Premio ATP Endoven Era day 2 e day 1

Pensavo di scrivere tre articoli sui tre giorni dell’ATP Endoven Era Part 1 poi mi sono ricordato che non mi piacciono gli articoli a episodi e ne ho fatti solo due (uno è già qui). Beccatevi adesso il secondo, il DAY2+DAY1. Non sono in grado di fare i live report, quindi come palliativo ho assegnato dei premi.

I Television all'ATP

I Television (foto: Diego)

DAY2. Premio Ingegneri sul palco. I TelevisionTom Verlaine ha fatto una (abbastanza) lunga carriera solista. Jimmy Rip, della ballotta solo dal 2007, ha suonato coi vivi e coi morti, cioè anche con Mick Jagger e Jerry Lee Lewis. Dal vivo con i Television ha la faccia incazzata. Dei Television, tutti hanno suonato con tutti. Non ho mai detto quanto non mi convincano i turnisti, che pure sono un male necessario perché un musicista per vivere da musicista può percorrere anche quella strada. Non capisco però come un cantante possa non avere un suo batterista, un suo chitarrista, un suo bassista, e pensare che c’è anche chi deve stare in giro a far concerti con Drupi. In fondo non c’è differenza tra il farli con Drupi o Mick Jagger, sei comunque lì per suonare musica alla cui composizione non hai partecipato e non c’è un feeling musicale così forte da indurti a fare un gruppo stabile insieme. Comunque uno che suona solo con dei turnisti è un uomo solo. Ma quanto è solo Ramazzotti?
Il discorso è abbastanza inutile perchè i Television non sono turnisti puri, 
ma turnisti amici o turnisti amici di amici all’occasione, comunque hanno un cuore musicale randagio e il riferimento negativo ai turnisti agganciato alle loro carriere musicali se lo meritavano.
Tornando a bomba, un altro Television d’annata è Fred Smith, anche lui mezzo turnista. Vestito da babbo, sul palco era come se stesse suonando in camera sua, con le cuffie. Poi c’è Billy Ficca, il batterista, il più carico, comunque rigido.
E’ andata che Tom Verlaine ha fatto un giro di telefonate: “Oh, quest’anno all’ATP facciamo Marquee Moon per il suo 36° compleanno. Ti va?”. Le risposte che ha ricevuto sono “O ma che senso ha?”, “Quanto ci danno?” e “C’è della figa?”. Continuo a non capire del tutto i gruppi che allontanano verso l’infinito il momento della propria morte. I Television non si sono mai sciolti definitivamente, ogni tanto parte un giro di telefonate. Già al secondo disco erano più lenti e meno motivati, quindi era ora di fare basta. Ma ne hanno fatto uscire un terzo che non ho mai sentito, e pare addirittura che ne stiano registrando uno nuovo. Si parla di 1977-78 per i primi due, 1993 per il terzo e il nuovo uscirà forse nel secondo decennio del XXI secolo. In mezzo, c’hanno messo qualche live, fatto o pubblicato. Dal vivo non sono male, fanno il compitino, non si divertono, non fanno divertire. Addirittura Tom Verlaine a un certo punto ci ha chiesto se per caso credessimo in Dio. La cosa brutta non è che l’abbia chiesto, ma che NESSUNO gli abbia risposto, non capita mai. Sul palco sembrano quattro ingegneri che non cercano di divertirsi. Live juke box, quindi onesto, ma purtroppo ci toccava di vederli in faccia.

Thurston Moore

Thurston Moore (foto: Diego)

Premio Smorfia. Thurston Moore all’ATP ha suonato quello che suona sempre in due versioni: Porn e Chelsea Light Moving. E’ un signore che muove ancora le anche dietro la chitarra ma in fondo (ora come ora) gli piace così così. Non l’avevo mai visto fare la lingua mentre suona: questa volta l’ho visto fare la lingua mentre suona. Era una delle mie divinità in passato, vederlo in quello stato non è costruttivo, è totalmente distruttivo. Lo fa per sciogliersi, la sensazione è che voglia muoversi per dimostrare di starci dentro, in realtà secondo me non ci sta dentro per niente. La lingua l’ho vista solo con i Chelsea Light Moving però. Mi piacciono i Chelsea Light Moving: non è vero che fanno i Sonic Youth e basta, li fanno con il distacco di un gruppo di persone che sono lì perché sono state scelte da Thurston Moore, che così può continuare a fare oscillare la sei corde, con distorsioni più sature però, segno dell’età e del divorzio. Solo poche volte tornano davvero gli arpeggi alla Sunday o alla qualcosa di Daydream Nation. Non che mi interessi davvero sentirli replicati, mi interesserebbe di più sentire qualcosa di ispirato. L’album si chiama Chelsea Light Moving e invecchia nello stesso momento in cui viene eseguito live. Groovy & Linda è forse esemplificativa di un disco con suoni ottimi ma danneggiato dalla cadenza poco spontanea di Thurston Moore. Lo preferisco negli album solisti, quando non cerca di autoconvincersi che il mondo è bello cantando “be a warrior and love life”.
Neanche fosse dell’Enel.

3 ore dopo hanno suonato i Porn, sull’altro palco. Era come se si lanciassero la palla avvelenata, e chi l’aveva suonava più forte. Thurston Moore con la chitarra faceva quello che aveva fatto 3 ore prima, non cantava e non faceva la lingua: in caso, gli altri Porn lo avrebbero mazzolato. I ritmi Stoner hanno reso questo concerto migliore: qualcosa di nuovo intorno all’ombra di Thurston Moore e qualcosa con cui divertirsi.

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les savy fav non cliccarmi

harmarsuperstar

har mar superstar cliccami assolutamente

 

 

 

 

 

 

Premio Macchiette. I vincitori sono Les Savy Fav e Har Mar Superstar, che hanno fatto il loro porco spettacolo di panze. La panza di Les Savy Fav è molto provocatoria e volgare, punk rock; quella di Har Mar è più atletica e black. Comunque due concerti eccitanti, più significativo quello di Har Mar Superstar, con la voce della negra che s’infilava a riempire gli angusti spazi vitali ancora disponibili tra il pubblico.

Miglior soundcheck’s mood. Le dinamiche dei Dinosaur Jr che stanno per suonare sono sempre quelle. Luci a giorno. Prima esce Murph, che poi se ne va. Poi esce J. Mascis che fa sempre gli stessi movimenti e negli anni ha dimostrato di avere un guardaroba invidiabile di magliette ma un solo paio di scarpe. Per ultimo esce Lou Barlow, raggiunto da Murph, che dopo un po’ scompare. Lou Barlow è quello che rimane sul palco fino a pochi minuti prima del concerto e di solito rompe la monotonia dei preparativi per qualche motivo serissimo.
Il palco si svuota. Dopo pochi minuti rientrano tutti, e suonano. Le dinamiche dei Dinosaur Jr che suonano sono sempre quelle. J. Mascis si guarda prevalentemente la punta dei piedi, Lou Barlow fa headbanging, Murph guarda dritto davanti a sé. Ogni tanto Lou Barlow e J. Mascis si osservano come per dirsi dai dio bono attacca sto pezzo. Di solito Mascis si concede veramente poco in movimenti extra; preso dall’eccezionale pogo, questa volta era più elettrizzato sui pezzi di Lou Barlow, che gli piacciono un casino.
Il concerto dei Dinosaur Jr più bello che io abbia mai visto, pure con qualche sorpresa in scaletta.

il pogo coi dino all'atp

Premio Più morti sulla moquette dell’ATP. Tutto il trip dei Godspeed You! Black Emperor me lo sono fatto salire dietro all’artista che metteva su i filmini, dietro al mixer. Faceva scorrere 5 pellicole alla volta, sostituendole tutte insieme con altre 5 quando il ciclo di proiezioni si concludeva. Quello proiettato sopra alle teste dei Godspeed era un unico racconto di bibliche dimensioni, chiuso, ripetitivo, sporcato da filtri ottici e sorretto sul palco da un gruppo della madonna e da crescendo strumentali ancora più della madonna. Alla fine di ogni pezzo sembrava conclusa una maratona sudatissima, la StraGodspeed, poi ne cominciava un’altra. Dopo un po’ ho gettato la spugna e sono andato a prendere una boccata d’aria. Il numero di gente morta sulla moquette dell’ATP è cresciuto esponenzialmente in quelle 2 ore di concerto e i cadaveri li hanno tirati via solo l’ultima sera, giusto per non farli decomporre coi Los Planetas. 

godspeedyoublackemperor

Premio Tortoise. I Tortoise mi sono piaciuti come mi piacciono i Tortoise: quando pestano si, quando si mettono a jazzarsi le cervella e a farsi le pippe a vicenda mi distraggo. Distrarsi rispetto a quello che vorresti sentire non è mai positivo.
Alla mattina, al cinema, hanno dato The Breakfast Club, ma mi sono dimenticato di andare.

DAY1. Migliori ballerine. La gente ha seguito il concerto dei Mùm solo perché era la prima sera e c’era della fotta. E per un altro motivo. Ólöf Arnalds e Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir (due donne) non sembravano rendersi conto di essere di fronte a un pubblico gonfio di birra: amano comunque esplorare la natura del movimento e del suono, in ogni occasione, e per questo motivo anche stavolta hanno ballato come due extraterrestri bucoliche in abiti candidi, e ispirato le battute a sfondo sessuale dei maschi più realisti. Coniata l’espressione che due mamùm, sinonima di sti dù maroon5, che esprime noia. Non conosco così a fondo i Mùm per commentarne con serietà il live.

mùm

mùmma (foto: Diego)

Il premio degli aggettivi e dei nomi (più candidati, un solo vincitore). A pensarci bene il primo giorno è stato bello anche perché caratterizzato da set di band di ogni tipo: His Clancyness il velleitario, The Icarus Line il tamarro, Scout Niblett la dittatrice, Magik Markers i drogati. Il tamarro lo squalifico subito dalla gara, e così anche il velleitario. Rimangono in gioco la dittatrice e i drogati. Scout Niblett sul palco era quasi da sola, nel senso che era accompagnata da due toy boy che avrebbe potuto addestrare meglio, frustandoli di più. Il batterista eseguiva meccanicamente, e anche lui è un ingegnere; la funzione del chitarrista sul palco non l’ho capita visto che dava una PENNATA ogni quarto d’ora poi si guardava intorno con occhi sognanti. Musicalmente freddo, il concerto va ricordato soprattutto per la figura della dittatrice, per la sua voce e la sua chitarra. Presenza ruvida, Scout Niblett ha attirato su di sé la mia attenzione. Certe volte ha sorriso. Ha suonato contemporaneamente a Elisa Ambrogio e ai Magik Markers, e il Pontins Holiday Camp a Camber Sands ha potuto ascoltare due sensibilità femminili diverse in uno stesso momento. I Magik Markers (i drogati, ma solo per scherzo) hanno fatto il live che mi aspettavo, sonico e lisergico, e hanno onorato il loro album migliore di sempre (Boss). Elisa Ambrogio era più accomodante di Scout Niblett. I passati musicali da cui attingono ‘ste due passerone possono sovrapporsi perché si sono in parte sviluppati contemporaneamente, ma dalle rispettive scuole Scout ed Elisa hanno imparato diversamente. Scout Niblett ha prosciugato PJ Harvey di tutto il suo calore e l’ha resa, soprattutto dal vivo, fredda come il ghiaccio, mantenendone l’aggressività. PJ dal vivo è la pantera, Scout è la marmotta, adorabile e schiva. Comunque molto buona l’impressione. I Magik Markers hanno preso i Sonic Youth e li hanno spogliati di qualsiasi melodia, prolungando all’infinito il flusso di coscienza delle chitarre, con la batteria e la voce che scompaiono, poi ricompaiono, poi basta. E hanno aggiunto più amore per i pezzi acustici (Bad Dream / Hartford’s Beat Suite). Considerato tutto questo, per motivi di natura puramente personale, Elisa ha stracciato Scout.

magicmarkers

Elisa Ambrogio

Premio la polvere non si posa sempre per far ingrigire davvero. Boss dei Magic Markers era prodotto da Lee Ranaldo. Lee Ranaldo And the Dust hanno chiuso la prima serata dell’ATP, anzi no, dopo hanno suonato i Low. Il 2013 è stato l’anno di tutti i Sonic Youth dopo i Sonic Youth e Lee Ranaldo sta percorrendo la carriera dopo Sonic Youth migliore di tutti i Sonic Youth, insieme a Steve Shelley, che ha capito che lo stronzo era Thurston Moore e il simpatico Lee Ranaldo e si è messo a suonare con Lee Ranaldo. Nel 2013 Thurston Moore ha fatto i Porn e i Chelsea Light Moving di cui sopra; Kim Gordon i Body/Head, ma da parte sua non sento amore, solo un po’ di nostalgia; Lee Ranaldo ha fatto un secondo disco, Last Night On Earth. Il primo (2012) è meglio, ma questo è più distante dalle cose scritte per i Sonic Youth. The Dust completano molto bene Ranaldo, dandogli nuove idee, e in Last Night On Earth si sente non poco. Un urrà per mamma Matador Records: nel 2013 è riuscita ad acchiappare tutti i Sonic Youth che non sono più i Sonic Youth e ha fatto uscire tutti i loro dischi. Tra qualche anno avremo l’album della reunion per Matador, con Thurstone Moore e Kim Gordon che registrano un disco insieme ma non s’incontrano mai. Non c’è niente di male, eh, anche i Flaming Lips l’hanno fatto con Bon Iver.

Premio Ammazza che spalle. I Low hanno fatto il concerto perfetto. La sensazione non era la stessa che si prova ad ascoltare l’ultimo album, The Invisible Way. La sensazione era migliore. Il disco è bellissimo, ma dopo il live è ancora più bello. Mi piace quando succede che esci da un concerto e l’album è improvvisamente diventato più emozionante di prima perché dal vivo c’han saputo fare. I Low hanno suonato in tre, esattamente dove i Godspeed hanno suonato in (boh) otto?, e hanno saturato lo stesso la sala. La batterista (che ha un nome bellissimo: Mimi Parker) riempiva da sola il palco: la più gigantesca batterista del Pontins.

Mimi Parker

Low (foto: Diego)

Per il DAY 3 non stò ad assegnare tutti i premi, dico solo che il concerto migliore l’hanno fatto i Beak>. Avrete letto in giro che era l’ultimo ATP organizzato nella formula concerti+dormire. Peccato. Era la mia prima volta, ma condividevo la stanza con alcuni veterani: è stato bello, ricorderò sempre il sunday roast, il calcetto, il monco ubriaco e il telefilm del tipo stupido con quella zazzera stupenda che alla fine si fa biondo. E i concerti, naturale.

Ciao.

Ecco pronto ibbicchiere di Laphroaig, J. Mascis e Bob Corn all’Exfila di Firenze

J Mascis all'Exfila Firenze

Joseph Donald Mascis

Cosa si può dire ancora su J. Mascis? Scrive sempre la stessa canzone da un po’ di tempo ma è un grande chitarrista, il trait d’union tra l’uomo e la bestia che suona la chitarra, pluripremiato nelle classifiche dei magazine musicali più importanti del Mondo; non sorride; è di poche parole; è uno stronzo.
Ecco, le solite cose, alcune giuste, altre no.
Vederlo a un metro di distanza sul palco all’Exfila di Firenze ha confermato alcune cose, soprattutto le qualità della bestia con la chitarra e dell’uomo, con il Laphroaig, la sua benza. Arriva, si siede, apre lo zainetto, tira fuori e monta i pedali, riempie ibbicchiere di whisky, appoggia a terra per sbaglio un pacco di sigarette da rollare che non fumerà, prende la chitarra, suona.

Inizia con Thumb, da Martin+Me, il primo album solista (dal vivo) del 1995. Vengono in mente frasi a effetto, più o meno a caso, come per esempio che sembra che la chitarra pianga come se stesse soffrendo le pene dell’inferno (Uo, addirittura). Da quell’album J. Mascis ripesca anche Get Me, già pubblicata con i Dino nel ’93 in Where You Been, Repulsion (Dinosaur) e Flying Cloud (Green Mind).
È di poche parole, si scarocchia pure la gola, senza sputare perché è cosa brutta, suona le canzoni come quello distaccato che si sbriga, distorce, distorce, distorce. E suona un Several Shades of Why tutto diverso. Ma immenso, spogliato com’è stato della sua delicatezza. E non è mai la stessa canzone, perché una fetta consistente della discografia solista di J. Mascis è personale e diversa dai Dino. Si si, ridete pure, ma alcune volte addirittura uccide (a volte ho detto) per poi riportarlo in vita (altre) l’amico irrinunciabile: l’assolo. Non rivoluziona mai la sua musica con qualche scelta radicalmente nuova, ma la pone sempre sulla base forte degli arrangiamenti di chitarra di uno che le canzoni le sa scrivere, e le sa suonare dal vivo.

J. Mascis all'Exfila Firenze

J. Mascis

Più che distaccato, quando suona da solo J. Mascis è immobile, e ogni tanto sospira, parla poco appunto, e ad ascoltare quello che non dice ti viene da pensare all’altro, Lou Barlow, che l’estate scorsa ha fatto all’Hana-Bi un concerto diverso, l’opposto, in qualche modo prendendosi gioco dell’intimità che si andava creando grazie alle canzoni che stava suonando. Ha raccontato le sue sfighe, gonfiato lo sketch della chitarra rotta, con pensieri e parole distratte che però (immagino) contribuiscono a creare ogni giorno il mondo che poi ritroviamo in quelle stesse canzoni che stavamo ascoltando.
Li immagini insieme (credendo che prima o poi vedrai anche Murph dal vivo, in un concerto per sole batterie a fare un po’ di cinghia con Vinnie Colaiuta), distingui le personalità e i Dinosaur Jr diventano una realtà chiarissima, in cui ognuno gioca un ruolo definito, musicale e non, un microcosmo di matti in cui Murph è la colla che tiene insieme le capre e i cavoli, il salame con la pappa reale, il vino con la pizza. Nelle foto, Murph sorride sempre, gli altri due no, e ci dice va tutto bene, proseguiamo.
Da Several Shades of Why (2011) J. Mascis tira fuori la title track, Listen To Me e Not Enough, che nella sua scaletta era Can We BeluV. Arriva anche Circle, dal 7’’ omonimo, sempre 2011, cover di una canzone di Edie Brickell And The New Bohemians.

Ammaring (da J. Mascis + The Fog, More Light) è il momento più illuminante del concerto, o forse no. È comunque a questo punto che mi sono reso conto di essere di fronte all’uomo-chitarra, che looppa, distorce, svisa d’assolo, accompagna, canta. Tutto con un’espressione che non gli daresti una cicca, tutto come bere un bicchier d’acqua.
Poi Little Fury Things.

Bob Corn all'Exfila di Firenze

Bob Corn

Scompare, o quasi, il concerto acustico, in genere, di cui Bob Corn ci ha dato un assaggio superlativo poco prima di J. Mascis (che, tra l’altro, aveva gli occhiali abbinati alle scarpe, rosino). Parentesi su Bob Corn: sempre enorme, con poche canzoni riesce ogni volta a inchiodare la platea all’ascolto, con un suono tipico dei più depressi cantautori statunitensi e una simpatia spontanea che i fottuti americani non hanno. Bob Corn è un grande cantautore, di suo. In questo caso è stato il ponte ideale tra il silenzio e J. Mascis.

Alla fine di Not Enough ho intravvisto un sorriso e l’ho classificato lì per lì come beffardo. Joseph ha poi depositato su quella canzone altre canzoni e quel sorriso è rimasto congelato lì. All’inizio del concerto, quando è salito sul palco, sembrava già stanco, e mi son detto qui si mette malissimo; ha iniziato a suonare ed era una bomba, sempre con la stessa espressione, con le stonature e le imprecisioni, ma comunque una bomba. In fondo, che cosa sono le stonature o le imprecisioni? Niente. Cazzo, da anni ascoltiamo Daniel Johnston. La profondità del cambiamento di J. Mascis si è manifestata attraverso quel sorriso, beffardo sì ma anche chiarificatore: “sono quello con quella faccia lì, ma sono anche questo, adesso lo sapete anche voi”. La trasformazione è lampante, e quante più canzoni J.Mascis suonava, tanti più metri di distanza poneva tra il sé che suona e il sé che sale sul palco, tra il sé sempre pacato al limite dello scocciato e il sé storto e potente. Nelle pause, continuava a costringermi a interrogarmi. Poi suonava, e mi passava ogni dubbio, perché abbandonava l’aspetto più bradiposo di se stesso, per dare voce ai fantasmi, alla sensibilità e ai pensieri che (immagino) gli frullano per la testa sempre.
La faccia, comunque, è sempre quella.
Dal vivo ritorna tutta la forza che ha su disco, e neanche il filtro della realtà che si mette davanti alle canzoni dal vivo riesce a nascondere un uomo con le mani giganti che suona e canta facendoci capire che il bello esiste, e che non stà né nella perfezione né nell’imperfezione, ma stà lì: non lo cerchi, se lo cerchi rischi anche di non capire dov’è, ma alla fine capisci che è lui.

Non so precisamente cosa volevo dire con questa recensione, ma comunque l’ho detto. Gran concerto, sia quello di Bob sia quello di Joseph. Bob e Joseph potrebbero del resto essere come Stanlio e Olio, Gianni e Pinotto, Luca e Paolo, Cochi e Renato, Minghìn e Fafòn.

Oh ma che cazzo è? I Dinosaur Jr hanno fatto un remix di un pezzo dei Phoenix

Perchè è un pezzo che tira. È il primo singolo estratto dal nuovo album dei Phoenix Bankrupt! (out 23 Aprile) e ha un testo di merda. Il mio amico Mario Macerone diceva sempre “L’arrangiamento è tutto” e con la chitarra attaccava Kiss Me Baby One More Time di Britney Spears. Buon pezzo di suo, diventava una chicca superlativa nelle mani di Mario.