io: “Ho preso un cd nuovo, dei Built to Spill”
lei: “Ah, fa vedere.. There is nothing wrong with love.. che poi non è vero”
io: “Cosa?”
lei: “Che non c’è niente di sbagliato nell’amore”
Questa è la seconda cosa che è successa nella mia vita che c’entra coi Built to Spill, dopo aver comprato il cd. Anzi la terza, dopo aver letto la recensione e comprato il cd. Lei è una ragazza che frequentavo allora, che qualche dubbio su di noi l’aveva. Brillante è quello che dice (c’era già questo sketch di parlare come Yoda, ma lei non apprezzava particolarmente Star Wars) e così vero. Però insomma, vaffanculo. Oltre a ricordarmi questo dialogo, There is nothing wrong with love è anche uno dei miei dischi preferiti, il loro disco migliore, che venerdì mi ha fatto incazzare. Ero in macchina verso il lavoro, l’avevo messo su e ha incominciato a saltare a tre quarti di ogni canzone. Mi era appena venuta in mente quella ragazza che mi aveva detto quella cosa e Reason è diventata improvvisamente una canzone senza sviluppo. Troncata. Quando le cose malvagie attaccano il tuo disco preferito nel momento in cui lo ascolti, possono diventare concrete da pazzi. Gli attacchi preventivi di solito servono a poco, hai tutto il tempo per far diventare il tuo cd preferito quello che ancora non è il tuo cd preferito, e di farlo da solo. Se il cd salta non c’è niente di più stupido e comune, ma anche frustrante come quando al cinema salta la pellicola durante il film. Quando succede una cosa brutta ascolto un disco violento per dare una specie di voce all’incazzo che ho addosso; quando vorrei ascoltare un disco per stare bene e non posso, inizio a esser preso male, e allora cambio disco, e metto su un disco che mi mandi via almeno una parte del fastidio. Alcune volte la musica che uso per me stesso può essere un cerchio sul quale gli input esterni si rincorrono, e il cambiamento troppo veloce è irritante, soprattutto quando non è volontario ed è contrario al desiderio.
There is nothing wrong with love è meglio di Ultimate Alternative Wavers perchè l’ho ascoltato di più e non ci sono cazzi che non si possa dire che un disco è meglio di un altro perché tu l’hai, o io l’ho, ascoltato di più. È meglio, anche perché dentro ci sono le chitarre usate in modo più subdolo, come se volessero giocare con te a Indovina da dove vengo fuori adesso? E la prima volta che l’ho sentito è stato divertentissimo, le volte successive più che divertente interessante, adesso ogni tanto scopro altre cose, non perché There is nothing wrong with love getti boccioli nuovi ogni anno, ma perché magari mi sono dimenticato di quella cosa, la sento, me la ricordo e mi piace ancora molto, non come la prima volta, ma come conseguenza di un ascolto maturato negli anni, passato attraverso cose brutte e cose belle. Ora sono un ometto, ma quel disco è ancora lì. A immaginarsi il tempo che passa come le nuvole che corrono nel cielo, ma una rimane ferma, si potrebbe anche dire che sia la metafora giusta. In copertina c’è una nuvola, quella che è rimasta ferma, è una nuvola bianca, che non deve buttar fuori il temporale, ed è per questo che di solito ascolto questo disco non quando sono incazzato, ma quando sto bene e quando ho bisogno di caricarmi.
Quella nuvola, però, è disegnata: per forza che rimane ferma. È un inganno, e infatti ho scoperto che anche il tuo cd preferito può fregarti e può fregarti per cause strettamente legate alla caducità della tecnologia: se salta è perché il supporto è vecchio e non regge. Ma quella musica esiste, e questa è una certezza.
In the Morning è la prima canzone. Mi piacciono le prime canzoni brevi che riescono a dare un’idea del disco in tempi limitati. Come mi piacciono gli articoli che nell’intro danno una vaga anticipazione, iniziano, dicono una cosa, chiudono. Lo capisci solo dopo che sono abstract, e quando succede senti un po’ la botta. Così fa anche In the Morning.
Reason è la canzone più bella mai scritta in tutto l’universo. È quella che tira fuori la parte più debole di me e dopo (o prima di) giornate passate in ufficio insieme a gente brutta che pensa solo al proprio vantaggio per un gloria personale e per una carriera che spera da anni di fare ma non fa mai, o che si nasconde dietro alle critiche agli altri, di fronte alla quale non posso e non voglio essere me stesso, sentire tornare in vita la parte più debole di me, in macchina, a fine giornata, giusto appena prima dell’ora di punta sulla via Emilia, mi fa molto piacere. E venerdì ho scoperto per la prima volta che i Riviera in alcuni passaggi suonano come i Built to Spill. Tutto il mondo in quel momento mi sembrava suonare come loro, in realtà i Riviera in modo particolare, non è il suono, è la cadenza, il modo di creare il ritmo. Anche i Riviera sembrano “built to spill”. C’erano arrivati prima i Pavement, i Grandaddy dissero la loro mettendoci i suonini carini, i Built to Spill dissero fanculo tutto il resto abbiamo queste chitarre. E tracciando una linea che salta tutto quello che c’è nel mezzo per evitare che, se qualcuno legge, vada in schiuma, i Riviera possono essere alla fine di quel percorso, che pure è costruito per crollare alla prima obiezione colta, ma è il collegamento, l’impressione che viene fuori quando sei dentro a una canzone ed è personale e più forte della voglia di parlare di musica e di vita in modo universale alla ricerca di una frase che racchiuda il segreto della saggezza.
Dall’estasi alle fogne, c’è sempre una parte in cui mi deprimo un po’ dentro a There is nothing wrong with love, quella di Flying e Cleo, ma è una cosa buona: non è un disco monotono.
Twin Falls mi fa pensare di scrivere una pippa sui Beatles o Neil Young, lo faccio, non lo faccio? Piacerà, chi la legge cosa penserà? La prima regola è quella di fregarsene della risposta a questa domanda ma non è sempre così naturale farlo. I’m so tired e Zuma hanno occupato uno spazio rilevante nella vita. C’è stato un periodo in cui mio fratello suonava il basso nel gruppo in cui ero anch’io, era un gruppo, nel senso di alcune persone che s’incontravano senza nessuna particolare pretesa se non quella di martellarsi le palle. Per mesi abbiamo provato praticamente solo I’m so tired dei Beatles, perché ci piaceva, e i grandi dicevano che era “la base” di tutta la musica lenta che ascoltavamo in quel periodo, a occhio tutta roba lenta e storta. È finita che adesso odio I’m so tired come odio la sambuca da quella volta che mi sono ubriacato solo di sambuca molinari. Secondo i grandi, anche Zuma era la base di tutta la musica storta e lenta che era venuta fuori negli anni 90, quindi in quel momento era la base di TUTTO. Io incominciavo a pensare che c’erano troppe basi di tutto e a dubitare delle affermazioni dal tono assoluto. Quello che è costruito per crollare mi ha insegnato che quando le cose vengono dette con magniloquenza nascondono una pretesa, quella di essere vere per tutti, ed è una pretesa che non può esistere. Le canzoni deboli, che sembrano lì per lì per cadere, non mi hanno mai dato l’impressione di avere quel tono, quindi ancora non capisco il valore universale che i grandi gli volevano dare. “Built to spill” un modo per vedere il mondo, per ascoltarlo, con un filtro di insicurezza ma anche con la sicurezza enorme che quello è il suono giusto per te, o almeno per me. Non è giusto o sbagliato, è ancora il suono per me, perché mi piace molto il disco degli Unhappy.
I Built to Spill potrebbero essere quello che mi mancava tra Weezer e Pavement. La cosa divertente è la chitarra. Prova a rifare Distopian Dream Girl. Come fai a starle dietro? Si fa, si fa, diceva il mio amico Mario Macerone, e la faceva. Non è difficile, sono più difficili i Pavement, diceva. I Pavement però erano meno ragni sulle corde, i Built to Spill furono una grande novità da questo punto di vista. Il testo di Distopian Dream Girl non ha troppo senso, forse parla d’amore per se stesso, in alcuni momenti è facile in altri è difficile dire cosa intende. Forse è una canzone d’amore per la madre e indirettamente per il padre, visto che c’è uno stepfather e viene preso un po’ in giro. L’amore si definisce e non si definisce. “My stepfather looks / Just like David Bowie but he hates David Bowie“. Nella vita tutto ha aspetti nuovi e divertenti a seconda del punto di vista. L’amore è giusto, l’amore è sbagliato, dipende dalla situazione di chi ne parla. Secondo il titolo di There is nothing wrong with love ogni cosa è bella ma nessuno può dire che sia così. Il mio amore per esempio oggi sembra essere (in piccola percentuale) concentrato sullo smartphone, e questo secondo me è sbagliato, ma se parli con il social media manager del posto in cui lavoro, ti dice che è l’uomo contemporaneo. Se ho lo smartphone in tasca, quando parte la chitarra di Big Dipper mi sembra di sentirlo vibrare, ma non è vero. È questo il modo in cui una canzone di 20 anni fa si collega a adesso, con i colpi della chitarra dentro uno smartphone, vibrazioni che, se arrivano dentro un aggeggio di plastica freddo e duro, figurati come vanno dritto a uno con poca pelle come me.
A quella tipa che mi ha detto quella cosa lassù, in una compilation che le avrei fatto pochi giorni dopo avrei messo Car per via di quell’inizio così dolce da far schifo, che dice “You get the car, I’ll get the night”. Non propriamente un’immagine chiara e diretta, ma quelle confuse e vagamente romantiche sono le frasi migliori. Quello era il momento in cui uscivano i dischi belli dei Built to Spill, devo ammettere che Untethered Moon e There Is No Enemy sono stati una delusione, perché frignano, e non frignano come frignavano una volta, con una chitarra a cui con la testa sarei andato dietro all’infinito secondo le linee dei pensieri che traccia (per esempio) Stab di There is nothing eccetera eccetera. Frignano come se avessero perso forza, distorsione potente e assolo (a-solo?) senza regole ma con la regola di sembrare quello che non era, cioè quasi improvvisato. In realtà faceva parte di un disco tutto fatto in quel modo, un’idea di estetica della musica. E un valore estetico dura poco tempo, perché si evolve. Infatti Ancient Melodies of the Future era già diverso. Ogni cosa è stata diversa, a ridare un contributo ai canoni della MUSICA STORTA che in quanto canoni della musica storta, cioè in qualche modo libera da altri canoni ancora, non dovevano esistere e durare, ma cambiare di anno in anno, fino a quest’anno e a Untethered Moon dove si sono schiantati contro la propria stanchezza. È per questo che fa piacere ancora di più il disco degli Unhappy, anche per l’idea che porta avanti bene. Non ho mai pensato ai Built to Spill come a un gruppo da divano, di solito mi muovevo sulle punte, questa volta invece mi sono proprio trovato sul sofà ad ascoltarlo. Io sono invecchiato, ma anche loro. Noncuranti della vecchiaia e dell’amore per il divano, che da sempre in molti professano, e che è sbagliato ma allo stesso tempo è giusto, una certezza c’è, a meno che il cd che salta non fosse colpa del cd ma il primo segnale della mia macchina che mi dice che sta morendo l’elettronica (e quando muore l’elettronica, dopo muore tutto): ci troveremo, di sicuro i Built to Spill e io, a Milano il 18 novembre.