La mia ragazza ha una libreria in cui vende i dischi di alcune etichette indipendenti italiane. Qualche anno fa è iniziata una collaborazione anche con la Sonatine e in quell’occasione ho avuto per le mani per la prima volta l’EP dei Cayman the Animal Aquafelix, che fino ad allora avevo visto solo in foto. La differenza tra una fotografia e la realtà a volte può essere sorprendente. Il packaging era pazzesco, ma pazzesco nel senso di divertente, un cartonato con una chiusura di un genere mai visto, almeno io non l’avevo mai visto (non sono appassionato di scatole, anche se in casa ne abbiamo tante). E poi era di sicuro la prima confezione di un disco in 3D della storia: vedi la scatola e caschi nel mondo delle illustrazioni che ci sono sopra, quando ti ripigli la apri e trovi un sacco di roba vera. Quando ho aperto il disco successivo, Apple linder, ho scoperto che la copertina era un mega poster di un gigante che pisciava, a dimensioni 1:1, più incredibile di quello di Anna Falchi uscito su Max tanti anni fa. Ma la sfida più eccitante è stata l’ultimo disco, Black supplì (No Reason Records e Mother Ship): la copertina è un gratta e vinci. E, insensibili come la vita che avanza, i Cayman the Animal, quando gratti, scrivono “HAI PERSO” e ti sbattono in faccia l’inasprirsi dei tempi: una volta si usava scrivere “Non hai vinto”. Il risultato è un groppo in gola. E proprio con questo groppo in gola – provocato da un affronto violento e antiautoritario (gli stessi aggettivi, preceduti da un “talvolta”, che su wikipedia hanno usato per descrivere i disegni di Raymond Pettibon) nei confronti rispettivamente tuoi e dell’istituzione Gratta E Vinci – ho messo su il nuovo cd dei Cayman (sarà legale chiamarli così?).
Ma prima di tuffarsi dell’ascolto, c’è da chiedersi: chi è l’illustratore ufficiale dei Cayman the Animal? Ratigher, che con il suo tratto tremolante farebbe sentire instabile nel mondo anche Putin. Se dovessi cercare cosa c’entra lo stile di Raymond Pettibon (visto che prima è stato chiamato in causa) con quello di Ratigher direi niente. Però c’è tutta una storia dietro al rapporto tra illustratori e gruppi punk, diventata anche mainstream in Italia perché Zerocalcare ha ripetuto giusto qualche volta che all’inizio lui faceva le locandine per i concerti hard core. Insomma, non mi pare ci sia nessuna somiglianza tra il tratto di Pettibon e Ratigher ma di sicuro c’è tutto un mondo in comune e c’è anche una differenza: mentre Pettibon è, è stato, fu “talvolta” violento e antiautoritario, Ratigher lo è sempre, in particolare quando disegna le copertine per i Cayman. E il perfetto incontro tra la violenza del primo e la cattiveria dei secondi è quel HAI PERSO.
A proposito, c’è qualcuno che HA VINTO grattando Black supplì? No perché nel caso ci fosse secondo me non partirebbe con il piede giusto. Perché poi se, oltre a guardare le figure, alla fine vi tuffaste davvero nell’ascolto del disco, notereste, oltre al fatto che è un disco di musica pesa, anche che HAI PERSO era lì per prepararvi al mondo di pessimismo, introspezione e fastidio dei suoi testi. Se non credete che un gruppo che suona i concerti in romanesco possa essere anche introspettivo, vediamone alcuni. Per esempio, un verso dalla prima canzone dice “Destination cold black worms”. Vediamo anche tutti quelli della seconda, che si chiama The colors deniers club:
The other day I bumped into my former band
What happened is that I could not recognize myself
It sounded pretty good nothing’s forbidden
But how could I be so joyful if everything was black?
Next time I won’t try
For the umpteenth (“ennesimo”, ammetto di averlo cercato su wordreference, ndr) time
It will pass me by
Next time I won’t try
Let’s not even start
Sarà l’ultimo disco dei Cayman? Io spero di no, voglio che ne facciano almeno un altro con un disegno di Ratigher. Non pensiamoci. Piuttosto, in questa canzone c’è un insegnamento importante, a proposito di introspezione e capire se stessi: le cose che si fanno non devono essere fatte per creare la cosa più bella del mondo, ma per fare la cosa che vogliamo fare. Poi sarà la cosa migliore del mondo? Tanto meglio. Ma è più importante che sia venuta come la volevi tu. Come dice Simon Reynolds, la musica va ascoltata col cuore. Allo stesso modo, le canzoni vanno scritte col cuore e gli articoli sulle canzoni anche. Insomma, testi riflessivi e musica potente e veloce, come i Nirvana e gli Husker Du e il contrario dell’emo core, dove musica e testi hanno spesso la stessa intensità. Questo non è un disco emo.
Da piccolo mi chiamavano Presobene, oggi “talvolta” la mia ragazza mi chiama Raggio di sole. Quindi a me piacciono i testi dei Cayman the Animal. Che nella terza canzone dicono: “Would I ever be so mean just years ago? A sad black supplì”. Vi ricordo che l’aspetto del supplì nero è questo
Questo per dire che l’immaginario dietro al disco è tutt’altro che accomodante. In più, quello dei Cayman the Animal non è solo un supplì nero ma è anche triste. Siamo di fronte a un’immagine scoraggiante, definirsi un supplì nero e triste va oltre il punk, oltre il rock, è introspezione analitica, fisico-psicologica.
Parlando invece della musica, che mi sembra una parte importante di un disco, a me i Cayman the Animal ricordano tantissimo gli Hot Snakes ma a voler dire tutta la verità, rispetto ad Apple linder, in Black supplì sono meno Hot Snakes e più solo snakes, cioè proprio biscioni: rallentano, fanno i loro giri su se stessi e poi scattano e staccano, in generale sono più guardinghi e attenti a distaccarsi un po’ dai dischi precedenti. Continuiamo su quella strada, ragà, sembrano dire le parole The colors deniers club, siamo sempre noi ma non siamo sempre noi. Un insieme di cose positive e negative da un lato gli fa pensare “Next time I won’t try / Let’s not even start” dall’altro gli permette di cambiare passo dal punto di vista musicale. È il quarto disco insieme (c’era anche il primo, Too old to die young del 2011, e non considerando il demo di incomparabile bellezza, cit.), ok, potrebbe essere deleterio, ma c’è un tesoro da conservare vivo, e sta in “It sounded pretty good nothing’s forbidden”. Dal primo disco all’ultimo, pur all’interno del punk-rock, ogni volta c’è qualcosa di diverso: Too old to die young era un po’ crossover, Aquafelix noise e anche un po’ hard rock, Apple Linder più Hot Snakes (e secondo me è il migliore finora e – osservazione statistica – l’unico in cui non c’è una canzone che si chiama Here comes the end). Ma nessuno ingrana un’altra marcia. Black supplì invece lo fa: è più definito nei passaggi, più preciso. Magari non fa un passo verso (o per allontanarsi con decisione da) un tipo o l’altro di musica e prende un po’ di tutto dai dischi precedenti, ma dà più potenza, meno velocità e un’impostazione più tosta e resistente alla scrittura. Anche dopo un po’ di tempo, anche se si è accesa la spia del rischio ritualità, i Cayman hanno trovato la strada da percorrere al meglio, senza imporsi divieti, tanto che l’ultima canzone è post-punk (mai successo prima). Niente è proibito (ed è vietato farsi venire in mente Piero Pelù). Musica scritta seguendo un principio-base importantissimo: lasciare il punk rock libero di correre felice nei prati. E con frasi brevi, quasi appunti, concetti veloci e immediati, i testi rappresentano lo specchio della musica intesa così. In questo modo, ogni volta che escono con un disco, i Cayman the Animal non sono una sorpresa ma un inno alla libertà di fare le cose come vogliono. E questo funziona anche verso l’esterno, come una specie di generatore di stimoli inaspettati per gli ascoltatori.
Per esempio, la mia canzone preferita è Here comes the end part III che inizia come la Part II (che era in Aquafelix) ma va in tutt’altra direzione: mi ricorda tantissimo la sigla di Domenica Sprint anni ’80. (Aspettate, vale la pena riascoltarla, dal secondo 0:46:
)
E adesso sentite Here comes the end part III, sentitela tutta ma in particolare prestate attenzione a cosa succede dal minuto 1:44. A parte il cambio di tempo clamoroso e il modo di incrociarsi esaltante delle voci e delle chitarre, non ricorda tantissimo Domenica Sprint? È tutto un passato che ritorna, dove mio zio e mio babbo guardavano i goal e a me piaceva tantissimo farlo con loro. Adesso non posso più farlo con loro e non m’interessano tanto i goal ma quella canzone è stata parte delle mie domeniche ed è ancora lì, è un ricordo legato a una cosa che non m’interessa più ma è ancora forte ed evocativa. Questa può essere la forza del punk rock, talvolta: quelle volte in cui come i Cayman lo fai da un po’ di tempo, qualcosa (tu) è inevitabilmente cambiato, ma ci metti dentro la libertà e il vantaggio creativo di suonare con gli amisci.
E i testi delle altre canzoni come sono? Per leggerli comprate il cd, è bello anche fare il gratta e vinci, scoprire il disegno di Ratigher e vedere se siete gli unici in tutto il mondo a non avere perso.