One, two, three, four! Gli Other Lives all’Hana-Bi

Ruffiani. Abbiamo visto gli Other Lives (from Oklahoma) all’Hana-Bi, il 30 luglio, e abbiamo comprato il cd, in loco. Tanto per schiantare subito il desiderio di trovare sempre qualcosa che non va nella musica che all’improvviso piace a troppi, intoccabili esclusi, diciamo che gli Other Lives sono ruffiani. Lo sono quando si muovono nelle limacciose acque del cantato con effetto coro “alla Coldplay”. Recidivi. Sono anche recidivi gli Other Lives, perché pure l’omonimo album di debutto (2009) richiamava alla mente il Parachutes della band inglese.
Usciamo ora dall’angusto spazio della critica negativa per forza dicendo che, si, anche dal vivo ci sono zone coldplayose, ma sono più complete dell’originale, ormai smunto e stanco. Per esempio, le percussioni, sulle quali gli Other Lives innescano esaltanti marce, fanno dimenticare quel vizio di strusciare la gamba dell’ascoltatore con aerose riprese alla Chris Martin & Co. Gli Other Lives reggono ritmiche da paura e creano giri di basso e batteria trascinanti, senza stra-arrangiare. La title track del nuovo album (Tamer Animals) è un esempio; Dust Bowl III è invece probabilmente la canzone in cui il vortice tocca il vertice (scusate il gioco di parole), completato dalla chitarra.
Rispetto al disco, episodi come questi (e qui emerge una delle caratteristiche più brillanti del gruppo, una delle scoperte più piacevoli) sono molto più toccanti nel live, dove tutto è più rotondo. A tratti le ritmiche si trasformano in alternanze tra pieni e vuoti che risentono di vecchie modalità alla Mojave 3. La strumentazione un po’ allargata (quasi due batterie, percussioni varie, tastiere, voce femminile, violoncello), utilizzata con giovane sapienza, consente agli Other Lives di attribuire alle proprie canzoni anime diverse che, da un lato, si aggrappano un pò ai Radiohead un pò ai Gomez, dall’altro sconfinano nelle piacevoli Americhe, anche quelle dei Calexico. Al di là dei riferimenti alle maestranze, il live assume carattere nel momento in cui dimostra con decisione di avere una propria visione e una propria idea di canzone, con un proprio suono, sempre ben calibrato ma mai adagiato su facili soluzioni. Non sono mai veloci gli Other Lives. Le ritmiche sono sempre sotto le righe e sorreggono un cantato lento e lagnoso, ma spesso il risultato d’insieme è esaltante. Delicato è il risalto che la performance dal vivo dà all’unione di cori, percussioni, chitarre e tastiere.
Ci sono poi le volte in cui le ritmiche rompono il confine del basso e della batteria. Da questi momenti, nasce un’altra sorpresa: si approda a sonorità (Woodwind e Desert) in cui i violini e il pianoforte prendono il sopravvento e la musica degli Other Lives va verso una direzione nuova, cinematografica (il top è Heading East), dalla quale potrebbero nascere vie musicali interessanti per il futuro.
Ruffiani recidivi, ma splendidi, e anche teneri e imbarazzati, quando alla fine del concerto annunciano di non avere più pezzi pronti, e coverizzano Now I Wanna Sniff Some Glue dei Ramones. Una scelta interessante. La fanno acustica. Il pubblico canta con loro fino a sfumarla in un sottile bisbiglìo. Strana sensazione, su un pezzo così. Arriva il silenzio finale, e buona notte.
(Foto: Shiver)

Le Dinoscarpe

Dinoscarpe

Dinoscarpe

Ecco, queste scarpe mi mancavano. Perchè produrre solo quelle dei Pink Floyd, dei Ramones o di Kurt Cobain? Non era corretto. Infatti, ecco le scarpe dei Dinosaur jr. Ma se i Floyd, i Ramones o Kurt erano stati scarpati dalla Converse, i Dino li calza la Ethletic. Il mio paio preferito è quello con il mostro di “Farm”, l’ultimo album. Solo perchè la bambina con la paglia di “Green Mind” è venuta un pò schiacciata. Sappiamo che quel modello di scarpa (simil-all-star) tutt’a un tratto, al decimo mese che lo indossiamo nonstop, prende a puzzare di plastica fottuta e i nostri piedi iniziano a emanare gas al petrolio, senza la possibilità per noi di ridurlo allo stato liquido e utilizzarlo come benzina, e questa è una grande sfiga. Però, adesso, i nostri piedi potranno puzzare di Dinosaur, e questo è un grande vantaggio: potremo andare a un concerto o in disco, farci calpestare il pollicione e il mignolo senza paura. Perchè poi potremo tornare a casa, toglierci le scarpette e non solo svenire, ma svenire felici. La nostra felicità sarà la felicità di chi abita con noi, non più perseguitato da un semplice cattivo odore, ma dal fetore prodotto dalle nostre Dinoscarpe.

Due colori, blanco y negro, ma tanti disegni.

Io non le compro, benché le desideri ardentemente, solo perchè non ho più vent’anni. Secondo me però spaccano, e tutti voi dovreste averne almeno un paio.