disco dei Riviera è ancora quello, ma si dice che tra poco ne uscirà un altro. Hanno fatto uno degli album più riusciti del 2014, nell’onda emo power singalong. I loro concerti a più di 2 anni dall’uscita dal disco sono ancora una grande festa, con gente che urla i testi e tenta in tutti i modi di farsi male.

Quasiviri, Gravidance
Gli inventori del mathrock di TLLT, nel 2012. Poi sono tornati nel 2014, con Super Human, che contiene Gravidance.

Three In One Gentleman Suit, Ashes
I Three In One Gentleman Suit hanno una lunga storia alle spalle, che arriva fino al 2003, quando esce Battlefields in an Autumn Scenario per Fooltribe. Dentro c’era già tutto quello che hanno adesso ma meno raffinato e, riascoltando, allora c’era meno tensione. Sono migliorati.

Gazebo Penguins, Difetto. Sono i capostipiti TLLT del farsi male ai concerti con l’emo power singalong. Li ho visti una decina di volte dal vivo, ho consumato i dischi, ho scritto alcune cose, ho comprato ripetute volte una loro maglietta, quando parte Difetto è come se fosse sempre non la prima ma la terza volta che ascolti una canzone, cioè quando inizia a entrarti dentro. Aspetto il disco nuovo, sono disposto ad aspettare lunghi anni, l’attesa ha un valore, così come il racconto del viaggio, ma alla fine deve essere soddisfatta. Sembra che io stia filosofeggiando, in realtà sto parlando dei Gazebo Penguins usando alcuni dei loro temi, alcuni dei quali presenti anche in Difetto: futuro, ricordi, attese.

San Diego Coletti dei Cayman The Animal. Il rigurgito punk anni 90 di TLLT del 2015, in mezzo a tutto quel rock MATH. Apple Linder è uno dei dischi che ho ascoltato di più l’anno scorso, pur essendo uscito in ottobre. Con le grafiche di Ratigher, uscito in cordata con Sonatine, Escape From Today e Mother Ship Records, che si sono spartiti a sorte la produzione del cd e del vinile, come si fa con i beni materiali.

Lags: Queen Bee. I Lags rappresentano il punto di arrivo delle correnti sviluppate dall’etichetta negli ultimi anni, unendo in Pilot (2016) emo screamo, punk rock, math rock e post hard core (i cui massimi rappresentanti di sempre in TLLT sono i Disquieted by che hanno fatto il disco nel 2012). Hanno pubblicato un ep acustico, dove vanno giù naturalmente meno pesi e fanno anche una cover delle nostre guide comportamentali all’estero, i Fugazi.

Marnero, Il Pendolo. La band più pesa di To Lose La Track. Su di loro avevo fatto anche un esperimento che non si è cagato nessun (questo) ma non fa niente.

Action Dead Mouse, Ginnastica nell’acqua. Sono entrati di recente, prima erano con Flying Kids, Fallo Dischi oppure da soli. Hanno una funzione importante all’interno del listone della compilation: uniscono il post hard core alla new wave anni 80, che tra cinque canzoni sarà rappresentata da Havah e Giona. Infatti con L’Amo (che conteneva Giona l’uomo) gli Action Dead Mouse avevano fatto uno split.

Labradors, All I Have Is My Heart. Diego ha eletto The Great Maybe tra i suoi dischi dell’anno.

Minnie’s. Voglio Scordarmi Di Me. Nei Minnie’s suona il basso Viole, che suona il basso (quello insistente ma morbido) anche nei DAGS!. Voglio Scordarmi Di Me è il mio pezzo preferito del loro ultimo ep, Lettere scambiate, dove vanno definitivamente oltre il punk rock puro, piuttosto proseguono la strada verso il punk rock cantautorale – iniziata solo in parte con Ortografia – e schizzano via dalla possibilità di qualsiasi attuale parallelismo con un altro gruppo TLLT.

Urali, Mary Anne (The Tailor)
Girless, Ernest
I due cantautori in inglese, amici nella vita. E in effetti anch’io sono loro amico, non come sono amici loro tra loro, ma un po’ si. Può l’amicizia influenzare il giudizio sul disco di un amico? No. Se il giudizio è negativo, puoi decidere se esprimerti o meno, ma il giudizio rimane quello. Il mio giudizio è positivo, quindi non ho problemi.
Quando ho sentito per la prima volta Ernest di Girless (di Girless&The Orphan) ho detto che era bella come le vele delle barche del porto canale di Cesenatico, perché il giorno prima avevo incontrato Girless a Cesenatico, di fronte al The Brews, il locale che il 28 aprile fa suonare Bob Nanna di Braid e Hey Mercedes, sul Porto Canale di Cesenatico. Adesso, visto che siamo dentro la compilation di Natale, Ernest è diventata bella come le vele delle barche illuminate per Natale, col presepe dentro, sul porto Canale di Cesenatico. Il disco uscirà nel 2017, quindi questa è la seconda anteprima della compilation.
Urali ha fatto un disco che è un affresco, a partire dalla copertina. Dentro ci sono i ritratti di alcuni personaggi, alcuni dei quali mi ricordano i primi piani di Thomas Ruff, per la loro fermezza nel descrivere lo stato delle cose ma anche per la loro capacità di lasciare in sospeso e interrompere, limitandola a un momento, la definizione del personaggio stesso.

Sappiamo chi sei, di Havah
Coerenza Tralalà, di Giona
Dopo Settimana, Havah ha fatto uscire Durante un assedio (2014) e ha virato la direzione di TLLT verso la new wave, rendendo ancor più traballante dopo l’incursione dei Disquieted By la base su cui si regge il mio “per lo più” iniziale. Più recentemente, Giona con Per tutti i giovani tristi (2015) ha spinto l’etichetta ancora verso la wave, differenziandosi molto da Havah, soprattuto nelle melodie, che sono più pop. Tutti e due i newavers hanno scritto testi bellissimi.

CRTVTR, A.M.
CRTVTR entrano nella To Lose La Track solo nel 2013 con Here it comes, Tramontane!, in cui suona anche Mike Watt dei Minutemen, così come suonava in We Need Time EP (2009). We Need Time EP musicalmente è di una vita fa: è più diretto, come la gioventù, che si va lentamente perdendo. Nel 2016 è uscito Streamo, sfumatura più ipnotica della corrente math rock. Più adulto.

To Lose La Track Goes To Japan si conclude con Ponti, S. degli Autunno, gruppo a me sconosciuto novità 2017 che inizia con le chitarre cattive alla Gazebo Penguins (ma con una distorsione dalle maglie più aperte), prosegue recuperando i Verme nella disperazione della voce e finisce per riprendere anche alcune spigolosità del math rock d’annata. Ma senza decidere se riempire lo spazio in altezza o in profondità. Vedremo.

“Un tour in Giappone non capita tutti i giorni” (cit. Luca Benni, capo di TLLT).

Mancarone CASO nella compilation. Se puoi sopportare questa cosa, ascoltala qui.

MAIL ORDER. Cayman the Animal / Futbolín / Guerrra

futbolinNon è facile scrivere su tutti i dischi che mi arrivano in posta. Tendo ad ascoltare tutto, ma alcuni scivolano via sul piano inclinato della mia indifferenza. Mi fa molto piacere che mi arrivino, vuol dire che il mio blog è stato preso in considerazione. Nel caso degli uffici stampa o delle etichette che fanno promozione, la mia mail è una tra mille. In alcuni casi, da etichette e da gruppi, credo mi sia successo di ricevere mail solo per me, perché era appena stato fatto un invio massivo ed ero rimasto fuori o perché hanno voluto fare così. Comunque sia, non sono obbligato a scriverne solo perché mi hanno mandato un disco e non capisco la delusione arrabbiata di alcuni quando non scrivo. Non capisco neanche quelli che s’incazzano perché ho scritto che non mi piace il disco. Il mio giudizio se è sincero vale qualcosa, se non lo è non vale niente. Mi sento comunque un po’ in colpa quando non scrivo, ma mi passa. Per recuperare, a volte intensifico e raddoppio gli ascolti. Mi piace moltissimo farlo ma non sempre ma dà degli input, e mi piace farlo in modo sincero. Non voglio scrivere qualcosa a cazzo perché devo farlo, ma voglio scrivere la verità, dal mio punto di vista (lo scrivo io, è chiaro eh), che è l’unica cosa che mi fa passare quel nervoso che mi viene quando non scrivo. Cerco di dedicare più tempo possibile a questa cosa ma a volte la vita di tutti i giorni non me lo permette.
Il nuovo disco dei Cayman the Animal, Apple Linder, conosciuto su Facebook perché una delle etichette che ha prodotto il disco (Sonatine – le altre sono: Escape From Today, To Lose La Track e Mother Ship Records) ne ha parlato, non c’entra niente con la intro del post e non l’ho ricevuto in posta, ma è comunque una delle cose migliori che io abbia sentito ultimamente. Un insieme di roba figa come Fugazi, Refused, NOFX e Blink 182 con le chitarre che ricordano totalmente il passato ma sono forti di inventiva spregiudicata, velocità e passaggi lenti pesi. Avevo ascoltato, tempo fa e poi più, anche Aquafelix EP, il precedente. Una domenica pomeriggio di qualche settimana fa mi sono infilato nella nebbia timida di Igea Marina per andare a vederli dal vivo al Kas8. Mi piace molto andare da quelle parti, che poi sono queste parti, perché sono vicine a quella che è casa mia da qualche anno, non da sempre, quindi sono zone famigliari, ma sulle quali ho solo ricordi recenti, che fanno un effetto diverso rispetto a quelli più vecchi. Era la prima volta che vedevo un concerto dentro alla sala prove del Kas8 e vedere un concerto dentro a una sala prove è una delle mie cose preferite. Logisticamente e personalmente era una situazione strategica molto attraente. Il concerto è stato uno dei concerti più lisci che abbia mai visto, sembrava stessero bevendo un bicchier d’acqua in realtà erano in cinque a suonare, ma mi ha un po’ infastidito che l’abbiano buttato in caciara romanesca, una cosa in più perché musicalmente sono precisi e potenti e non serve nient’altro. Mi sa che loro sono così, ci scherzano su un sacco. Il disco mi è arrivato no-mail, si-facebook, si-concerto, un modo relativamente nuovo e uno relativamente vecchio di conoscere roba, entrambi molto validi. Nell’edizione in vinile, la copertina è un posterone.
Il disco dei Futbolín (V4V Records) mi è arrivato in posta invece. Da sempre questa è una rubrica anche sulle copertine. In quella dei Futbolin c’è un orso in piscina che vince sugli avversari in concorso oggi. L’orso è il tema dell’album, quello che ha subìto troppo delusioni, che non può fare a meno di sentirsi diverso da tutto il resto e allora si chiude in casa per stare bene ma la casa ha giardino e piscina e allora si sente ancora più diverso. Nel video di To All the Teen Crashes On Earth a essere chiuso in casa è un brachiosauro di gomma con una telecamera sul collo. Una soggettiva alla Smack My Bitch Up. E alla fine scopriamo che è un brachiosauro maschio, perché come scoprimmo essere donna che fa sesso con un’altra donna quella che portava la soggettiva dei Prodigy, così se il branchiosauro incontra due maschi deve essere maschio per forza. Lo stile è lo screamo math che fa coppia con l’emo math che ultimamente ha preso piede creando un filone con Valerian Swing e Delta Sleep in testa e altri che srazzano un po’ per vie personali, sulle quali si può incontrare anche il post rock reggiano dei Giardini di Mirò, come nel caso dei Mood. Il disco dei Futbolín inizia molto math (Exes & Fingers), poi mantiene ritmiche quasi sempre con rullante in anticipo e chitarra che gira su stessa, sempre molto distorta ma tanto definita da sembrare patinata, con alcuni (pochi) momenti in cui viene fuori una sensibilità diversa che va oltre quell’impostazione fissa, come gli attimi un po’ più dritti e meno avvitati di The Blond Song e To All the Teen Crashes On Earth.
Sempre emersi dalla posta e sempre del giro math prog ma solo strumentali (chitarra, batteria), più sporchi e anche più jazzati sono i Guerrra di Soprusi (Kaspar House, Cave Canem DIY), che chiamano le canzoni con i nomi di notissimi personaggi sfortunati, tra cui Ipazia, interpretata anche da Rachel Weisz in Agorà, in onore alle diverse sfighe che la formazione ha subìto nel corso degli anni. Scompare la componente emo, compare quella psycho trippy (Alan Turing). Le canzoni hanno diversi cambi di tempo, chitarra e batteria stoppano e ripartono, si girano intorno, sono irrefrenabili, danno pure prova di una precisione di una potenza di una tecnica invidiabili, ma dopo un po’ li abbandonerei e li lascerei soli nel loro trip, che è sanissimo ma non fa per me. Alla fine viene fuori un sax a siglare la trasversalità di Soprusi e a suggellare la raffinatezza che un genere primitivo come il math può raggiungere con altre trovate che non siano i vertical di chitarra, raffinati ma cinghioni. La copertina è l’ultima classificata.