L’utilità del Secret Show (Garrett Klahn/The Clever Square)

Garrett Klahn, 12/8/2013

Come è noto, quando andiamo ai concerti individuiamo spesso/sempre una/due/tre brutte persone che si pongono d’intralcio tra noi e la felicità. Lo fanno tramite un’altezza costituzionalmente inaccettabile o un comportamento inadeguato, armi che utilizzano per ottenere il loro scopo, dalle quali voglio escludere l’ascella e l’alito importanti perchè spesso anch’io e perchè talvolta non è possibile governarli.
La soluzione del problema è il Secret Show.
Il bello del Secret Show non è che c’è poca gente (ce ne può essere più o meno molta) ma che quasi tutti conoscono quasi tutti e quelli che non conoscono alcuni hanno amici presenti che conoscono quegli alcuni. Qualsiasi cosa dici o fai ti si verrà a sapere, quindi, per pudore, nessuno si comporta da rompicoglioni. Primo problema risolto.
Essere impossibilitati a dribblare il secondo problema, l’altezza, significa essere molto sfortunati. Se ci troviamo in una stanza molto piccola possiamo dirci spacciati, ma le probabilità che questo succeda sono un pò ma non troppe. Cosa più importante, il numero ridotto di persone presenti rispetto a un concerto aperto a tutti riduce le probabilità che ci siano molte persone altissime. Quindi, si può affermare che a un Secret Show sei al sicuro due volte su tre.

Per mettere in piedi un Secret Show servono quattro ordini di cose più o meno semplici:
1. cibo e alcolici;
2. gli amici con le bazze, a meno che non le abbia tu;
3. la disponibilità dei presenti a fare la colletta per pagare l’artista, disponibilità che deve essere anche di quei presenti ai quali dell’artista non gliene potrebbe fregare meno;
4. un luogo adatto (una casa, un garage, un cortile isolato, una stamberga).

A meno che tu non sia il figlio illegittimo di Julian Casablanca, il Secret Show capita poche volte nella vita. Quindi, quando succede, bisogna saltar su, sennò te ne pentirai per sempre, e comunque rimarrà scritto negli annali che non c’eri. Se non sei il figlio illegittimo di Julian Casablanca è meglio, così l’evento diventa unico, o almeno raro. L’emozione, direttamente proporzionale all’importanza che ha per te l’artista presente, completa il pacchetto dell’evento indimenticabile, quale il Secret Show è per definizione: uno spettacolo (nel caso specifico, un concerto) organizzato per alcune persone spargendo la voce tramite mail, posta pneumatica o piccione viaggiatore, o comunque tramite un mezzo che faccia arrivare il messaggio direttamente a invitati più o meno predefiniti, senza pericolo deflagrazione. Alcune volte la deflagrazione avviene (per l’inevitabile entusiasmo che si crea), ma nel limite dell’accettabile, se il padrone della stamberga e/o gli organizzatori mantengono il polso della situazione per tutta la fase di divulgazione.

12 agosto 2013, Secret Show di Garrett Klahn (già Texas Is The Reason) e di metà The Clever Square, tutti e due in acustico. Di questo si parla.
Breve parentesi sui TITR, uno dei gruppi migliori o IL gruppo migliore della masnada emo della seconda metà anni ’90, che, come tutti i gruppi migliori, hanno fatto un solo disco in studio (o veramente poco altro, non definibile album) poi si sono sciolti. A proposito di quel disco, Do You Know Who You Are?, io ho in dotazione il cd e questo non mi ha permesso la sera del 12/8 di vincere il premio “The King”, consegnato da Klahn in persona e attribuito a un’altra persona che possiede una copia in vinile, masticata e ingiallita. Giustissimo. Ma mi concedo lo stesso l’autoimbirimento: l’ho fatto autografare come si sarebbe fatto con Alessandra Amoroso. La prova inconfutabile che c’ero.

do you know who you are? autografato

Venni a conoscenza di Do You Know Who You Are? perchè un mio amico mi prestò il vinile. Non riuscii a rubarglielo. Però il mio amico mi permise di tenerlo a lungo, insieme a cose di Jimmy Eat World, Sunny Day Real Estate e giù di lì. Alla fine del prestito comprai, appunto, i cd. Oggi quel mio amico è emigrato, io gli mando i messaggi su facebook e lui non risponde, pur aggiornando di continuo il proprio stato.

The Clever Square, secret show 12/8/13

The Clever Square mi piacciono tantissimo. Spesso li si paragona ai Sebadoh, cosa sacrosanta e giusta, ma è decisamente meglio accostarli ad altro. Piuttosto ricordano Syd Barrett da solo, i Pavement di Slanted and Enchanted, la cosa migliore in assoluto che i Pavement abbiano mai fatto, e i Neutral Milk Hotel di On Avery Island (Song Against Sex, You’ve Passed e Someone Is Waiting). Il 12 agosto con una chitarra, un basso e una voce, The Clever Square hanno fatto in tutto una manciata di canzoni tra le quali February Is A Lie e io potevo anche andarmene felice. Dal vivo al completo hanno un’amalgama potente; dal vivo a metà sono del tutto a loro agio sugli strumenti. Sempre senza troppe parole e dritti sull’obiettivo: fare la prossima canzone.
Il loro EP Ask the Oracle (Flying Kids Records) è uscito in aprile e pare che dobbiamo aspettarci l’uscita di un disco nuovo. Bene. Nel frattempo se capita li vediamo volentieri dodici o tredici volte dal vivo. Su Ask the Oracle (che naturalmente si scarica qui a offerta libera) ho già scritto cose più o meno condivisibili qui.

Garrett Klahn è un timidone che di fronte a un pubblico ristretto incrocia di continuo i piedi, muove senza sosta il culo sulla sedia per trovare la posizione giusta e sistema in modi non definitivi la scaletta che il vento insiste a spostare. C’è molto di poetico in tutto questo, quasi da far schifo. Ci sono i ricordi, che tornano lentamente nei giorni precedenti al concerto, poi tutti insieme, durante. Sono ricordi abbastanza lontani ma sicuramente nitidi. Una sera d’estate ero con un amico sul tetto di una casa in costruzione e battevo il piede su un coppo canticchiandomi I guess you never really tried e secondo me la canticchiava anche il mio amico. Niente di gay, anche se può sembrarlo. Non penso che quella frase c’entrasse niente con quello di cui stavamo parlando, ma era lì. E questo è solo un esempio di ricordo.
Ecco cos’ha fatto Klahn. Non l’intero album, che sarebbe stata cosa meccanica ma niente male, ma alcuni pezzi scelti. Gli altri, a detta di Klahn, fanno schifo senza la band. E in mezzo ci ha ha infilato cover a caso, tra cui una degli Smiths di cui (impalatemi nei commenti) non ricordo il titolo e The Golden Age di Beck.
Le canzoni dei Texas Is The Reason in acustico vengono fuori con un taglio meno pungente e più controllato, e mi piace il pensiero che l’autore di quei pezzi li abbia fatti evolvere ma non troppo, un pò per forza un pò perchè lo voleva un pò perchè è venuta così. Almeno, immagino.

Bella la location, greve, rustica e bucolica come il nostro spirito. Grazie a chi ha organizzato, a chi possiede quelle mura @TheFarm, a chi ha cucinato, a chi ha suonato. Sono stati momenti di bella estate. A fine serata si è parlato di possibili Secret Show di Tricky e Bob Dylan, l’anno prossimo, sempre lì. Intanto, penso di aver capito una volta per tutte che la h di Klahn si mette come penultima lettera, prima della n.

Sfondami lo stereo. Ask the Oracle, The Clever Square

The Clever Square, Ask the Oracle

Ask the Oracle (Flying Kids) è l’EP fisico dei The Clever Square, che oltre essere una band di cui andare orgogliosi (sono romagnoli, come me, va bè loro sono di Ravenna e io sono di Cesena, ma il campanilismo è passato di moda) mi servono su un piatto d’argento anche la scusa per iniziare il post con un pippone sugli anni ’90, non gli anni ’90 in generale, ma gli anni ’90 di alcuni di quelli che erano più o meno adolescenti in Romagna, anzi nella Romagna di provincia. Pippone di ‘sti tempi fuori luogo quello intorno ai ’90: due giorni fa ho sentito dire che anche il pogo è nato negli anni ’90, oltre a tutto il resto, così per dire che in questo momento qualsiasi scoreggina con un sapore di rock distorto viene definita anni ’90. Ma perdonatemelo, The Clever Square portano con sè motivi veri per essere ricondotti a quel periodo. Ma non solo.

Gli anni ’90 nella Romagna di provincia sono trascorsi immagino come in molte altre province italiane, forse con un pò più di ragù sulle tavole rispetto ad altre zone, sicuramente con più piadina con lo stracchino di qualsiasi altra zona d’Italia. Ma è proprio il ragù denso e rosso e la piada che ci ha dato la forza di scoprire. Principalmente, ci si divertiva a passare il tempo dietro a cose musicali e cinematografiche che venivano dall’America, dove si sognava di andare, ma non di trasferirsi per sempre perchè non avremmo mai potuto fare a meno della nonna che preparava la piadina, e il ragù. Infatti, di lì a poco, in un futuro poc’anzi divenuto passato, tutti i giovani italiani, compresi i romagnoli, sono stati apostrofati come bamboccioni, giovani che rimangono in casa troppo a lungo coi genitori. Erano i prodromi dell’era dei choosy.

La prima botta grossa dagli anni ’90 americani è stata quella della scena di Seattle, poi del cosiddetto Grunge, termine che definisce un genere musicale inesistente che fa riferimento a gruppi che non c’entrano niente l’uno con l’altro. Una botta seria, perchè per un pò di tempo non esisteva altro.
La seconda botta grossa arrivò dai Fugazi (sui quali mai altra disanima fu più condivisibile rispetto a questa), all’inizio solo perchè Eddie Vedder li citava come modello di produzione musicale da prendere a esempio poi perchè diventarono una spiga seria, e dagli Husker Du, che comunque si erano già belli che sciolti da un pò.
Nel periodo tardo-adolescenziale, quello più duro e con più brufoli, la terza botta: Texas Is the Reason, Mineral e robe emo varie, con annesso innamoramento per Crank! e Revelation Records. Disorientamento fu causato dalla scoperta dei Beastie Boys, ma anche dei Gorilla Biscuits. E di Sparklehorse, ma a quel punto l’adolescenza era agli sgoccioli. Prima erano arrivati i Sonic Youth, i Pavement e i Sebadoh. Nei momenti più difficili ci piaceva anche Bruce Springsteen. Tutti i classiconi insomma.
Le informazioni arrivavano in ordine sparso, colpevoli le frequentazioni e le tempistiche, a volte allungate, con cui si raggiungevano i gruppi di cui si veniva a conoscenza dalle riviste e da Video Music e MTV trasmessa da Tele Romagna.

Tutto questo successe solo dopo i Guns.

Non invecchiamo mai noi della Romagna. Il mitico Mario Macerone un giorno mi disse: “Ma cosa sarebbe la nostra vita senza la musica? Cioè, senza la musica non sapremmo come fare”. Del resto, lui era il portavoce di una generazione intera. Non è possibile dire che i dischi preferiti di allora, riascoltati oggi, ci danno lo stesso di allora. Alcuni sono invecchiati, sono intervenuti gusti musicali che allora non esistevano ma che oggi sono imprescindibili. Ricordi a parte, le sensazioni di adesso sono solo derivati a volte lontanissimi delle sensazioni di allora. La cosa più figa è che certi dischi usciti oggi ci danno quello che allora ci davano i dischi usciti allora.

Qui, arrivano The Clever SquareAsk the Oracle (lo streaming: Thecleversquare.com, il download gratuito o con offerta libera: flyingkidsrecords.bandcamp.com) è uscito il primo aprile, è stato registrato a Brescia presso Flying Kids Records ed è il loro primo lavoro su supporto fisico dopo i quattro precedenti digitali.
Dopo il pippone iniziale, è però d’obbligo dire che Ask the Oracle, pur facendomi amare ancora di più gli Sugar e il miglior Bob Mould post Huker Du, non è solo ’90.
Le canzoni sono 5, la prima è February Is A Lie e ha ombre Husker Du, che ho nominato imprudentemente perchè negli anni novanta hanno fatto uscire solo un live e un EP. E trovo che February Is A Lie abbia anche sfumature rock anni ’70 sul finale. Baby’s Fun Trip ha la spocchiosità positiva dei Clash e di Joe Strummer. Jar Of Evil ha il giro di chitarra più ’90 che ci sia, però ha quella cadenza eterna alla Louie Louie che le fa attraversare decenni di storia della musica. I 57 secondi di Yawn Parade Of Stings mi fanno pensare ai Minutemen. Quindi, Ask the Oracle dà oggi le sensazioni di allora, però più fresche, e azzarda anche oltre. Questo basta per dire che è un disco grandioso.

Ma tutto quello che ho scritto fin’ora non conta niente. La caratteristica migliore di Ask the Oracle è la sincerità, che viene fuori con una forza innegabile sin dalle prime note di February Is A Lie. In Ask The Oracle tornano arrangiamenti spesso molto vicini a quello che abbiamo già sentito, ma non ce ne frega un cazzo, perchè avendo qualcosa da dire, quegli accordi così strutturati sono il modo migliore per esprimerlo. Si sente che c’è della sostanza, e che il ragù ha fatto il suo lavoro: i pezzi sono una scheggia, della stessa lunghezza della frase più spontanea che si possa dire, di getto. Sono gemme preziose, da ascoltare e ascoltare per avere chiara la motivazione che prima di tutte le altre dovrebbe spingere a fare musica: fare un disco sincero. Discorso esagerato, ingenuo, da bimbomix. Ma l’iniezione di grandezza che avremmo se tutti i dischi che ascoltiamo fossero fatti seguendo questo principio sarebbe estremamente gratificante. Probabilmente però questo principio verrebbe dopo un pò trasformato in un genere, al quale sarebbero accostate cose che non c’entrano niente, e allora alla fine è meglio se non tutti gli album che ascoltiamo sono profondamente sinceri.

Ne bastano alcuni, come Ask the Oracle, che ha un altro grande pregio: suona sfondato, soprattutto in February Is A Lie, che però ricorda anche i Grandaddy più dolci, e Jar Of Evil. E ha il difetto di durare poco. E allora ecco dell’altro di The Clever Square, qui o anche qui. Sfondatevici lo stereo. O il computer.