Gazebo Penguins e Johnny Mox dal vivo (Correggio, i Vizi del Pellicano)

Gazebo Penguins live I Vizi del Pellicano 2013

Non è che succede poi così spesso di andare a un concerto e vedere la sala piena, anche se è piccola. E non è che succede poi così spesso di vedere un pubblico così in botta, prima concentrato, poi esplosivo, o esploso. Non dico di essere il Gabriele Paolini dei concerti, ma posso comunque affermare con una certa sicumera che non è sempre una vera festa. Fino a un pò di tempo fa un mio amico coi capelli arancioni per natura aveva l’abitudine di dire “Vado al concerto degli XYZ a fare un pò di massacro” e tornava con un pesto, un dito rotto, una scarpa strappata: anche 15 anni fa, quando c’era la possibilità di farsi male a un concerto, era un evento eccezionale. Come oggi. Poi c’erano anche quelli che entravano a testa bassa e pogavano tutto il tempo senza neanche sapere chi stava suonando. Ci sono senz’altro anche oggi ma questo tipo di homo non lo vogliamo conoscere.
Il 27 aprile, ai Vizi del Pellicano a Fosdondo di Correggio, hanno suonato i Gazebo Penguins, che presentavano il loro nuovo RAUDO (To Lose La Track), e Johnny Mox. Sono passate più di due settimane, non ho ancora scritto niente a riguardo, ma è opportuno farlo, perchè di concerti così partecipati non se ne vedono tanti in giro.

Johnny Mox a Correggio (col batterista)

Il primo a salire sul palco è stato Johnny Mox, sempre da solo, a far musica per almeno tre persone escluso se stesso, a parte quando l’ha raggiunto un batterista con un buona massa muscolare e un buon tiro. E allora è partita una session, con il batterista che scuoteva il cranio e Johnny Mox che gli dettava i motivi per farlo.
Johnny Mox dal vivo è una specie di macchina, concentratissimo sulla creazione del ritmo che imposta per andare a generare il loop. I pezzi di We=Trouble mantengono la stessa precisione garantita dall’album, arricchiti dal fascino della complessità eseguita in diretta. Mox sul palco passa dalle percussioni, alle voci, alla loop station con la carica di un giro di batteria hard core.
Ma Johnny Mox non è solo il loop: è anche il beatboxing, infilato nel loop, a dar vita alle ritmiche. Chi c’era quella sera si è beccato una lezione di beatboxing. A casa ho provato a ripetere “puzza di cazzo”, come ci ha suggerito Mox per riuscire a riprodurre il beat, ma a lui sul palco veniva benissimo, a me no. Quindi ho smesso subito.

Adesso vado fuori tema. Quella sera è stata l’occasione per conoscere Lord Only Knows How Many Times I Cursed These Walls (Sons of Vesta, Escape From Today, Solomacello, Musica per Organi Caldi), EP del 2012 ora allegato al vinile di We=Trouble, che ho comprato lì per lì. Sono 4 pezzi strumentali e sono una cosa DIVERSA dall’album e dal live: le canzoni sono costruite prima di tutto sulla chitarra, accompagnata da rari rumori di fondo e da altrettanto rare percussioni. Le chitarre vengono utilizzate come percussioni e le soppiantano quasi del tutto. Con queste premesse sembra strano ma si può dire anche che Lord Only Knows How Many Times I Cursed These Walls fa pensare ai Kyuss e ai Motorpsycho in acustico, e ha l’insistenza delle Desert Sessions.
Cosa sarà il prossimo disco di Johnny Mox sono curiosissimo di scoprirlo. Intanto non perdetelo dal vivo.

Johnny Mox live @ I Vizi del Pellicano 2013

Gazebo Penguins a Correggio: un momento

Poi hanno attaccato i Gazebo Penguins. I Gazebo Penguins sono di Correggio. È la data zero dopo l’uscita di RAUDO, nel senso che è la sera della release e che prima solo a due concerti, il -2 e il -1, hanno suonato le canzoni nuove. Sono ancora molto fresche, dal vivo si sono fatte solo due giri, e suonarle ai Vizi del Pellicano, dove (credo) il gruppo ha trascorso già un pò di tempo e dove, oltre tutto, due anni fa ha presentato anche Legna, dev’essere una siringata di adrenalina appena sotto al cuore. C’erano i localz, ma c’erano anche i forestieri (lo so perchè c’ero anch’io, che sono un forestiero) e non c’era una persona ferma durante il concerto. Suonare davanti agli estranei non dico sia una passeggiata, ma suonare davanti ai localz e in casa dopo aver fatto 69 date (+2) in giro per il Bel Paese non credo sia tanto più semplice.
Ma l’emozione ai Gazebo Penguins gli fa un baffo, perchè se anche c’è, la botta ce l’hanno lo stesso, anzi. Un pò di pezzi nuovi, un pò di pezzi vecchi: ecco la scaletta. Naturalmente è sui pezzi nuovi che li aspettavo al varco. Rispetto a Legna, RAUDO ha un suono più rotondo e meno tagliente, del resto là in copertina c’era una sega, qui c’è un raudo, detto anche cicciolo. Il salto tra i due dischi non è da poco e mi chiedevo come saranno dal vivo le canzoni nuove. Loro sul palco si può dire che ruzzolano, da che vanno veloci, e così anche le canzoni, che vengono molto bene.

Ora vado fuori tema, per la seconda volta. Forse ho letto da qualche parte che i loro testi sono adolescenziali. Qualche esempio (due). “Ho speso mezzo stipendio in coriandoli/li tengo nascosti per quando tu sarai arrabbiata con me/per qualcosa di troppo imperdonabile/Per esempio so che ti arrabbiarai tantissimo/per il fatto che ho speso mezzo stipendio/senza prima parlarne con te” (Casa dei miei). “Non morirò mentre registro questo pezzo e ne ho le prove/visto che lo sto riascoltando adesso” (Non morirò).
Nella prima canzone si racconta un’azione e la motivazione che l’ha generata, poi quella motivazione diventa una conseguenza dell’azione; nella seconda, una certezza annulla una paura e quella certezza è motivata da una prova concreta, registrata nel momento in cui si manifestava la paura. Nella prima canzone si può parlare di circolarità (di eventi), che poi è una figura retorica. Nella seconda, due attimi consequenziali (paura e certezza) si sovrappongono e vanno a coincidere nella registrazione, che è il terzo attimo che si svolge in parallelo ai due precedenti. Tutto questo è arricchito dalla semplicità del significato, una conquista tutt’altro che adolescenziale. Fine pippone. A scrivere testi per canzoni quando sei adoloscente si buttan giù cose incomprensibili, perchè a quell’età (che poi è un’età DI MERDA) ti vergogni della semplicità. Il pippone era per dire che non c’è niente di adolescenziale nei testi dei Gazebo Penguins. Studi di lettere ci sono dietro, studi in letteratura.

Ecco, dal vivo questi significati ti arrivano nelle orecchie, immediati. Ho pensato e ripensato per due settimane se quelle del pippone erano stronzate oppure no, ho concluso che erano stronzate ma le ho pubblicate lo stesso. Perchè alla fine un pò si erano modificate nella mia testa, perchè mi sembravano stronzate significative e perchè le ho pensate mentre i Gazebo Penguins suonavano. E a un concerto pensi solo se chi suona ti dà l’input per farlo.
I Gazebo Penguins hanno suonato al TPO, il sabato dopo. I giovani spettatori ai Vizi del Pellicano sono stati più bravi perchè dopo il surf hanno appoggiato Capra sul palco con delicatezza. A Bologna Sollo l’hanno mollato come se avessero perso la concentrazione. Non si potrebbe fare, ecco.

Johnny Mox: We=Trouble

Johnny Mox (We=Trouble)

Il cane è il migliore amico dell’uomo e quando nevica ne viene un metro. Qualche giorno fa o forse anche di più Johnny Mox ha pubblicato in rete il video di Oh Reverend, estratto dall’abum We=Trouble, che ho già tardato troppo a recensire, e qui cerco di provvedere. Oh Reverend è una canzone che fa della ripetitività la propria forza, ma la colloca in un posto più alto rispetto al solito perchè abbandona la presunzione di voler fare sentire di aver fatto una roba intelligente, per unirsi a uno spirito diverso, più immediato e più simpatico, anche. Quando ascolto Matt Elliott dal vivo, uno a caso scelto tra chi utilizza il loop come cifra stilistica preponderante nella propria musica, lo ammiro per la precisione, la sensibilità e la capacità estenuante di ripetersi senza stancarsi di se stesso, ma dietro c’è qualcosa che non va, c’è troppa esplicita costruzione. Johnny Mox usa moltissimo il loop, sia per le voci sia per i suoni, ma non appare ingobbito su se stesso, sembra guardare oltre, non dentro di sè, per questo non si stanca e non stanca.

La costruzione profonda dell’idea musicale c’è anche in Johnny Mox, ma l’elemento sonoro in questo caso gioca un ruolo fondamentale nel liberare il loop dalla dannazione del fine a se stesso. Johnny Mox gestisce l’amalgama del suono e te lo fa dimenticare il loop. Inserisce rumori di sottofondo che poi tanto di sottofondo non sono (VHS Vampire), introduce tappeti industriali, voci spaventose, cori e beatbox (All We ever wanted was Everything) che ampliano improvvisamente il ritmo di partenza dei pezzi, recita quasi spoken word e strofe urlate che culminano in esiti corali (For President). Questa è la sua forza: utilizzare qualche elemento, non troppi, e farli lavorare bene insieme. Benghazi عربية الربيع è puro stoner libico ed è, come in altri casi in We=Trouble, un crescendo di inserimenti suono su suono, scelta classica ma allo stesso tempo dirompente.

Johnny Mox, We=Trouble

We=Trouble è un loop di voci e suoni. Quello che viene fuori è un gospel elettronico ed elettrico (in streaming su johnnymox.bandcamp.com). L’album abbandona l’aura sacra che circonda i loopers e spacca i confini: la musica si ripete, ma lo fa in modo acerbo, cattivo e violento, ipnotico e allo stesso tempo liberatorio (chiedo scusa per la stronzata, ma è questa la sensazione).

Dal vivo vedi Johnny Mox sforzarsi, muoversi, salire e scendere dalla cassa della batteria, faticare e comunque sorridere. La fatica a volte è sprecata, ma è sempre alla base delle opere geniali e le opere geniali vengono fuori se riesci a convogliare bene, anche senza volerlo o pensarci, la fatica. La fatica, nel caso di We=Trouble, così come nel video di Oh Reverend, è evidente, e l’album è disseminato di stop e ripartenze senza le quali non sarebbe possibile giungere alla fine della corsa.

Album: We=Trouble (Whosbrain Records / Musica per Organi Caldi)
Regia: Stefano Bellumat (geibi.tv)
Soggetto: Gianluca Taraborelli
Fotografia e montaggio: Stefano Bellumat
Assistenti: Lorenzo Longhi, Arianna Morelli, Andrea Bernardi
Grazie a: Maya (il cane).

L’altro video, quello precedente a Oh Reverend, era questo.

(Johnny Mox è Gianluca Taraborelli, è di Trento, il suo lavoro precedente è Say Yeah To The Craving Flock – 2010, che contiene anche un piccolo embrione di Oh Reverend – e proviene da esperienze che si chiamavano Nurse!Nurse!Nurse! e Fonda Sisters).