Unhappy, Idiot Lane

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Sono tornati di moda i calzoni rotti. L’altro giorno mia mamma mi ha chiesto se per caso ne voglio un paio, al mercato ne ha visti di bellissimi. Una volta mi sgridava se li mettevo, e io questo ho avuto anche il coraggio di ricordarglielo. Alla fine il revival ha di buono che serve a ripassare o conoscere, magari a contestualizzare. Come i jeans rotti, sono rispuntati fuori un sacco di gruppi, il problema è che ci tocca anche Manu Chao diocristo. Alcune volte vedi la morte negli occhi di chi torna, proprio è chiaro che è un filthy lucre. Altre volte sembrano passati due giorni. O entrambe le cose. C’è invece chi non ha mai smesso di suonare e lo fa sempre allo stesso modo, come Stephen Malkmus. Poi ci sono i giovani che fanno i dischi nuovi dopo aver divorato quelli dei vecchi. Come gli Unhappy. Mia mamma è la persona a cui voglio più bene tra quelle a cui piacciono i jeans rotti, ma mi fa un po’ incazzare questa cosa che le piacciono adesso. Gli Unhappy hanno fatto un disco e si sono sciolti. Avevano bisogno di farlo, poi basta. La cosa era impellente e l’impellenza è necessità, non una roba fatta perché sono tornati gli anni ’90.

Idiot Lane è uscito a novembre 2014 su Flying Kids Records. Io sono lento, come sempre.

Tempo fa al lavoro lo ascoltavo. A un certo punto ho dovuto staccare gli auricolari dal computer per far vedere un video a un collega che mi dava il tormento. Poi ho fatto altro e le cuffie sono rimaste staccate. Quando ho rischiacciato play la chitarra di The Idiot l’hanno sentita tutti in ufficio (un open space, ideale per concentrarsi). Una ha detto “Bello, cos’è?”. Le giro il link, li ascolta, dice che il cantante è stonato, ma tranquilla. Lei ha (credo) 39 anni, non si chiama Arianna ma facciamo finta che sia così, è una fan degli Spandau Ballett, li ama proprio. Ascolta quasi solo loro, il suo è un altro mondo (come anche il mio rispetto al suo), in cui però c’è spazio per uno che canta sul filo dell’intonazione o stonando. Poi un’altra (33 anni, non si chiama Francesca) si è messa ad ascoltare gli Unhappy e ha detto che copiano i Pavement. E stop lì, bollati. Il primo dato è che in quel momento eravamo in tre in ufficio a sentire Idiot Lane. Arianna è sembrata disponibile ad allargare i propri gusti musicali anche se il termine di paragone rimane sempre lo stesso: la musica con cui è cresciuta. È la musica del cuore, che l’ha fatta diventare ciò che è, che però può anche essere sporcata con quello che vuole, se vuole. Francesca invece è una cinghiona: uno che stona, anche se lo fa per un motivo, è una merda. Sposeresti una cinghiona? Cosa pensi dei Pavement? Perché se non ti piacciono, lascia stare gli Unhappy, ma potresti andare d’accordo con la cinghiona. Se ti piacciono, ascolta gli Unhappy e troverai qualcosa in più, qualcosa che parte da lì, rimane lì, ma ha una sua vita. Sposeresti una che ascolta gli Spandau Ballett? Se è una ragazza curiosa, si. Se sei disposto a far finta di essere interessato agli Spandau Ballett (do ut des), per andarle incontro potresti partire facendole ascoltare In the Sink. Inizia con una chitarra simile a The Idiot che le era tanto piaciuta, ha quel suono di basso e batteria più rotondo, una seconda parte punk vagamente anni ’80, il cantante spinge particolarmente ma il salto dalla prima alla seconda parte potrebbe farle pensare che la musica può cambiare, all’improvviso, non essere sempre tutta uguale. E iniziare a piacerle.

Quando cresci dentro a un terreno molto fertile ti può succedere di creare qualcosa di diverso ma non troppo, di simile ma non esattamente, e può anche essere che tu sia contento di questo. Associare gli Unhappy ai Pavement è la cosa più facile. Idiot Lane è suonato bene, è bello, come i Pavement. I Pavement con Slanted Enchanted hanno stampato nella mia testa, e non solo nella mia, l’idea di dargliela su e suonare così, facendo finta di non aver voglia. Il punk aveva detto che tutti potevano suonare dopo i cinghioni presuntuosi del progressive, i Nirvana l’avevano ridetto, i Pavement hanno detto che non saper suonare può essere anche una finta, una questione di estetica. Il secondo disco, Crooked Rain Crooked Rain, era già più quadrato, con una sezione ritmica e arrangiamenti stabilissimi. Slanted and Enchanted era una presa in giro, ad ascoltarlo andando oltre quella sensazione, il basso e la batteria erano già precisissimi (da subito, da Summer Babe). Puoi suonare sghembo, sfondare i suoni, ma se non tieni il tempo come un martello una canzone come In the mouth a desert non ha quella botta. Idiot Lane non ricorda quel disco lì, perché non neanche dà l’impressione di essere storto, ma dritto. Dritto e basta: la caratterizzazione forte della sezione ritmica di Slanted and Echanted viene superata, replicarla ancora sarebbe stato inutile. Anche nei momenti di tensione massima, dove la canzone si stira di più (Secret Job, Atom Blues), basso e batteria degli Unhappy suonano come orologi sincronizzati. Gli Unhappy prendono su anche il blues di Terror Twilight e i suoi giri di chitarra accomodanti. Le chitarre di Slanted and Enchanted sono molto diverse da quelle di TT, in mezzo c’è un percorso: negli Unhappy c’è tutto quel percorso.
I Pavement suonavano nel periodo dei calzoni rotti, e magari li avranno pure indossati, ma non erano quelli dei calzoni rotti. Gli stessi anni, ma una cosa dichiaratamente diversa: amo me stesso e voglio vivere al posto di odio me stesso e voglio morire. Gli Unhappy sono un po’ come la prima canzone di Idiot Lane, che si chiama die fast ma dice too young to die fast: anche i temi dei Pavimenti ritornano.
Ma i Pavement non sono l’unica cosa. Superchunk, Grandaddy, Preston School of Industry ci sono tutti. Alcune volte, per quanto sono piene, le chitarre mi ricordano gli Sneeze del secondo disco, che è uscito l’anno scorso, altre volte i Velvet Underground. Il cantante stona, ma molto meglio di Malkmus, come Daniel Johnston senza il dolore dentro. The Narrator nella sua parte più distorta è i Kyuss, quelli meno rotoloni e più secchi, e la chitarra in Hypercorrection Overreaction è quella di Sparklehorse. Da qualche parte, oltre il muro del suono, ho sentito i Sonic Youth. Conduct dei Fuck è un altro disco che Idiot Lane mi ha ricordato, negli stessi momenti in cui mi ricorda i Velvet. Un sacco di cose, ma gli Unhappy non impacchettano tutto e fanno un disco con le idee degli altri, come gli Yuck. Le canzoni sono un insieme di bassi e chitarre che cambiano di continuo e di batterie che suonano ogni volta con una delicatezza e una forza diversa. Sono pieni di idee, molte delle quali così belle da far suonare un loro modo di vedere gli anni ’90.

Non ho fatto ricerche, credo che i jeans rotti esistessero già negli anni ’80, ma se me ne fai vedere un paio io penso ai ’90. Un giorno l’Arianna è venuta in ufficio coi calzoni rotti, neanche poco, e gli anni ’80, la sua passione, sono entrati nei ’90, come quando The Fall sono entrati nei Pavement. E The Fall sono una delle influenze dichiarate degli Unhappy. C’è un legame forte ma gli Unhappy hanno un loro punto di vista. Non copiano, amano quella musica, bruciano quell’amore in un solo disco. Idiot Lane è un album personale e voluto. E curioso, come l’Arianna.

Ascoltalo qui. Ma ad ascoltarlo sul vinile, guadagna tremila dimensioni.

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