Premetto che non avevo grandi aspettative per questo AMOK di Atoms For Peace, il progetto di Thom Yorke dei Radiohead, Flea dei Red Hot Chili Peppers e Nigel Godrich, produttore, non uno qualunque. Non avevo grandi aspettative perchè Thom Yorke nell’ultimo Radiohead è risultato piatto, privo di vitalità, autocelebrativo; Flea è un ottimo bassista che si è bruciato il cervello già dal 1991, da quando è uscito Blood Sugar Sex Magic, e ci ha lasciati per il troppo lavoro, per ritornare solo per un episodio isolato, ramingo verrebbe da dire per quanto è selvaggio e perfetto: Pea, nell’album successivo, One Hot Minute – del resto con Blood Sugar Sex Magic gli RHCP avevano dato il massimo, si erano spinti fin dove potevano spingersi per poter avere ancora la coscienza pulita e pensare di essere rimasti nei limiti consentiti dal bello, mantenendo una botta da paura ma modellando un pò il suono, al netto del grezzo, e corrompendo ciò che era la loro integrità già un pò scalfita da Mother Milk, ma evidente nei tre album precedenti; Nigel Godrich è il produttore di tutti i Radiohead, di The Bends e Ok Computer ma anche di Hail to the Thief e The King of Limbs, oltre che di album ciofeca come Guero di Beck ma anche di capolavori come Left of the Middle di Natalie Imbruglia, quindi su di lui avevo qualche riserva, qualche indecisione di troppo.
Considerando poi che attraverso un periodo in cui esistono solo We=Trouble di Johnny Mox e Mixed Race di Tricky, il confronto è duro. Può sembrare non folle mettere a confronto Tricky e Thom Yorke e può sembrare folle mettere a confronto Johnny Mox e Thom Yorke, ma folle non è. Da un certo punto di vista Mox e Yorke rappresentano gli opposti: Johnny Mox è la libertà, la gramigna, l’acerba reazione alle cose, scomposta e violenta; Thome Yorke è l’esperienza, sì, ma anche, in questa fase, poi magari si riprende, l’appiattimento su se stesso e sul “senti qui come sono bravo”, e sono talmente bravo che non canto più, biascico per non sussurrare e faccio la stessa fine che ha fatto Mariah Carey. Ancora meno folle è il confronto tra Thom Yorke e Johnny Mox se si pensa che, da un certo punto di vista, invece, si assomigliano: è il loop che li unisce.
Tricky invece è il big bambu incontrastato, e Mixed Race ne è la prova. Lo aspettiamo al varco a maggio.
AMOK di Atoms For Peace (XL Records) vede, oltre alla partecipazione dei tre personaggi già menzionati, del cui nome si fa spesso e malvolentieri largo uso nei post per indicizzare meglio i contenuti su gugol, anche quella di Mauro Refosco, percussionista brasiliano con trascorsi nei recenti RHCP, e Joey Waronker, batterista mancino già comparso in Odelay e altro di Beck, XO di Elliot Smith, Up e Reveal dei R.E.M., e che ha collaborato con sacri zombie come Johnny Cash e Thurston Moore, ma anche con Nelly Furtado e Bat For Lashes. Waronker ha prodotto anche Tamer Animals degli Other Lives.
Ecco invece come si sono divisi i compiti i tre testa di serie: Yorke canta, suona la chitarra e il piano, Flea il basso e Godrich è alle keyboard e al synth. Atoms For Peace nasce nel 2009 come una live band, per portare in giro l’abum The Eraser di Thom Yorke. Il singolo Default è uscito su iTunes in settembre 2012. Da allora anche Dio aspetta l’uscita dell’album.
Il mio rapporto con l’elettronica è difficile, sto cercando di essere meno vecchio, ma rimane un distacco tra me e lei. Non sempre riesco a comprendere il significato delle cose, non sempre mi sento stimolato. Non che con la musica rock io sia una grande volpe. Comunque, affrontai di petto l’elettronica anni fa con Annullé di TBA. Tralasciando il fatto che è bello come l’ho scoperta (TBA al secolo Natalie Beridze) perchè me la consigliò uno dei commessi di negozi di dischi più prolifici di consigli che io abbia mai conosciuto, al Dee Jay Mix di Cesena, fu dura ma mi piacque e da Annullé (2005) ho iniziato a pensare che i Radiohead non facessero elettronica vera, ma solo per fighetti. Quindi, avrebbe dovuto essere di mio gradimento. Invece, come mai non ero riuscito a entusiasmarmi davvero quando è uscito Kid A (forse perchè non capisco un cazzo di elettronica) e perchè la scelta elettronica dei Radiohead, seppur segno di una svolta sconvolgente e ammirabile dopo un album come OK Computer, non mi ha mai convinto fino in fondo e invece mi convinceva Aphex Twin? La vita stessa è una contraddizione.
Il problema di Amok è la voce di Thom Yorke. La forza dell’album è tutta nelle musiche: quelle di Dropped, quelle di Unless, dove interviene Refosco a dar man forte con un contributo esaltante, quelle di Reverse Running, con gran drumming looppato di Joey Waronker.
L’album si rivela spesso piatto sulle linee vocali, in una parola: noioso, e molto più valido dal punto di vista strumentale. Solo in Stuck Together Pieces Yorke alza un pò la testa e guarda oltre, e il respiro dell’album si fa più ampio, perchè anche lui corre bene dietro alla chitarra (la sua) e alle elettroniche, o viceversa. I dettagli compositivi rendono questa canzone la migliore del disco.
In generale, è come se Thom Yorke soffrisse di uno sdoppiamento di personalità: quando suona è integrato con gli altri musicisti, quando canta è disintegrato.
Si ripiomba nel mondo del fastidio di Yorke già con Judge Jury Executioner, dove l’arpeggio della chitarra e la melodia del ritornello avrebbero dovuto essere sostenuti da un’aggressione più decisa a tutto il corpo della canzone, non da una vocina. I cori fantasmagorici della title track Amok sono impalpabili e la musica ricorre (come altre volte, ma non troppo spesso) a espedienti radioheddiani, qui un piano forte (di Thom Yorke). Chi ha visto per la prima volta dal vivo i Radiohead al Vidia di Cesena giura di ricordare uno Yorke arrabbiatissimo, un pò fuck the world, peggio der Grignani, su quello stesso palco. Con gli anni Yorke è maturato e ha raggiunto l’equilibrio, un equilibrio sublime. Ora sta riposando. E perde i colpi, tanto che non è all’altezza delle musiche che lui stesso in parte compone, dell’album che lui stesso ha pilotato, o avrebbe voluto pilotare.
Forse è successo perchè mentre con i Radiohead è libero di fare il bello e il cattivo tempo tant’è buono Jonny Greenwood, con Atoms For Peace, Thom Yorke c’ha anche provato a fare il capo, ma Flea gli ha dato un morso sull’occhio. A parte tutto, è possibile che in studio non abbia funzionato l’accostamento di questi musicisti, che pure si conoscono bene dal punto di vista professionale? Forse. Il disco è irregolare, incostante, non del tutto soddisfacente, prima di tutto per la distanza che c’è tra voci e strumentazioni, tale che sembra che la base musicale sia la corrente e la voce il pesciolino che la risale, e questo crea una discrepanza tra ciò che dovrebbe uscire e ciò che di fatto esce dalle casse del computer, o dello stereo, a seconda. Ingenue è l’esito più esplicito di questo problema: l’elettronica crea un bel ritmo ma poi si appiattisce sulla voce, per riprendersi solo sul finale, quando ormai è inutile. Secondo: alcuni pezzi sono riusciti molto peggio di altri, non solo per la voce. Before Your Very Eyes è un esempio di non riuscito fino in fondo, ed è proprio l’inizio dell’album.
Da una tale formazione mi aspettavo i fulmini, e ritmiche che il cervello (almeno il mio) si spappola per seguirle, o perchè ti ipnotizzano, o perchè ti perdi a capire dove vanno. Default (nomen omen) alza il tiro, ma non regge i 5 minuti e 16 secondi di durata, annoia sulla distanza. La finezza c’è, manca il groove, la botta, la spinta ad aver voglia di arrivare fino alla fine.