Nel ’93 Cesena era appena uscita da una delle non poche stagioni amministrative non comuniste (democristiane o, per lo più, repubblicane) e aveva scelto il primo sindaco del PDS, dopo la svolta della Bolognina. Un momento di passaggio appena concluso, una nuova realtà politica ancora acerba, e chissà se è per quello che l’amministrazione permise di aprire un centro sociale nel centro storico della città, anche se solo per poco, al posto di una ex scuola, in un momento in cui le strutture scolastiche non andavano di moda come oggi ma venivano spostate in periferia e nelle vecchie sedi si permetteva ai ragazzi di farci concerti.
Nel ’93 le realtà cittadine romagnole che non erano Cesena le conoscevo per degli episodi, se erano legati alla musica, la città era ok, altrimenti no. I paesi vicini erano molto più lontani di adesso, giravo meno e avevo solo uno scooter al posto di internet. Intorno a Cesena le colline hanno un profilo non troppo severo. Si vive la sensazione di ingiustificata superiorità del paese grande. Invece no, ci manca tutto, ci manca la solitudine della campagna e la tristezza del mare otto mesi all’anno, e fino a 18 anni fai di tutto per trovare il modo di andarci, ci riesci, ma è impegnativo come un lavoro. A Cesena siamo più medi, i nostri riferimenti paesaggistici sono né una cosa né l’altra, però a un certo punto in molti abbiamo trovato un terreno comune nella musica e qualcosa di bello è venuto. La musica non era la valvola di sfogo finale, non avrebbe potrebbe esserlo al pari di una qualsiasi altra cosa (il calcio, il cicchetto al bar), ma era la base di tutto. Alla maggior parte delle persone che sono nel video, adesso gliene frega poco, ed è bello così, le cose andrebbero sempre vissute finché sono vere. Ma, a quelli a cui frega ancora, frega molto.
A Cesena nel ’93 e anche qualche anno dopo fare un demo era normale, un cd era da gruppo figo, i più vecchi facevano il 7”, l’LP era roba da band importante. Ogni supporto era un traguardo diverso, quello più normale era la cassetta perchè era il più economico per registrare e il più diffuso per ascoltare e perchè fino all’altro ieri c’avevamo sentito Bimbo Mix.
Registrare con un quattro piste facendo il master su cassetta era economico, prima ancora che bello. C’era già la consapevolezza che potevano venire cose interessanti ma io il lo-fi non sapevo cosa fosse.
Se suonavi eri un figo, ma non sempre. C’era a chi interessava la cosa, a chi no, chi la sfruttava e chi no, chi lo faceva per la figa e chi no, chi per per la figa e per suonare. Uguale ad adesso, non è cambiato niente.
La vita, invece, poi cambia le cose. E mentre prima l’idea di musica era legata al gruppo di amici, poi poteva diventare una cosa personale, da fare da solo, a parte i momenti dei concerti, che a un certo punto possono diventare anche meno frequenti. La band non c’è più e, per quanto siate stati insignificanti nell’universo delle migliaia di band nate e morte a metà anni 90, ancora adesso senti la differenza tra quando ascoltavi musica anche per suonare e quando ascolti musica per ascoltarla. In entrambi i casi lo fai per cercare di capirla, ma forse da punti di vista diversi. Ho sempre pensato che uno che suona c’arriva molto prima a capire le cose. Poi però ho conosciuto gente che suona che non capisce molto di musica e mi sono ricreduto. Ora non so dove sta la verità. Sono due approcci diversi, quello critico e quello creativo, che possono anche coesistere.
Quando sei nell’età in cui a carnevale vai a schiumare le vetrine e tutto ciò che ha due tette, se ti danno un’alternativa non la sfrutti per forza. Puoi rimanere gonzo schiumatore per sempre oppure no. Il gonzo schiumatore convinto poi lo ritrovi ai baracconi sulle macchine a scuzzo seduto sul bordo, poi lo perdi di vista grazie a dio, ma da un momento all’altro te lo puoi ritrovare in tabaccheria a comprare le mentine vestito da rappresentante. Dopo l’età del carnevale (ma c’era anche chi lo faceva già durante, quelli più avanti, non io), all’improvviso poteva invece succedere che qualcuno si svegliasse e incominciasse a organizzare cose, a mettersi le felpe larghe e tagliate male, a suonare in una band poco più che liceale (ma non sempre è così) con gli amici di sempre, e adesso fa l’avvocato. Infine, c’è chi la felpa larga e tagliata male la porta ancora. Quella successa nel video è una cosa che è finita, ma che rimane vera perché c’è un video, e nei ricordi. Penso che lì dentro ci fossero tutti i tipi umani che ho elencato.
L’11 dicembre 1993 l’Italia è ancora fuori da un futuro politico ingombrante e i Nirvana esistono ancora. Di lì a pochi mesi Berlusconi scenderà in politica e morirà Kurt Cobain. A quel punto inizia a fermarsi tutto e tutta l’Italia politica di sinistra, che non riesce a imporre neanche un solo progetto a favore della cultura giovanile, dimostrando un’insensibilità preoccupante. La TV, nella distruzione di un’alternativa culturale mainstream seria, ha avuto lo stesso ruolo che ha avuto la sinistra italiana. E questo era un vuoto politico culturale italiano. Kurt Cobain ha lasciato un altro vuoto, in tutto il mondo, non tanto il non sapere cosa avrebbe fatto dopo, ma il sapere che non lo avremmo mai più visto dal vivo, lui e i Nirvana. Berlusconi, la sinistra anni ’90 e pure ’00 e Kurt Cobain hanno in comune una parola: il vuoto. Ognuno ha reagito al vuoto come voleva. Ma è bello avere un ricordo in cui molti erano nello stesso posto a fare la stessa cosa, prima del vuoto: un concerto organizzato dagli amici per gli amici e per chi voleva venire. Dopo e durante il vuoto, Cesena ha reagito creando una scena musicale molto viva, con riferimenti musicali ben definiti (giravano anche Mudhoney, NOFX, Gorilla Biscuits e altri), non sempre appoggiata dal Comune, ma che comunque è rimasta in piedi per diversi anni. Era anche il periodo della fanzine al liceo, quella a cui ho inviato il mio primo pezzo di musica e non l’hanno mai pubblicato.
Avevo 15 anni e quella sera del video per me fu un evento importantissimo. Mi ricordo che il pomeriggio del concerto mio fratello provava in camera i giri di basso che pensava di sbagliare, sicuramente tra questi c’era California Uber Alles, che nel ’93 non aveva neanche la mia età. Mio fratello dice che dopo gli SFD suonò un gruppo grosso, gli Assalti Frontali dice. Secondo me si ricorda male, o forse i miei genitori mi sono venuti a prendere in macchina prima che succedesse.
Trivia sul video.
– quello con i capelli arancione naturale era il mio vicino di casa, che poi formò i Poker Face
– del primo gruppo non ricordo il nome, gli altri sono DODOA, Konfettura, Senza fissa dimora (che diventeranno i Tremendoni)
– mio fratello è quello con la maglia dei RATM
– mi dicono che il cantante degli SFD ha la maglia di Radio Pastura
– quello tutto coperto con lo sciarpa aveva 38 di febbre
– il video, c’è qualcuno che l’ha montato
– è una pippa di 27 minuti, be prepared.
Appendice.
Da bambino andavo al mare a Tagliata di Cervia e alcune volte andavo in sala giochi nella piazza coi negozi di Pinarella, che è un’altra località, ma è attaccata a Tagliata. Pinarella Blues di Il lungo addio è il disagio sabbiarolo invernale. La differenza tra passare l’inverno a Cesena e passarlo a Pinarella posso solo comprenderla, vagamente tra l’altro. Non so nemmeno cosa vuol dire avere la spiaggia libera sporca ficcata dentro in fondo al cuore, perché c’ho passato solo delle comode estati, per questo voglio sentirmelo dire, e per farmelo dire è capitato che ci fosse Il lungo addio. Per sapere cosa succede in collina tra nebbie e profumi di formaggio di fossa invece ci sono i Cosmetic, che escono con la Tempesta, quindi sono già troppo mainstream, ma hanno dentro ai loro muri tutto il suono che ricollego a quelle terre sopraelevate rispetto a me che vivo in pianura e guardo verso di loro, all’orizzonte in alto, con quegli occhi in cui l’immaginazione viaggia selvaggia e si chiede cosa succede davvero nelle cantine e nella testa di chi ha nel cuore qualcosa che io non ho.
Questa rubrica suppongo non interessi a quelli non di Cesena: una roba cittadina, e la città in questione aveva una scena musicale viva, ma come altre, non di più. Un’operazione piccola, su una realtà che non è mai esplosa. Molto meglio così, trovo molto piacere nelle cose piccole, non perché sono piccole ma perché sono vere, e sono vere perché sono piccole e nascoste. Sono più di vent’anni che la penso così, e non lo sapevo.