FALSA INNOVAZIONE. Thom Yorke su BitTorrent non rivoluziona niente

york

Alla fine settimana scorsa la cumpa Thom Yorke Nigel Godrich ha messo su internet il torrent del nuovo album solista di Thom Yorke. L’hanno messo su BitTorrent: gratis puoi scaricare la prima canzone, a poco prezzo (sei dollari) tutto il disco. Sempre i soliti, quelli del giro Radiohead, che l’altra volta vendevano a offerta libera In Rainbow sul web. Sono usciti alcuni articoli, in particolare uno (di Monina sul Fatto Quotidiano), in cui si afferma che è la rivoluzione, che adesso le case discografiche cesseranno di esistere. Non c’è niente di innovativo nel mettere sul web a pagamento il proprio disco, esistono anche altre piattaforme che ti permettono di farlo, altri lo fanno già, senza costi per la band, anche in Italia, il paese più retrogrado dell’universo. Non vedo dove sia il problema del gatekeeper visto che si pubblica qualsiasi cosa, anche quello che non andrebbe pubblicate se non altro per pudore. Chiamo in causa il gatekeeper perché ho letto questa dichiarazione di Thom Yorke e Nigel Godrich sul sito di Rumore:

“Come esperimento, stiamo usando una nuova versione di BitTorrent per distribuire un nuovo album di Thom Yorke. I nuovi file Torrent possono essere scaricati per un piccolo prezzo. I file possono essere qualsiasi cosa, ma in questo caso è un ‘album’. È un esperimento per vedere se le meccaniche del sistema sono gestibili e comprensibili dal pubblico. Se funziona bene potrebbe essere un metodo efficace per riportare un po’ del controllo del commercio su internet ai creativi. Permettendogli di creare musica, video o qualsiasi tipo di contenuto digitale per poi venderlo autonomamente. Bypassando i gatekeeper che si sono autoeletti in quel ruolo. Se funziona, chiunque può fare esattamente come abbiamo fatto noi. Il meccanismo dei torrent non richiedere alcun upload su un server, alcun costo di hosting o rischio legato a un ‘cloud’. È una vetrina autocontenuta e incorporabile. Il network non regge solo il traffico, ha anche in mano il file. Il file è nel network. Oh sì, e si chiama Tomorrow’s Modern Boxes.

Ogni volta che un personaggio ritenuto un innovatore fa cose di questo tipo urliamo tutti alla rivoluzione del mercato musicale, che negli ultimi 5 anni è stato stravolto 50 volte.

“Se funziona, chiunque può fare esattamente come abbiamo fatto noi” dicono.

Di fronte ad affermazioni di questo tipo mi chiedo se questi sedicenti innovatori stanno sulla stessa terra in cui stiamo noi oppure no. Sarebbe da parte loro più onesto dire che ci sono già tanti gruppi di ragazzetti che lo fanno, noi che siamo una grande band abbiamo imparato negli ultimi anni come fare e adesso facciamo come loro.

“Una operazione non certo nuova, quella di In Rainbows, ma sicuramente mai tentata da un nome tanto ingombrante” scrive Monina sul Fatto Quotidiano. Il fatto che Thom Yorke, in quanto musicista molto noto, metta su bittorrent il disco nuovo aggirando la casa discografica non ha alcun rilievo dal punto di vista dell’innovazione della fruizione musicale. La musica non diventa più facilmente accessibile e condivisibile dopo questa operazione perché è famoso. Yorke ha “saltato” l’etichetta e il distributore e questa è una novità per lui e per il suo portafoglio, non lo è per noi, non ci insegna un modo nuovo di scaricare.

L’abitudine è quella di concentrare l’attenzione su come alcuni GRANDI NOMI condividono e mettono sul web la loro musica. Per alcuni gruppi c’è più attesa per capire come la metteranno su internet che non per la musica. I Radiohead, con le battaglie contro Spotify, sono sicuramente tra questi gruppi e sono considerati illuminati innovatori (per la questione Spotify: hanno mollato Spotify perché dicevano che non dava il giusto compenso alle band emergenti, senza considerare che pochi soldi per ogni ascolto per i Radiohead sono bruscolini, per un piccolo gruppo è meglio di un calcio nelle palle). Quando gli U2 e la Apple hanno combinato quel casino che hanno combinato un paio di settimane fa, abbiamo tutti chiamato in causa i Radiohead, che AVEVANO GIA’ FATTO una cosa simile. Ogni volta che un BIG fa una mossa di questo genere si grida all’innovazione. E va a finire che vai ad ascoltare la musica e scopri che veramente è più interessante il modo in cui pensano di condividerla, che di per sé è già molto poco interessante. La musica passa in secondo piano, e passa in secondo piano anche dopo che l’hai sentita, perché è brutta (è brutto [con brutto = brutto] il nuovo disco degli U2, era brutto In Rainbows [brutto = freddo]).
Nel mio mercato della musica ideale i gruppi (quelli grossi) condividono la loro musica su internet nella forma che preferiscono, fanno stampare i cd e i vinile in un’edizione che non contenga anche il dito sinistro del cantante ma magari i testi e due o tre foto, così non costano un’occhio della testa, non si sforzano a essere quelli che innovano e non danno la possibilità ai giornalisti scafatissimi e più intelligenti di noi di dire che siamo in un’epoca bislacca perché ancora sentiamo l’esigenza di stampare copie fisiche della musica. Ma soprattutto sogno un mercato della musica in cui un musicista pensa che sia più figo fare un disco figo che non metterlo in modo figo sul web.

“Ovviamente, in un’epoca bislacca come questa, l’album è in effetti presente anche in versione fisica” dice Michele Monina, in chiusura di un articolo molto superficiale, scritto senza un confronto e una ricerca sul web, che pure è al centro del discorso. Cosa vuol dire bislacco precisamente? Strambo, credo, stravagante, si, lo conferma anche la Treccani on line, ho verificato in tre secondi. E cosa vuol dire che si stampano ancora i cd perché viviamo in un’epoca stravagante? Perché uno è stravagante se stampa cd e allo stesso tempo dispone gli mp3? Monina fa l’ironico? Non si capisce.

“Nuova frontiera della pubblicazione discografica” la chiama all’inizio del pezzo Monina quella di Yorke e Godrich. Abbiamo visto che è un’analisi superficiale. “Sì, avete capito, mica è difficile, parlo di Thom Yorke, leader e cantante dei Radiohead, band inglese che ha caratterizzato il passaggio tra i due millenni come forse nessun altro” è un’altra frase che mi ha fatto comprendere che Monina non aveva una gran voglia di approfondire quel giorno. Cosa significa. Tutti i gruppi possono caratterizzare il passaggio tra i due millenni come nessun altro, ognuno a modo suo. Ma torno a BitTorrent.

“La novità che Tomorrow’s modern boxes, questo il titolo del lavoro, è data dal fatto che stavolta BitTorrent avrà una porta di ingresso a pagamento” (per gli utenti, ndr, in più: questo non è italiano, Monina). Di solito su BitTorrent si scarica in gratis. Ma cosa importa se stavolta quello che già si fa su Bandcamp (se vuoi scarica l’album paga tot) adesso Thom Yorke ha deciso di farlo su BitTorrent? Che differenza fa se è su BitTorrent e non Bandcamp? Perché è rivoluzionaria questa cosa? Perché salta le case discografiche e i distributori? Lo si fa già, in autonomia, su Bandcamp e tante piattaforme.

Poi Monina si confonde da solo, si sente in dovere di precisare perché capisce che il discorso è debole: “In realtà in precedenza altri artisti di grido, da Madonna a Lady Gaga, passando per Amanda Palmer, tanto per citare nomi già transitati da queste parti, si sono serviti di questo servizio, il Bundle di BitTorrent, per divulgare materiale audio e video, ma è la prima volta che ciò serve a veicolare un album di inediti”. E allora davvero dove sta la novità? Cosa conta, dal punto di vista dell’innovazione, se il materiale è inedito oppure no? Le case discografiche e i distributori non avevano il controllo sul materiale pubblicato dalla Gaga anche se non era inedito? Magari no, ma si può dire lo stesso che la Gaga, in quel modo, le abbia bypassate: invece di darglielo, lo ha messo su BitTorrent. Visto che nell’articolo si dice che la formula York per BitTorrent è la “nuova frontiera della pubblicazione discografica”, non capisco.

“La notizia, infatti, ha subito fatto il giro del mondo, anche perché, a differenza di altri casi, come lo stesso percorso dagli U2, che hanno usato la tecnologia Cloud, o casi in cui gli album venivano caricati su un server, con relativi costi di hosting di un sito, stavolta il lavoro è non solo gestito da BitTorrent ma ospitato direttamente sotto forma di file dal network, come si trattasse, facendo un paragone con gli album fisici, di un negozio che espone un prodotto in vetrina e poi è in grado di vendertelo”. Forse il punto più interessante della questione è questo, ma Monina gli dedica poche righe. Bandcamp supporta i download gratuiti fino a un certo numero di copie oltre il quale l’artista deve pagare se vuole diffondere la propria musica. In questo senso, ora è a pagamento, ma prima di diventarlo dava la possibilità di uploadare e vendere, e non chiedeva niente, quindi quella del BitTorrent di Thom Yorke non è una novità. Bandcamp non è fatto di torrent, ma dal punto di vista dell’utente cambia molto poco. Ci sono altri servizi di hosting gratuiti per l’artista, come SonicSquirrel. Funziona peggio, è meno conosciuto, è per piccoli gruppi, forse, però esistono. [Ah, e sto ascoltando Tomorrow’s modern boxes: è senza cuore].

 

 

 

Atoms For Peace, Amok

Amok, Atoms For Peace

Premetto che non avevo grandi aspettative per questo AMOK di Atoms For Peace, il progetto di Thom Yorke dei Radiohead, Flea dei Red Hot Chili Peppers e Nigel Godrich, produttore, non uno qualunque. Non avevo grandi aspettative perchè Thom Yorke nell’ultimo Radiohead è risultato piatto, privo di vitalità, autocelebrativo; Flea è un ottimo bassista che si è bruciato il cervello già dal 1991, da quando è uscito Blood Sugar Sex Magic, e ci ha lasciati per il troppo lavoro, per ritornare solo per un episodio isolato, ramingo verrebbe da dire per quanto è selvaggio e perfetto: Pea, nell’album successivo, One Hot Minute – del resto con Blood Sugar Sex Magic gli RHCP avevano dato il massimo, si erano spinti fin dove potevano spingersi per poter avere ancora la coscienza pulita e pensare di essere rimasti nei limiti consentiti dal bello, mantenendo una botta da paura ma modellando un pò il suono, al netto del grezzo, e corrompendo ciò che era la loro integrità già un pò scalfita da Mother Milk, ma evidente nei tre album precedenti; Nigel Godrich è il produttore di tutti i Radiohead, di The Bends e Ok Computer ma anche di Hail to the Thief e The King of Limbs, oltre che di album ciofeca come Guero di Beck ma anche di capolavori come Left of the Middle di Natalie Imbruglia, quindi su di lui avevo qualche riserva, qualche indecisione di troppo.

Considerando poi che attraverso un periodo in cui esistono solo We=Trouble di Johnny Mox e Mixed Race di Tricky, il confronto è duro. Può sembrare non folle mettere a confronto Tricky e Thom Yorke e può sembrare folle mettere a confronto Johnny Mox e Thom Yorke, ma folle non è. Da un certo punto di vista Mox e Yorke rappresentano gli opposti: Johnny Mox è la libertà, la gramigna, l’acerba reazione alle cose, scomposta e violenta; Thome Yorke è l’esperienza, sì, ma anche, in questa fase, poi magari si riprende, l’appiattimento su se stesso e sul “senti qui come sono bravo”, e sono talmente bravo che non canto più, biascico per non sussurrare e faccio la stessa fine che ha fatto Mariah Carey. Ancora meno folle è il confronto tra Thom Yorke e Johnny Mox se si pensa che, da un certo punto di vista, invece, si assomigliano: è il loop che li unisce.
Tricky invece è il big bambu incontrastato, e Mixed Race ne è la prova. Lo aspettiamo al varco a maggio.

Amok, Atoms For Peace

AMOK di Atoms For Peace (XL Records) vede, oltre alla partecipazione dei tre personaggi già menzionati, del cui nome si fa spesso e malvolentieri largo uso nei post per indicizzare meglio i contenuti su gugol, anche quella di Mauro Refosco, percussionista brasiliano con trascorsi nei recenti RHCP, e Joey Waronker, batterista mancino già comparso in Odelay e altro di Beck, XO di Elliot Smith, Up e Reveal dei R.E.M., e che ha collaborato con sacri zombie come Johnny Cash e Thurston Moore, ma anche con Nelly Furtado e Bat For Lashes. Waronker ha prodotto anche Tamer Animals degli Other Lives.
Ecco invece come si sono divisi i compiti i tre testa di serie: Yorke canta, suona la chitarra e il piano, Flea il basso e Godrich è alle keyboard e al synth. Atoms For Peace nasce nel 2009 come una live band, per portare in giro l’abum The Eraser di Thom Yorke. Il singolo Default è uscito su iTunes in settembre 2012. Da allora anche Dio aspetta l’uscita dell’album.

Il mio rapporto con l’elettronica è difficile, sto cercando di essere meno vecchio, ma rimane un distacco tra me e lei. Non sempre riesco a comprendere il significato delle cose, non sempre mi sento stimolato. Non che con la musica rock io sia una grande volpe. Comunque, affrontai di petto l’elettronica anni fa con Annullé di TBA. Tralasciando il fatto che è bello come l’ho scoperta (TBA al secolo Natalie Beridze) perchè me la consigliò uno dei commessi di negozi di dischi più prolifici di consigli che io abbia mai conosciuto, al Dee Jay Mix di Cesena, fu dura ma mi piacque e da Annullé (2005) ho iniziato a pensare che i Radiohead non facessero elettronica vera, ma solo per fighetti. Quindi, avrebbe dovuto essere di mio gradimento. Invece, come mai non ero riuscito a entusiasmarmi davvero quando è uscito Kid A (forse perchè non capisco un cazzo di elettronica) e perchè la scelta elettronica dei Radiohead, seppur segno di una svolta sconvolgente e ammirabile dopo un album come OK Computer, non mi ha mai convinto fino in fondo e invece mi convinceva Aphex Twin? La vita stessa è una contraddizione.

TBA

TBA

Il problema di Amok è la voce di Thom Yorke. La forza dell’album è tutta nelle musiche: quelle di Dropped, quelle di Unless, dove interviene Refosco a dar man forte con un contributo esaltante, quelle di Reverse Running, con gran drumming looppato di Joey Waronker.
L’album si rivela spesso piatto sulle linee vocali, in una parola: noioso, e molto più valido dal punto di vista strumentale. Solo in Stuck Together Pieces Yorke alza un pò la testa e guarda oltre, e il respiro dell’album si fa più ampio, perchè anche lui corre bene dietro alla chitarra (la sua) e alle elettroniche, o viceversa. I dettagli compositivi rendono questa canzone la migliore del disco.
In generale, è come se Thom Yorke soffrisse di uno sdoppiamento di personalità: quando suona è integrato con gli altri musicisti, quando canta è disintegrato.
Si ripiomba nel mondo del fastidio di Yorke già con Judge Jury Executioner, dove l’arpeggio della chitarra e la melodia del ritornello avrebbero dovuto essere sostenuti da un’aggressione più decisa a tutto il corpo della canzone, non da una vocina. I cori fantasmagorici della title track Amok sono impalpabili e la musica ricorre (come altre volte, ma non troppo spesso) a espedienti radioheddiani, qui un piano forte (di Thom Yorke). Chi ha visto per la prima volta dal vivo i Radiohead al Vidia di Cesena giura di ricordare uno Yorke arrabbiatissimo, un pò fuck the world, peggio der Grignani, su quello stesso palco. Con gli anni Yorke è maturato e ha raggiunto l’equilibrio, un equilibrio sublime. Ora sta riposando. E perde i colpi, tanto che non è all’altezza delle musiche che lui stesso in parte compone, dell’album che lui stesso ha pilotato, o avrebbe voluto pilotare.

Mr. Hide

Mr. Hide

Forse è successo perchè mentre con i Radiohead è libero di fare il bello e il cattivo tempo tant’è buono Jonny Greenwood, con Atoms For Peace, Thom Yorke c’ha anche provato a fare il capo, ma Flea gli ha dato un morso sull’occhio. A parte tutto, è possibile che in studio non abbia funzionato l’accostamento di questi musicisti, che pure si conoscono bene dal punto di vista professionale? Forse. Il disco è irregolare, incostante, non del tutto soddisfacente, prima di tutto per la distanza che c’è tra voci e strumentazioni, tale che sembra che la base musicale sia la corrente e la voce il pesciolino che la risale, e questo crea una discrepanza tra ciò che dovrebbe uscire e ciò che di fatto esce dalle casse del computer, o dello stereo, a seconda. Ingenue è l’esito più esplicito di questo problema: l’elettronica crea un bel ritmo ma poi si appiattisce sulla voce, per riprendersi solo sul finale, quando ormai è inutile. Secondo: alcuni pezzi sono riusciti molto peggio di altri, non solo per la voce. Before Your Very Eyes è un esempio di non riuscito fino in fondo, ed è proprio l’inizio dell’album.

Da una tale formazione mi aspettavo i fulmini, e ritmiche che il cervello (almeno il mio) si spappola per seguirle, o perchè ti ipnotizzano, o perchè ti perdi a capire dove vanno. Default (nomen omen) alza il tiro, ma non regge i 5 minuti e 16 secondi di durata, annoia sulla distanza. La finezza c’è, manca il groove, la botta, la spinta ad aver voglia di arrivare fino alla fine.

Non si gioca con le keywords

Il figlio di Thom Yorke

Il figlio di Thom Yorke

Pensavamo, noi, di fare un blog interessante, pensavamo di scrivere cose da ricordare.. E invece ecco l’elenco delle parole chiave con cui accedete a neuronifanzine: porta antiproiettile, sport senza regole, bastianich merda, bastianich joe merda, joe bastianich malattia, voce joe bastianich download, joe bastianich sputo, come si fa a limonare, pierre foschi, figlio thom yorke, streaming tv real time non sapevo di essere incinta, malattie imbarazzanti kids streaming, colpiti da incantesimo, mamma sbocca, chef ramsay fumetto, ben 11, donna che fuma una sigaretta, infilare delle palline in culo, di caprio nasconde la propria omosessualità. Dietro l’apparenza, neanche troppo salva, di blog di cinema, musica, libri, fumetti e diverse cose interessantissime, c’è il vero neuronifanzine, frequentato da malati di mente.
Colgo l’occasione per ringraziare Joe Bastianich di essere diventato una star del digitale terrestre: questo è un grande si, Joe, grazie al tuo nome le persone che ti amano o che ti odiano entrano in neuronifanzine e schizzano via in un secondo perché non ti trovano, o ti trovano solo in parte.
Ma rimaniamo comunque un nobile sito, perché la keyword più utile per noi è “j edgar hoover”, o “edgar hoover”. Questo ci fa onore, nonostante il personaggio in questione sia di dubbia moralità. Comunque è il protagonista di un film di Clint Eastwood. Dobbiamo essere contenti che la vostra parola chiave preferita non sia “j edgar hoover era un travone”.
Le conclusioni si traggono senza grande fatica: facciamo i simpatici, scriviamo di libri da intelligentoni e poi ti arriva nel sito uno che vuole imparare come si fa a infilarsi le palline nel culo. Non è facile, si rischia un blocco poco simpatico se tutto non va per il verso giusto. Quali malattie imbarazzanti cercate? Non saprei. So però che è tutta colpa nostra, questo è chiaro. Le keywords sono uno strumento infame per farsi conoscere su internet: non puoi neanche scrivere “thom yorke” che uno che vuole sapere se esiste o che faccia ha il figlio di Thom Yorke viene da noi. I titoli e la stesura dei testi sono un’arte sopraffina: non puoi neanche scrivere “bondage” in un titolo che ti ritrovi sparato in un aggregatore di notizie gratuite sul bondage maschile, non puoi neanche accostare le parole “Di Caprio” e “omosessualità” che le speranze personali di un utente convergono tutte su neuronifanzine.
Il SEO non è sport per signorine. Non ci puoi giocare neanche un po’.