Premio ATP Endoven Era day 2 e day 1

Pensavo di scrivere tre articoli sui tre giorni dell’ATP Endoven Era Part 1 poi mi sono ricordato che non mi piacciono gli articoli a episodi e ne ho fatti solo due (uno è già qui). Beccatevi adesso il secondo, il DAY2+DAY1. Non sono in grado di fare i live report, quindi come palliativo ho assegnato dei premi.

I Television all'ATP

I Television (foto: Diego)

DAY2. Premio Ingegneri sul palco. I TelevisionTom Verlaine ha fatto una (abbastanza) lunga carriera solista. Jimmy Rip, della ballotta solo dal 2007, ha suonato coi vivi e coi morti, cioè anche con Mick Jagger e Jerry Lee Lewis. Dal vivo con i Television ha la faccia incazzata. Dei Television, tutti hanno suonato con tutti. Non ho mai detto quanto non mi convincano i turnisti, che pure sono un male necessario perché un musicista per vivere da musicista può percorrere anche quella strada. Non capisco però come un cantante possa non avere un suo batterista, un suo chitarrista, un suo bassista, e pensare che c’è anche chi deve stare in giro a far concerti con Drupi. In fondo non c’è differenza tra il farli con Drupi o Mick Jagger, sei comunque lì per suonare musica alla cui composizione non hai partecipato e non c’è un feeling musicale così forte da indurti a fare un gruppo stabile insieme. Comunque uno che suona solo con dei turnisti è un uomo solo. Ma quanto è solo Ramazzotti?
Il discorso è abbastanza inutile perchè i Television non sono turnisti puri, 
ma turnisti amici o turnisti amici di amici all’occasione, comunque hanno un cuore musicale randagio e il riferimento negativo ai turnisti agganciato alle loro carriere musicali se lo meritavano.
Tornando a bomba, un altro Television d’annata è Fred Smith, anche lui mezzo turnista. Vestito da babbo, sul palco era come se stesse suonando in camera sua, con le cuffie. Poi c’è Billy Ficca, il batterista, il più carico, comunque rigido.
E’ andata che Tom Verlaine ha fatto un giro di telefonate: “Oh, quest’anno all’ATP facciamo Marquee Moon per il suo 36° compleanno. Ti va?”. Le risposte che ha ricevuto sono “O ma che senso ha?”, “Quanto ci danno?” e “C’è della figa?”. Continuo a non capire del tutto i gruppi che allontanano verso l’infinito il momento della propria morte. I Television non si sono mai sciolti definitivamente, ogni tanto parte un giro di telefonate. Già al secondo disco erano più lenti e meno motivati, quindi era ora di fare basta. Ma ne hanno fatto uscire un terzo che non ho mai sentito, e pare addirittura che ne stiano registrando uno nuovo. Si parla di 1977-78 per i primi due, 1993 per il terzo e il nuovo uscirà forse nel secondo decennio del XXI secolo. In mezzo, c’hanno messo qualche live, fatto o pubblicato. Dal vivo non sono male, fanno il compitino, non si divertono, non fanno divertire. Addirittura Tom Verlaine a un certo punto ci ha chiesto se per caso credessimo in Dio. La cosa brutta non è che l’abbia chiesto, ma che NESSUNO gli abbia risposto, non capita mai. Sul palco sembrano quattro ingegneri che non cercano di divertirsi. Live juke box, quindi onesto, ma purtroppo ci toccava di vederli in faccia.

Thurston Moore

Thurston Moore (foto: Diego)

Premio Smorfia. Thurston Moore all’ATP ha suonato quello che suona sempre in due versioni: Porn e Chelsea Light Moving. E’ un signore che muove ancora le anche dietro la chitarra ma in fondo (ora come ora) gli piace così così. Non l’avevo mai visto fare la lingua mentre suona: questa volta l’ho visto fare la lingua mentre suona. Era una delle mie divinità in passato, vederlo in quello stato non è costruttivo, è totalmente distruttivo. Lo fa per sciogliersi, la sensazione è che voglia muoversi per dimostrare di starci dentro, in realtà secondo me non ci sta dentro per niente. La lingua l’ho vista solo con i Chelsea Light Moving però. Mi piacciono i Chelsea Light Moving: non è vero che fanno i Sonic Youth e basta, li fanno con il distacco di un gruppo di persone che sono lì perché sono state scelte da Thurston Moore, che così può continuare a fare oscillare la sei corde, con distorsioni più sature però, segno dell’età e del divorzio. Solo poche volte tornano davvero gli arpeggi alla Sunday o alla qualcosa di Daydream Nation. Non che mi interessi davvero sentirli replicati, mi interesserebbe di più sentire qualcosa di ispirato. L’album si chiama Chelsea Light Moving e invecchia nello stesso momento in cui viene eseguito live. Groovy & Linda è forse esemplificativa di un disco con suoni ottimi ma danneggiato dalla cadenza poco spontanea di Thurston Moore. Lo preferisco negli album solisti, quando non cerca di autoconvincersi che il mondo è bello cantando “be a warrior and love life”.
Neanche fosse dell’Enel.

3 ore dopo hanno suonato i Porn, sull’altro palco. Era come se si lanciassero la palla avvelenata, e chi l’aveva suonava più forte. Thurston Moore con la chitarra faceva quello che aveva fatto 3 ore prima, non cantava e non faceva la lingua: in caso, gli altri Porn lo avrebbero mazzolato. I ritmi Stoner hanno reso questo concerto migliore: qualcosa di nuovo intorno all’ombra di Thurston Moore e qualcosa con cui divertirsi.

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les savy fav non cliccarmi

harmarsuperstar

har mar superstar cliccami assolutamente

 

 

 

 

 

 

Premio Macchiette. I vincitori sono Les Savy Fav e Har Mar Superstar, che hanno fatto il loro porco spettacolo di panze. La panza di Les Savy Fav è molto provocatoria e volgare, punk rock; quella di Har Mar è più atletica e black. Comunque due concerti eccitanti, più significativo quello di Har Mar Superstar, con la voce della negra che s’infilava a riempire gli angusti spazi vitali ancora disponibili tra il pubblico.

Miglior soundcheck’s mood. Le dinamiche dei Dinosaur Jr che stanno per suonare sono sempre quelle. Luci a giorno. Prima esce Murph, che poi se ne va. Poi esce J. Mascis che fa sempre gli stessi movimenti e negli anni ha dimostrato di avere un guardaroba invidiabile di magliette ma un solo paio di scarpe. Per ultimo esce Lou Barlow, raggiunto da Murph, che dopo un po’ scompare. Lou Barlow è quello che rimane sul palco fino a pochi minuti prima del concerto e di solito rompe la monotonia dei preparativi per qualche motivo serissimo.
Il palco si svuota. Dopo pochi minuti rientrano tutti, e suonano. Le dinamiche dei Dinosaur Jr che suonano sono sempre quelle. J. Mascis si guarda prevalentemente la punta dei piedi, Lou Barlow fa headbanging, Murph guarda dritto davanti a sé. Ogni tanto Lou Barlow e J. Mascis si osservano come per dirsi dai dio bono attacca sto pezzo. Di solito Mascis si concede veramente poco in movimenti extra; preso dall’eccezionale pogo, questa volta era più elettrizzato sui pezzi di Lou Barlow, che gli piacciono un casino.
Il concerto dei Dinosaur Jr più bello che io abbia mai visto, pure con qualche sorpresa in scaletta.

il pogo coi dino all'atp

Premio Più morti sulla moquette dell’ATP. Tutto il trip dei Godspeed You! Black Emperor me lo sono fatto salire dietro all’artista che metteva su i filmini, dietro al mixer. Faceva scorrere 5 pellicole alla volta, sostituendole tutte insieme con altre 5 quando il ciclo di proiezioni si concludeva. Quello proiettato sopra alle teste dei Godspeed era un unico racconto di bibliche dimensioni, chiuso, ripetitivo, sporcato da filtri ottici e sorretto sul palco da un gruppo della madonna e da crescendo strumentali ancora più della madonna. Alla fine di ogni pezzo sembrava conclusa una maratona sudatissima, la StraGodspeed, poi ne cominciava un’altra. Dopo un po’ ho gettato la spugna e sono andato a prendere una boccata d’aria. Il numero di gente morta sulla moquette dell’ATP è cresciuto esponenzialmente in quelle 2 ore di concerto e i cadaveri li hanno tirati via solo l’ultima sera, giusto per non farli decomporre coi Los Planetas. 

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Premio Tortoise. I Tortoise mi sono piaciuti come mi piacciono i Tortoise: quando pestano si, quando si mettono a jazzarsi le cervella e a farsi le pippe a vicenda mi distraggo. Distrarsi rispetto a quello che vorresti sentire non è mai positivo.
Alla mattina, al cinema, hanno dato The Breakfast Club, ma mi sono dimenticato di andare.

DAY1. Migliori ballerine. La gente ha seguito il concerto dei Mùm solo perché era la prima sera e c’era della fotta. E per un altro motivo. Ólöf Arnalds e Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir (due donne) non sembravano rendersi conto di essere di fronte a un pubblico gonfio di birra: amano comunque esplorare la natura del movimento e del suono, in ogni occasione, e per questo motivo anche stavolta hanno ballato come due extraterrestri bucoliche in abiti candidi, e ispirato le battute a sfondo sessuale dei maschi più realisti. Coniata l’espressione che due mamùm, sinonima di sti dù maroon5, che esprime noia. Non conosco così a fondo i Mùm per commentarne con serietà il live.

mùm

mùmma (foto: Diego)

Il premio degli aggettivi e dei nomi (più candidati, un solo vincitore). A pensarci bene il primo giorno è stato bello anche perché caratterizzato da set di band di ogni tipo: His Clancyness il velleitario, The Icarus Line il tamarro, Scout Niblett la dittatrice, Magik Markers i drogati. Il tamarro lo squalifico subito dalla gara, e così anche il velleitario. Rimangono in gioco la dittatrice e i drogati. Scout Niblett sul palco era quasi da sola, nel senso che era accompagnata da due toy boy che avrebbe potuto addestrare meglio, frustandoli di più. Il batterista eseguiva meccanicamente, e anche lui è un ingegnere; la funzione del chitarrista sul palco non l’ho capita visto che dava una PENNATA ogni quarto d’ora poi si guardava intorno con occhi sognanti. Musicalmente freddo, il concerto va ricordato soprattutto per la figura della dittatrice, per la sua voce e la sua chitarra. Presenza ruvida, Scout Niblett ha attirato su di sé la mia attenzione. Certe volte ha sorriso. Ha suonato contemporaneamente a Elisa Ambrogio e ai Magik Markers, e il Pontins Holiday Camp a Camber Sands ha potuto ascoltare due sensibilità femminili diverse in uno stesso momento. I Magik Markers (i drogati, ma solo per scherzo) hanno fatto il live che mi aspettavo, sonico e lisergico, e hanno onorato il loro album migliore di sempre (Boss). Elisa Ambrogio era più accomodante di Scout Niblett. I passati musicali da cui attingono ‘ste due passerone possono sovrapporsi perché si sono in parte sviluppati contemporaneamente, ma dalle rispettive scuole Scout ed Elisa hanno imparato diversamente. Scout Niblett ha prosciugato PJ Harvey di tutto il suo calore e l’ha resa, soprattutto dal vivo, fredda come il ghiaccio, mantenendone l’aggressività. PJ dal vivo è la pantera, Scout è la marmotta, adorabile e schiva. Comunque molto buona l’impressione. I Magik Markers hanno preso i Sonic Youth e li hanno spogliati di qualsiasi melodia, prolungando all’infinito il flusso di coscienza delle chitarre, con la batteria e la voce che scompaiono, poi ricompaiono, poi basta. E hanno aggiunto più amore per i pezzi acustici (Bad Dream / Hartford’s Beat Suite). Considerato tutto questo, per motivi di natura puramente personale, Elisa ha stracciato Scout.

magicmarkers

Elisa Ambrogio

Premio la polvere non si posa sempre per far ingrigire davvero. Boss dei Magic Markers era prodotto da Lee Ranaldo. Lee Ranaldo And the Dust hanno chiuso la prima serata dell’ATP, anzi no, dopo hanno suonato i Low. Il 2013 è stato l’anno di tutti i Sonic Youth dopo i Sonic Youth e Lee Ranaldo sta percorrendo la carriera dopo Sonic Youth migliore di tutti i Sonic Youth, insieme a Steve Shelley, che ha capito che lo stronzo era Thurston Moore e il simpatico Lee Ranaldo e si è messo a suonare con Lee Ranaldo. Nel 2013 Thurston Moore ha fatto i Porn e i Chelsea Light Moving di cui sopra; Kim Gordon i Body/Head, ma da parte sua non sento amore, solo un po’ di nostalgia; Lee Ranaldo ha fatto un secondo disco, Last Night On Earth. Il primo (2012) è meglio, ma questo è più distante dalle cose scritte per i Sonic Youth. The Dust completano molto bene Ranaldo, dandogli nuove idee, e in Last Night On Earth si sente non poco. Un urrà per mamma Matador Records: nel 2013 è riuscita ad acchiappare tutti i Sonic Youth che non sono più i Sonic Youth e ha fatto uscire tutti i loro dischi. Tra qualche anno avremo l’album della reunion per Matador, con Thurstone Moore e Kim Gordon che registrano un disco insieme ma non s’incontrano mai. Non c’è niente di male, eh, anche i Flaming Lips l’hanno fatto con Bon Iver.

Premio Ammazza che spalle. I Low hanno fatto il concerto perfetto. La sensazione non era la stessa che si prova ad ascoltare l’ultimo album, The Invisible Way. La sensazione era migliore. Il disco è bellissimo, ma dopo il live è ancora più bello. Mi piace quando succede che esci da un concerto e l’album è improvvisamente diventato più emozionante di prima perché dal vivo c’han saputo fare. I Low hanno suonato in tre, esattamente dove i Godspeed hanno suonato in (boh) otto?, e hanno saturato lo stesso la sala. La batterista (che ha un nome bellissimo: Mimi Parker) riempiva da sola il palco: la più gigantesca batterista del Pontins.

Mimi Parker

Low (foto: Diego)

Per il DAY 3 non stò ad assegnare tutti i premi, dico solo che il concerto migliore l’hanno fatto i Beak>. Avrete letto in giro che era l’ultimo ATP organizzato nella formula concerti+dormire. Peccato. Era la mia prima volta, ma condividevo la stanza con alcuni veterani: è stato bello, ricorderò sempre il sunday roast, il calcetto, il monco ubriaco e il telefilm del tipo stupido con quella zazzera stupenda che alla fine si fa biondo. E i concerti, naturale.

Ciao.

O se perdiamo con gli hipster inglesi di merda… (ATP Endoven Era day 3)

ATP football clubs 1

In piedi da sinistra: il guardalinee, Taddei, Peraccini, il primo inglese (quello che scopa). In ginocchio da sinistra: Virtanen, il secondo inglese, Cossu, il terzo e il quarto inglese

Come nel più classico dei racconti inizio dalla fine, dal pomeriggio dell’ultimo giorno. Domenica 24 novembre 2013, dopo il Sunday Roast, per digerire, il Sunday Football Match gli altri era bene che se lo giocassero. Il monco, sia detto davvero senza offesa, era il guardalinee. Era pure muto. Quando gli abbiamo chiesto di esprimersi e dire se un tiro potentissimo di Peraccini finito sul palo interno fosse gol o no, non ha proferito verbo. Democristiano. Nella prima foto dei due teams al completo sta in disparte. Nella seconda foto, quando anche quel roito di arlecchino che vedete alla sua sinistra si è intromessa, il monco ha preso coraggio e ha detto se va lei posso andare anch’io.

Seconda foto

Seconda foto

Ma chi ha inventato il gioco del calcio? Wikipedia dice i giapponesi ma io mi ricordo che Bagni in un’intervista a Gianni Minà una volta disse che erano stati i napoletani. Tutta roba nostra insomma e gli inglesi ormai non dicono più che gli inventori sono loro. Per cui questi inglesi che hanno giocato contro di noi erano abbastanza cagati.

Cosi è finito tutto, cioè è iniziato l’ultimo giorno all’ATP, con una sfida al pallone tra anglosassoni fighetti e italiani durissimi che hanno accettato in squadra un finlandese, Salminen, che ci deve solo ringraziare. 6 a 6 il risultato, giusto per siglare le larghe intese anche con gli euroscettici.
Poi tutti allo Stage 2 (di sotto) a sentire Hebronix l’alieno (ex cantante degli Yuck, ‘sto mostro è pure sposato) che assomiglia a Erlend Øye dei Kings of Convenience di cui ha mantenuto il quiet, il loud e pure il pippone. Però se ti lasci trasportare funziona anche dal vivo (Hebronix). A parte che avendo il doppio micro inscocciato avevo paura che all’improvviso lo strappasse dall’asta e si mettesse a ballare alla Samuel Subsonica. Ma non l’ha fatto ed è stato un bel concerto. Daniel Blumberg alla chitarra dilatata, il vero Yoko Ono al synth drogato: quello che ci voleva dopo le fatiche calcistiche degli altri. Buona la capacità di arrangiare e di tenere in piedi un live di tre quarti d’ora senza batteria, e senza far morire di noia nessuno. La batteria nell’album (Unreal) c’è, escluderla è stata una scelta motivata non so da cosa, ma è stata una buona scelta, che ha lasciato spazio a sguardi più o meno d’intesa, ma sempre con la bocca aperta, tra Blumberg e Yoko Ono, il cui vero nome è Kohhei Matsuda, viene da Bo Ningen e nell’album non suona. Unreal a volte è quanto di più vicino agli Yuck si possa immaginare (Wild Whim), il concerto è stato proprio un’altra cosa. Di Hebronix è uscito anche un nuovo 7” con Howling Hex (Neil Hagerty).

Hebronix. Foto: Diego

Hebronix (foto: Diego)

Adam Gnade. Foto: Diego

Adam Gnade (foto: Diego)

Poi è la volta di Adam Gnade, di sopra, sullo Stage 1. Adam Gnade recita poesie in molti pezzi e a volte sembra che le canzoni siano costruite per dare spazio solo alle sue parole: quando si esauriscono loro, si esaurisce anche tutto il resto. Avrei voluto più spesso una coda strumentale più lunga, per godere ancora di più, a coronamento di canzoni ben scritte e ben suonate, perchè è il genere di musica che si adatta ad avere code lunghe o lunghissime. Gran pezzo in questo senso è The Ballad of Tom Bluefeather (da AMERICANS). Adam Gnade ha collaborato con mille personaggi, dal vivo e su disco, pappandosi musica e letteratura insieme, e questa pare essere la sua caratteristica principale. Così in AMERICANS, EP registrato con The Hot Earth All-Stars (str-streaming). Tornano alla mente i Van Pelt di Sultans of Sentiments, ma là gli arrangiamenti mi coglievano più in contropiede, qui a volte c’è un tocco di Stati Uniti più classici che rende tutto più tranquillizzante. E’ passato qualche anno da Sultans of Sentiments e in mezzo mi pare ci sia stata anche una specie di ripresa punk funk, la peggiore influenza di Adam Gnade, a giudicare dall’ultimo pezzo eseguito all’ATP e dal primo pezzo di Honey Slide EP che non c’entrano niente col resto.
Quello dei Beak> è stato uno dei concerti più sorprendenti. Non li conosco ancora (due dischi su due da ascoltare), ma hanno fatto un live con fiocchi. Per colpa loro di Pharmakon ho visto solo la chioma bionda che scendeva dal palco e mi son perso il negro potente.
Sui Los Planetas ho una storia inutile da raccontare e, dal canto nostro, dopo il loro live ne abbiam dette di tutti i colori. Più di 10 anni fa uno spagnolo è venuto a Cesena per il progetto Leonardo. Doveva stare otto mesi, rimase credo un anno e mezzo. Per una serie di coincidenze più o meno gradevoli ci conoscemmo e diventammo amici, tanto amici che ci sentiamo ancora. La sua caratteristica principale era l’alcolismo, ma era anche un divoratore di musica. Ci scambiavamo cd e tutto quanto, in nome dell’Unione Europea che ci aveva fatto conoscere, prima che la Spagna diventasse forte a calcio. Tra i cd martirizzati che mi smollò lui ce n’era uno dei Los Planetas, che mi aveva attaccato su perchè gli avevo detto che mi piacevano i Mercury Rev e i Jesus and Mary Chain. Pare che in Spagna un tempo i Los Planetas fossero un’Istituzione Indie, proprio come da noi gli Afterhours, un tempo, forse. Ho ascoltato per un po’ i Los Planetas, alcune cose mi piacevano, tra le quali il portentoso album Una semana en el motor de un autobús, altre mi facevano vomitare, poi li ho abbandonati totalmente, proprio quando lo spagnolo se n’è andato. Gli ho mandato un messaggio, la mattina del 24 novembre: “Non ci crederai ma stasera vedo dal vivo i LOS PLANETAS”. Non ha risposto. Forse si è vergognato. L’ATP è stata l’occasione per aggiornarsi sulla band dopo una carriera più che decennale che avevo lasciato perdere a metà strada: li vedo dal vivo e, mi dico, o mi piacciono definitivamente o li mando affanculo per sempre. Los Nomades, Festa dell’Unità, Festa dello Sport di San Vittore sono le espressioni che abbiamo usato per descrivere il loro live. Giustamente. Il 90% degli spagnoli venuti all’ATP era di sotto a vedere The Haxan Cloak. Qualcosa deve voler dire. Auguro ai Los Planetas di incontrare Manuel Agnelli e, vedendolo, redimersi per non subire il suo imbruttimento definitivo. Ma chi è più triste, Manuel o i Los Planetas? Mah.
È stato il concerto di chiusura dello Stage 1 e la foto non la metto perchè il cantante sembrava Alessandro Haber e perchè è deprimente. Intanto, di sotto, The Haxan Cloak sfondava i timpani e spezzava le meningi con le frequenze basse più fastidiose e potenti della storia delle mie orecchie. Un uomo, in effetti, può anche voler iniziare la domenica col tacchino, proseguirla con una partita di calcio e farla finita coi Los Planetas.

“È un vizio? Indubbiamente è un richiamo molto forte, irresistibile, ovunque mi trovi, quale che sia il valore delle squadre, il tempo, gli impegni che mi consiglierebbero di rinunciarci. Nelle mie domeniche salta la domenica, mai la partita. E onestamente parlando, oggi come oggi, non so cosa possa accadere di più importante nel resto del mondo, in quelle ore della domenica, di quanto non accada negli stadi, e che meriti di essere veduto, e vissuto. È il gusto dello spettacolo, con tutti i suoi deliri anche, che un grande spettacolo comporta. Poiché di un grande spettacolo si tratta, il più autentico della nostra epoca, lo spettacolo collettivo, ‘per tutti’, che il teatro moderno non ha saputo darci. O non abbastanza, o non ancora, decaduto il melodramma. È un’arte nuova, corale, moderna, coetanea del cinema, pensateci bene. Si chiama calcio, in Europa, e tra i popoli dell’America latina è rugby o baseball negli Stati Uniti (ma rugby e baseball, rispetto al calcio, che cosa sono, se non delle varianti in chiave di forma muscolare e di destrezza, a scapito dell’intelligenza e della fantasia?). Ora, il calciatore ha la salute dell’Apoxiòmenos, e la versatilità del poeta estemporaneo, che improvvisa sulla rima obbligata e nel giro di un’ottava. La squadra è una compagnia di undici attori, con una precisa distinzione dei ruoli, e di ciascuno di essi resterà solo il ricordo: è l’insegnamento che si tramanda, la ‘scuola’ che si perfeziona o decàde di generazione in generazione. E quello che essi recitano, non è uno spettacolo di gladiatori, non è circo, e non è sport soltanto, è il gioco di una diversa civiltà, una rappresentazione tutta scienza e tutta istinto, razionale e fantasiosa insieme, incruenta. È una nuova commedia dell’arte, appunto, con delle platee piene e con decine di migliaia di spettatori che sanno, e conoscono, e che si riconoscono. Per guitti e incolti che siano gli interpreti, il canovaccio è quello, i suggerimenti che si offrono agli spettatori sono quelli, idem l’emozione, l’entusiasmo, le ire”.
(Vasco Pratolini, Il calcio, da Giochi e sport, 1950)

Vasco Pratolini

Ah, e il cinema dell’ATP meritava una visita, con il negro più gentile del Mondo che faceva da entraîneuse.

La mattina di martedì 26, dal fornaio a Savignano a comprare la spianata per il pranzo, mentre in radio davano Glorious di Andreas Johnson, il fornaio Mattia dice “Gli Oasis! Ci sono ancora loro?”. Il fornaio Ciccio risponde “Son morti tutti”. Mattia: “Nooo. Mi piacevano loro, erano bravi”. E il Ciccio: “bfff.. bravi…” facendo il gesto del cucchiaio con la mano. Scriveranno tutti e due su Neuroni, gliel’ho già chiesto, hanno già detto di si. Il miglior rientro al lavoro che potessi sperare.

I’ll Be Your Mirror Festival a Manhattan, con ATP e Greg Dulli

ATP lancia i video promozionali di I’ll Be Your Mirror Festival, dal 21 al 23 settembre 2012 a Manhattan, New York. Forte dell’appoggio di ATP, che cura le serate di venerdi e domenica, e di Greg Dulli, mastro di chiavi del sabato, I’ll Be Your Mirror (info e biglietti: atpfestival.com/events sfodera una line up da paura: Godspeed You! Black Emperor, The Antlers, DJ Questlove, José González, Charles Bradley, Dirty Three, Mark Lanegan Band, Hot Snakes, Thee Oh Sees, Frank Ocean, The Make-Up e altri innumerevoli. Ecco uno dei video in questione.