Classifiche musica 2012 – L’album maschio, quello femmina e quello duo-sex

Il lui arrabbiato dei Frères Chaos

Il lui arrabbiato dei Frères Chaos

La classifica di Neuronifanzine si limita per ora a individuare gli album più caratterizzati verrebbe da dire sessualmente ma non lo dico perchè potrebbe essere fuorviante in quanto potrebbe sembrare una classifica di musica per film porno, e non è così, non ne ascolto e non vorrei che pensaste che l’ascolto.

Anche se poi a pensarci bene dentro a un film porno (indie) potrebbe finirci qualsiasi musica, a seconda dei gusti del regista o di chi in quella sede si occupa della colonna sonora. Per esempio: chi si sarebbe mai aspettato di sentire i Napalm Death in un pornaccio? E invece è successo, mi dicono. Una roba estrema, certo, ma è successo. E gli intellettuali degli anni ’70 avrebbero mai pensato che sarebbero un giorno nati gli 144 e che come sottofondo musicale avrebbero avuto più o meno sempre Je t’aime moi non plus di Serge Gainsburg, canzone sconcia, sì, ma che oggi è niente se confrontata (voglio dire a livello di sospiri perchè a livello di testi non mi sono quasi mai concentrato sugli artisti che sto per nominare) agli album di Carla Bruni o ai pezzi interpretati da quei dritti dei Frères Chaos di XFactor?

Quindi album caratterizzati sessualmente non va bene. Ho scelto questi tre album perchè ciascuno di loro è stato collegato a un dato di fatto: musica per uomini veri, musica femminile nel senso di cantata e suonata da una donna (ma non solo, e qui subentra l’elemento che rende ancor più femminile l’album scelto, la presenza del maschio che suona quello che la donna leader decide, alla fine, di suonare) e musica suonata da un duo uomo+donna.

L’album più maschio del 2012: Lords of Tagadà, Disquieted By (Sons of Vesta/To Lose La Track, free download qui). È perchè suona come quello più cazzuto di tutti. Se si definisce come “album più bello dell’anno” quello che ha girato più volte sul piatto, questo dei Disquieted By è per me l’album più bello dell’anno. Visti dal vivo, poi, i Disquieted By sono ancora più trucidi e cattivi, ma anche simpatici e musicisti della madonna. Comunque, al concerto al TPO c’erano anche delle ragazze sparse nel pubblico, a testimoniare ancor più la maschietà della band. Dite voi come si possono non definire maschi un ginocchio e un polpaccio così:

Disquieted By live al TPO di Bologna

L’album più femmina: Kill My Blues, Corin Tucker Band (Kill Rock Stars). Il motivo principale è quello di cui sopra: Corin Tucker (ex Sleater Kinney e Cadallacca) dà il pane a due uomini, e anche a una donna. Loro sono Seth Lorinctzi, Mike Clark e Sara Lund. Se poi vorrete ascoltare l’album (se non l’avete già fatto) perchè il Neuronifanzine ve l’ha consigliato (cosa fino a ora mai successa) capirete che Kill My Blues ha una struttura eccezionale ed eccezionalmente composta.

A partire da Groundhog Day capisci che ti trovi davanti a un album di melodie e distorsioni, con un gusto musicale di suoni e arrangiamenti primitivo e raffinato al tempo stesso. Alcune volte le canzoni cadono in luoghi comuni (a tratti la title track) ma è tutto previsto nella linea di freschezza e spontaneità che la Tucker ha deciso di seguire. Non sempre è stato così in passato, soprattutto con Sleater Kinney. La purezza vocale di Corin Tucker arriva a livelli di carica e potenza che solo la sua chitarra e la sua band possono accompagnare senza provare vergogna.
Il singolo Neskowin è la prova di tutto questo. I falsetti della Tucker e i coretti che la accompagnano sono la prova del fatto che si può vivere e suonare alla grande non vergognandosi di aver cantato in falsetto. Un tempo c’era solo il falsetto di Axl Rose, ed era giusto vergognarsi, in generale. In questo momento sto rinnegando il mio passato.

Dopo 1.000 Years, il primo album della Tucker Band, Kill My Blues. Se quello era l’abum della mamma di mezza età, questo è quello della mamma di mezza età cresciuta, che in No Bad News Tonight (la n.6 di Kill My Blues) diventa addirittura dolce. Non ci sono più le ruvidezza totali delle Sleater Kinney, ma solo le ruvidezze. Le chitarre si distorcono ancora, con più consapevolezza di sè stesse, in un suono ideale, e la batteria è sfonda al punto giusto, a volte spezza, a volte tira dritto. Questo è sapere quello che si sta facendo.

La canzone a sorpresa è None Like You. Il ritornello più anziano quello di Joey, ma quanto rende alla fine il pezzo? Come una donna dall’esperienza importante. Ecco, appunto. Outgoing Message è un pezzo anni ’90, quasi delle prime Hole, senza offesa, con pennate di chitarra che abbiamo sentito mille volte, ma che riesce ancora a stare in piedi. In nome dell’età e dell’esperienza poi arriva Blood, Bones, and Sand, difficilissima unione (forse) tra Elliot Smith e la sensibilità femminile di una punk rocker navigata: un capolavoro in cui la perfezione vocale e il respiro della chitarra vanno oltre tutto quello che abbiamo ascoltato in questo disco. La struttura del prima un pò piano poi forte si ripete spesso (anche in Tiptoe), ma è messa in piedi alla perfezione da questa donna, non da una bambina qualsiasi.
Comunque sia, il video di Neskowin conferma che questo è un album fatto da signore, e signori, ma per noi giovani. Yea.

L’album più duo-sex: The Odds, The Evens (Dischords records). Amy Farina e Ian MacKaye. Non li ho visti citati in nessuna delle classifiche di quest anno. Una buona dose di pregiudizio preclude all’ascoltatore l’ascolto di The Odds: non si capisce come un disco chitarra batteria e voce potrebbe ancora piacere dopo che i White Stripes ci hanno stracciato le palle per anni, diventando pure colonna sonora dei mondiali vinti, dei mondiali persi e degli europei in cui gli spagnoli ci hanno spappolato. In lontananza riecheggiava ancora po popopo popo po. Quindi, due su tre, i White Stripes ci hanno portato sfiga, perchè dovrebbero piacerci ancora?

The Evens

Come tutti sanno (bella questa espressione), The Evens sono diversi dai White Stripes. The Odds è ricerca, è ritmo e poesia allo stato brado. Ed è il risultato del duo uomo+donna più musicalmente, e nella vita, affiatato del mondo. Poi magari si scopre che in casa si tirano i piatti in testa, ma nel disco si sente che tutto gira a meraviglia. C’è intesa, c’è spontaneità, ci sono i ricordi (dei Fugazi) e sembra che le due voci e i due strumenti si vogliano spogliare di ogni capriccio per rigare dritto insieme.

TPO Bologna, To Lose La Track night: Disquieted By, Chambers e Gazebo Penguins

Al TPO serata To Lose La Track, si inizia alle 10. C’è anche Pimp My Mary, una mostra di Madonne customizzate, statuine della Vergine reinterpretate da artisti di tutto il mondo che  criticano la commercializzazione dell’icona. Nel 2010 la mostra è stata allestita all’Accademia di Belle arti di Carrara.
Se vi va di leggere una manciata di recensioni, fatevi avanti: Disquieted By, Chambers e Gazebo Penguins.

Finalmente la rivincita sul tagadà, l’album dei Disquieted By

Argentina Mon Amour è uno dei pezzi più dritti che io abbia sentito negli ultimi anni, è una sorta di perfetta soluzione armoniosa composta da un ritornello di tre parole geniali, perché suonano benissimo insieme, e una musica più classica con stacchi travolgenti. E Join Us Cops ha un paio di giri di chitarra che ti bruciano. Inizia così, dopo la velocissima Pirates, l’album dei Disquieted By, che ha un titolo fantastico, Lords Of Tagadà, per To Lose La Track (cliccate per scheda e download gratuito dell’album).
Tutte le volte che andavi sul tagadà, quando arrivava in città, a fine giugno nel mio caso, c’era qualcuno che stava al centro, in piedi, mentre tu stavi incollato come una lumaca al ferro sopra la schiena del sedile. Il massimo che ti potevi permettere erano i guantini, per non farti venire le veschichine. Quelli che stavano in mezzo erano i veri duri, e di solito cuccavano alla grande. A fine giro, sconsolato e con gli ormoni a palla, te ne andavi alle macchinine a scuzzo.
L’incipit di Lords Of Tagadà è la partenza per un giro senza soste su un ottovolante che va molto più veloce della Ferrari del tamarro che ti supera da destra in autostrada. Sarà così anche il live all’Hana-Bi di Marina di Ravenna, insieme a Raein e Riviera sabato 25 agosto (www.bronsonproduzioni.com/lab/hanabi)? Spero di si.

Il quinto pezzo, Too Seriously, ha qualcosa di radicalmente originale, a partire dal grido iniziale che ti mette subito in una prospettiva di divertimento, prospettiva che non viene tradita, ce lo dicono in particolare le due chitarre che s’intrecciano a metà canzone. Superi il piacere liberatorio, che provi nel momento in cui salti a ritmo, quando ti blocchi per ascoltare il cambio di tempo di Aquaplanning: come in buona parte del disco la chitarra ha un suono rock’n’roll assoluto, e dietro c’è una batteria di una precisione folle. Le soluzioni chitarristiche sono sempre molto originali, come in Protogone, dove la seconda chitarra diventa una mosca enorme che si muove impazzita sulla chitarra ritmica. In Marcetta s’incontrano i PiL, i 108, gli Shelter… non è un meeting da tutti i giorni, secondo me. Un groove pazzesco ce l’ha il giro chitarra/batteria poi anche basso e seconda chitarra all’inizio di Ekiona: si tratta di una soluzione ritmica notevolmente spezzata, soprattutto per l’arrangiamento della batteria e del basso, che si aprono poi nel ritornello, leggermente più dritto ma ugualmente incalzante.
Torniamo a divertirci un bel po’ con Mamimami Corazon e dallo stereo escono i Fuzztones rivisti sotto la luce dei Dead Kennedys e in particolare di Jello Biafra. Non so se è perché ne parlavo pochi giorni fa con un amico ma ritornano alla mente anche i Faith No More di Mike Patton, per la miscela che si viene a creare grazie alla velocità di batteria e voce, che fuggono, corrono corrono e non c’è modo di pigliarle. Come in Piero Fear. Paura fa anche il pezzo successivo, l’ultimo dell’album, Drug: un ritmo dettato pesantemente dal basso, reso simpatico da un vocione suadente e accompagnato alla conclusione da una chitarra e una batteria che ti fanno decollare, ti lanciano decisamente fuori dal tagadà.
Il lancio è un sollievo, perché la musica è quella giusta, quella con la quale verremo ad assordare voi maranza che state in piedi al centro, con l’ascella pezzata dal sapore acido misto all’odore malsano di un profumo machissimo, sempre pronti a limonare duro. La potenza dei Disquieted By vi arriva in faccia, divertente, veloce, inarrestabile e musicalmente ineccepibile: non siete più voi i signori del tagadà.