The Power of Rock 2012 prima parte

Mission of Burma

Mission of Burma

Ah, il rock… È quella roba che se ti prende durante i teneri anni dell’adolescenza non ti molla mica più. È una cosa quella lì che ha una potenza inaudita. Una volta due miei amici uscivano con la stessa ragazza, si odiavano. Poi una sera ci fu un concerto rock e andammo tutti e tre, escludendo la ragazza. Hanno scambiato due parole (“Ciao”, “Ciao”) e non hanno fatto pace, ma si sono mossi insieme per vedere il rock, e non si sono presi a pugni. L’ho raccontato a un altro amico. “The power of rock!” ha commentato lui. Era Mario Macerone.
E proprio in onore del grande Mario Macerone scrivo questo articolo “The Power of Rock 2012 prima parte”, senza sapere se ce ne sarà una seconda. Si tratta di un’idea estremamente imprecisa, senza pretese: considero gli ultimi dischi rock che ho comprato e scrivo due righe su quelli che mi sono piaciuti di più, o di meno. Nessuna velleità enciclopedica, o di rubrica completa. Nessuna volontà di scrivere solo su roba nuova, o vecchia. Entrambe.
Here We Go.

Lee Ranaldo Between The Times and The Tides

Between The Times and The Tides Lee Ranaldo

Lee Ranaldo ha fatto uscire per Matador Beetween the Times and the Tides. Grazie al cielo è un disco in cui la sua chitarra si sente un bel pò, in cui Ranaldo non si vergogna di fare uscire la (sua) parte viva dei Sonic Youth. La fantasia non gli manca, Ranaldo lo dimostra nei casi in cui l’arrangiamento diventa intrigante e pure complesso. Non gli manca neanche un lato tenero. Ma quando parte, riesce a scheggiare quasi quanto in passato, quando era insieme al prode Thurston Moore (& Co.): nel 1992 in Wish Fulfillment di Dirty, o nel 1988 in Rain King di Daydream Nation… o in Skip Tracer di Washing Machine, 1995.

A+E Graham Coxon

A+E Graham Coxon

Anche Graham Coxon ha fatto uscire un disco negli ultimi mesi. Si chiama A+E. Coxon l’avevo abbandonato prima di Love Travels at Illegal Speeds, quindi dopo Happiness in Magazines. Mi sono pentito di averlo fatto. Questo tizio è in grado di tirare fuori una chitarra che ancora urla, e che a volte miagola. In fondo credo che sia questo uno dei segreti di Coxon. Se segui solo quello che fa la chitarra durante le canzoni, è come passare a fare un salto dal macellaio, dove la tenerezza della carne contrasta senza successo la violenza della mannaia. Le capacità chitarristiche di Coxon erano già chiare nei Blur, ma dovevano essere liberate ed esplodere per manifestarsi appieno. E se a riascoltare 13 (1999) o Think Tank (2003) dei Blur a distanza di anni l’età si sente, a riascoltare The Sky is Too High o The Golden D (il primo e il secondo del Coxon, 1998 e 2000) non si nota neanche un capello bianco. Tra l’altro, in The Golden D Graham Coxon rifaceva That’s When I Reach For My Revolver, pubblicata nell’EP del 1981 Signals, Calls, and Marches dai Mission of Burma. Negli album solisti, Coxon abbatte ogni limite e possibilità di confronto: è lui che crea il sound, che, nel caso di A+E, è estremamente differente da una traccia all’altra (passate da The Truth a Seven Naked Valleys, o da Running for Your Life alla strofa di Bah Singer… e tenete presente che poi arriva Knife in The Cast). Ed è la chitarra che fa la differenza, non il resto.

Vs. Mission of Burma

Vs. Mission of Burma

È un piacere ri-scoprire a 33 anni, dopo qualche anno di polvere, un disco come Vs. dei Mission of Burma (1982). Con gli Husker Du, un altro gruppo americano anni ’80 sconvolgente. Vs. è stato pubblicato su Ace of Hearts Records ed è il primo album della band. Dentro Vs. c’è tantissima carne al fuoco: c’è l’elettronica, c’è il punk-rock, il cantautorato, la melodia, la distorsione, la noia, la rabbia, la depressione. Secrets è il brano che apre l’album e lo porta in una dimensione molto vicina ai migliori Sonic Youth, che proprio nel 1982 esordivano nel mercato discografico, con il primo EP. Poi c’è Trem Two, una ballata spiazzante, con un giro di chitarra (by Roger Miller) dolce e sospeso tra cadenze lente e ammalianti. È la canzone di cui mi sono innamorato su YouTube e che mi ha spinto a ri-cercare il cd.

Vs. è una sorta di sinfonia punk-rock-noise, senza compromessi, perchè libera da un contesto, seppur legata alla “scena” (ma c’era poi la consapevolezza di una “scena”?) indie americana anni ’80, attaccata a un’idea di canzone che va ben al di là della semplice idea della strofa, del bridge e del ritornello. La sposa, questa idea, ma la sconvolge, rivelando i suoi anfratti più misteriosi, con suoni meravigliosi.
Chissà se pensate che scrivo un mucchio di stronzate. Rimane comunque il fatto che continuo a immaginarmi un mondo in cui gli stronzi si combattono facendogli sentire la chitarra di Roger Miller in Trem Two, o la chitarra di Lee Ranaldo che salta su e va alla carica, o quella di Graham Coxon che trasforma le note da stupidine a un insieme di grandi idee geniali. In questo modo, contro gli stronzi, abbiamo un’arma (la chitarra rock) e ben tre tipi (differenti) di proiettili.

Dinosaur Jr, nuovo album a fine estate. Ricapitoliamo.

Visto che i Dino stanno preparando un nuovo album, che uscirà alla fine dell’estate, e che ogni tanto c’è estremo bisogno di buttare in pasto all’internet un ennesimo articolo sulla band, riassumiamo per canzoni memorabili e video la loro carriera.
Era il 1985 quando uscì Dinosaur per Homestead Records. La formazione era quella attuale, prima del cambiamento e del grande ritorno. Il nome dei Dinosaur Jr. era solo Dinosaur, Murph (ex All White Jury) aveva un sacco di capelli, J. Mascis aveva i capelli neri e Lou Barlow sembrava John Cusack in Sixteen Candles. Prima di questo disco c’erano stati i Deep Wound, ma anche gli Heavy Blanket. La prima canzone di Dinosaur è Forget the Swan.

Stessa formazione (con un intervento della voce di Lee Ranaldo in Little Fury Things – la miracolosa chitarra, spesso ricollegata a Husker Du, al noise, agli anni ’70, al metal… praticamente a tutto, è solo di J. Mascis) ma nome diverso (i Dinosaur sono diventati Dinosaur Jr.) per You’re Living Over Me, del 1987 (SST Records). Sludgefeast è il sound anni ’90, non solo per la chitarra, ma anche per le ritmiche.

Bug esce nell’88 per SST Records. Dentro c’è Freak Scene, ma ci ascoltiamo Don’t. Why?! Why don’t you like meeeee?!? È una domanda che ci siamo posti tutti.

Green Mind (Blanco Y Negro/Sire) è del 1991. È il disco della diaspora: Lou Barlow non c’è più e Murph suona solo in tre canzoni. J. Mascis produce, performa, scrive: spadroneggia. Preziosissimo questo video del 1991.

1993. Where You Been (Blanco Y Negro/Warner Music). J. Mascis scala le classifiche mondiali, con Get Me e Start Choppin. Murph suona per l’ultima volta prima del ritorno in Beyond nel 2007: nel 1995 va a suonare nei Lemonheads. Naturalmente di Lou Barlow neanche l’ombra (nel ’93 esce anche Bubble and Scrape dei Sebadoh, bestiale progetto di Barlow partito nell’86, con primo album nel ’90 – si chiama The Freed Man, Barlow lo scrive con Eric Gaffney e contiene canzoni VERAMENTE lo-fi e deliranti). In Where You Been J. Mascis suona più o meno tutto. Dentro c’è Not the Same. Ecco un romantico fan-video.

J. Mascis prosegue la sua avventura con Without A Sound (1994, Blanco Y Negro/Sire/Reprise) con il quale raggiunge di nuovo i vertici delle classifiche, grazie a Feel the Pain. Mike Johnson suona il basso, Mascis armeggia anche sulla batteria. Intanto, Lou Barlow esce con il primo dei Folk Implosion.
A tutt’oggi, con Feel the Pain si poga di brutto.

A Hand it Over (1997, Blanco Y Negro/Reprise/Warner) sono affezionato, perché è per il tour di questo album che li ho visti per la prima volta dal vivo.

Passano dieci anni prima della pubblicazione di Beyond (2007, Fat Possum), album storico per il ritorno alla formazione originale J+Lou+Murph. Intorno (se non ricordo male) al 1999 si legge in giro dello scioglimento dei Dinosaur Jr. Negli anni compresi tra il ’98 e il 2006 J. Mascis fa uscire due album con la band The Fog. Nel ’96 era uscito Martin+Me, primo solo, e nel 2011 è arrivato Several Shades of Why: entrambi tutta un’altra storia. Nel 2006 Barlow pubblica Emoh.
Beyond è un disco meraviglia e la copertina spacca. È un grande ritorno.

Ocean In the Way è la terza canzone di Farm (2009, Jagjaguwar). Suona leggermente diverso da tutto il resto quest’album, ha un sound più pieno e distorsioni meno secche ma presenti, sempre comunque.
Aspettiamo l’estate, poi la sua fine: prima della fine del Mondo del 21/12/2012 i Dino faranno uscire il loro nuovo album.

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