GREEN RIVER

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Da una loro metà si formarono i Mudhoney, dall’altra i Mother Love Bone, e poi boh il mondo è diventato un posto chiamato Seattle, si è chiamato così per qualche anno, poi vaffanculo, e oggi si parla soprattutto di alcune cose di quel posto, di altre meno, ma la verità è che tutte insieme erano diverse ma davano come l’impressione di una scena e che il tempo le ha un po’ divise ribadendo quella stessa verità, cioè che tutti gruppi erano parti musicalmente isolate, a sé stanti, e il risultato di tutto questo è che oggi i sopravvissuti costituiscono ciascuno una cosa a sè. Erano un insieme sfocato, fatto di elementi diversi, ciascuno con un proprio grado di appartenenza all’insieme stesso, e io cercavo di capire perché quegli elementi si trovavano in quell‘insieme, e quindi li separavo uno dall’altro, pur sapendo che il principio matematico mi avrebbe costretto a rimetterli dentro al cerchio. Il principio matematico era il Grunge e in quanto tale era rigido, non in grado di rispondere alle vere caratteristiche della musica. Si può dire invece che il post-Grunge sarebbe stato un insieme vero e proprio, perché il suono sarebbe stato codificato e i gruppi anche. Dopodiché l’originario insieme sfocato si è sfaldato, prima i gruppi venivano fatti rientrare nel cerchio, adesso non è più possibile.
I Green River sono il gruppo letteralmente seminale di molto di quello che è successo dopo di loro. Hanno cessato di esistere quando due volevano firmare con una major e due no. Erano gente coi capelli ruffi e occhiali da sole enormi. Gli occhiali da sole così grandi non mi sono mai piaciuti ma col tempo sono diventati parte della musica, direttamente associabile a essa, e oggi non è più possibile liberarsi di alcune delle immagini che definiscono quegli anni. Quando questo processo ha iniziato a succedere, quella musica è diventata un fenomeno di costume. Il risultato è che per i vent’anni di In Utero alcuni hanno deciso di vestirsi Grunge, per tutto l’anno.
I Green River hanno fatto un album (Rehab Doll, Sub Pop, 1988), due ep e un singolo. Unendo punk, blues e metal poteva venire fuori un disastro ma rimangono, riascoltati oggi, tanto meglio di gruppi invecchiati molto male, come i Soundgarden. A Seattle alla fine degli anni 80 c’erano mille band che ruotavano attorno alla Sub Pop, che con le sue miracolose compilation ha congelato per sempre piccole porzioni della storia della musica indipendente americana. Riascoltando i Green River mi sono ricordato che non mi piacevano tantissimo e ho scoperto che mi piacciono più adesso. Il bello di riascoltare dischi dopo anni è che si scoprono cose mai sentite prima. Oggi dentro ai Green River sono saltati fuori i Boys Next Door e/o i Birthday Party, geograficamente lontani e già sepolti all’epoca, e Rehab Doll ha preso di colpo un suono dark e post punk e così. Che sia uno dei migliori gruppi di Seattle si sa, perché hanno goduto delle energie giovanili di manici che poi hanno fatto strada in modi diversi, e si sente dal giro di chitarra di Porkfist, che mi è rimasto impresso finché ero liceale in cerca di chitarre solo distorte poi l’ho dimenticato, adesso è il giro definitivo.

Non ho la minima idea di quando tutto questo sia successo, nella mia vita intendo, di sicuro dopo il 1992, e di sicuro prima della fine del liceo.

Pissed Jeans, dal nuovo album Honeys due pezzi di circa 2m e 30s ciascuno

L’album nuovo dei Pissed Jeans, Honeys, esce il 12 febbraio 2013. Vediamo su You Tube due anticipazioni.
Cathouse. Si tratta non del pezzo migliore dei Pissed Jeans (sono su Facebook) ma della riconferma di una sottospecie di certezza: la loro storia ha segnato il cammino di Sub Pop con prepotenza. Urca. La prepotenza (anche) di questa di canzone, che ripete ignorante una formula potente, data da un ritmo tutto il contrario che aggraziato, dalle chitarre che girano sempre su se stesse e dalla voce che non è una voce ma è una gola, una delle migliori throat mai sentite nell’hardcore punk, nel post hardcore e così sia.

È sempre così quando si tratta dei Pissed Jeans, oggi non più dei loro primi tempi comunque: a un primo ascolto il tutto potrà sembrare veramente maleducato. Poi si scopre che la struttura ritmica è estremamente forte e si regge in piedi perchè la musica è costituita da pilastri enormi, e la voce è uno di questi. Non c’è una distrazione della batteria e del basso che possa far pensare a una struttura priva di intensità: la sezione ritmica viaggia dritta come un fendente diretto dove più vi scandalizzereste, la chitarra la fà da padrona e sguazza nella perfezione creata da batteria e basso. La perfezione è quella del tipo sporco, una cosa come i Melvins. Da ciò ci guadagna tutto il pezzo Cathouse, che risulta quadratissimo nella sua semplicità: intro di batteria-chitarra, accellerazione-voce, decelerazione e di nuovo accellerazione ripetute, coda di parole fino all’assolo che apre alle ultime grida del pezzo.

Bathroom Laughter è in giro da un pò ma questo live non l’avevo visto. È la prima canzone di Honeys. Ripartono quindi da qui e riparte daccapo la perfetta combinazione di ritmo pesto e suono pieno come un uovo, guadagnando bellezza nell’apertura centrale e finale della chitarra. E se qualche passaggio ricorda l’incredibile miracolo, ballabile e maleducato allo stesso tempo, messo a segno con False Jesii Part 2 (album: King of Jeans, Sub Pop 2009), vedremo con il nuovo album a quale livello assesteranno il colpo i Pissed jeans, se a quello di King of Jeans o meglio ancora all’altezza di Hope For Men (Sup Pop 2007), fantasioso e ricco di suoni, e del molto più fottuto Shallow (Parts Unknown 2005), che si apriva con I’m Sick e Boring Girls.

Classifiche musica 2012 – 3 album cupi da ascoltare quando lo spread sale

Pissed Jeans live. Fonte: whitedenim.com/pissedjeansCi sono pipponi atavici e pipponi di moda. Uno dei migliori pipponi di tutti i tempi, che non passa mai di moda, una certezza solida, è uno scontro di modi di pensare: “Ascolto musica triste quando sono triste” VS “No, quando sono triste ascolto musica che mi faccia reagire”. Proprio di questo pippone mi faccio promotore, senza farla troppo lunga, prendendo posizione e dicendo solo che in tempi trucidi mi piace la musica ruvida, perchè è così che provo soddisfazione. E poi penso: “Ehh, che canzoni ruvide ascolto oggi che c’è la crisi! ‘Sti tempi bui se la meritano ‘sta musica dura”. In tutto questo uso aggettivi come rude, cupa, ruvida, dura, dando loro erroneamente lo stesso identico significato. E il significato è: non è più bello far lievitare il fastidio, è diventato bello costruire un muro di chitarre per difendersi e attaccare. Yeah.

È per questo che nel 2012 sono usciti gli Unsane con un album nuovo, Wreck, per Alternative Tentacles: questo è l’album definitivo da ascoltare proprio nel mentre in cui lo spread sale. Non dico altro.

The Laughing Stalk, WovenhandPoi c’è The Laughing Stalk (di Wovenhand su Glitterhouse) che con gli Unsane forse non c’entra niente, ma ha lo stesso scopo, incupirsi in modo positivo, propositivo. Non c’è modo migliore di accompagnare i brindisi di fine anno se non con il groove serio e buio di Long Horn. Uno dei momenti di utilità massima Long Horn lo raggiunge quando David E. Edwards abbaia. La salvezza dallo spread è concessa dal fatto che la cadenza di tutto l’album è lenta, ma è un incedere implacabile e per niente arrogante. Questo è l’atteggiamento giusto, quello di The Laughing Stalk, la title track. E la chitarra di King O King, prima quatta quatta nella strofa poi esplosa nel ritornello, e ancora nell’assolo, potrebbe contenere il suono e il ritmo giusti attraverso i quali filtrare la realtà e capire.
Closer e Maize sono la quiete tra le due tempeste (King O King che viene prima e Coup Stick che viene dopo).

Il vago stoner religioso che aleggia sotto le note di Wovenhand non deve far paura. Anzi, è il caso di correre con lui se la batteria aumenta il ritmo e s’incrocia con le chitarre come fa in As Wool, la canzone dell’assalto, mentre alla Nick Cave David E. Edwards urla invasato “the Lord is God”. E poi evaporiamo sotto i colpi dei piatti della batteria di Glistening Black, dopo aver seminato potenza.

Metz debut albumL’atteggiamento negativo del ragazzo in copertina del primo album dei Metz (Sub Pop Records) non è da prendere sul serio e il Negative Space che chiude il disco è quello in cui far sprofondare, almeno per due minuti, non noi, ma le facce che non ci piacciono. L’atmosfera si fa più giocosa, apparentemente non c’entra più il Lord di The Laughing Stalk, ma solo una batteria, un basso e una chitarra insieme. Meno raffinati sono gli intrecci rispetto all’ultimo Wovenhand, più insistiti non solo perchè ancor più ripetitivi ma anche perchè martellano in modo diverso, senza ritegno. The Laughing Stalk e i Metz sono due lati di una stessa medaglia: pestano entrambi ma Wovenhand ci aiuta con la varietà di strade che ci offre di percorrere, i Metz sbattono la testa contro il muro in un solo punto: è lì che dobbiamo martellare, solo lì, vedrete che prima o poi diventa rosso, poi crolla. Così succede in Knife in the Water. E la Nausea di metà album non è la nostra, è degli altri, è un assaggio del Negative Space. I Cramps virati in un muro di suono non scalfibile (Wet Blanket) danno la forza per pensare che questo sia l’attacco ideale e che nell’idea Metz ci sia tutta la positività del rock’n’roll: poche lacrime da pessimisti, che dobbiamo fare se non accerchiarli con il suono?

Questo succede in Wasted e The Mule. The Mule è il ciuccio che tira testardo nella stessa direzione, canticchiando pure un ritornello orecchiabile, accompagnato sempre da una chitarra, un basso e una batteria che si muovono e suonano insieme, spingendo spingendo spingendo. E, dolce dolce, alla fine il basso si distacca un pò. E arriva anche il rumore dei lamenti di quelli che son chiusi nel Negative Space.

Tutto era iniziato con Headache, che parte come meglio non potrebbe partire un album, ma fa anche un pò rabbia, perchè si gigioneggia un pò. Forse è questo il trucco giusto per ottenere la ribellione che ci vuole: il power pop è dietro l’angolo, ma non si palesa mai perchè interviene sempre qualcosa che lo allontana, chessò un ritmo spezzato, anche banale (Sad Pricks), uno strillo di gola (Rats, gran pezzo), o altro. The (International) Noise Conspiracy sono dietro l’angolo a lanciare i loro anatemi anti-capitalisti ma poi arrivano gli Shellac e spaccano tutto contro lo spread che cresce, con intelligenza però.
I Metz suonano il 20 febbraio a Milano (al Ligera), il 21 a Roma (Traffic Club) e il 22 a Bologna (Freakout Club).

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E ora, la chicca. Bathroom Laughter è il nuovo video dei Pissed Jeans, dal nuovo Honeys che uscirà il 12 febbraio 2013, per Sub Pop.

Pensate di far ascoltare Bathroom Laughter ai colpevoli delle oscillazioni dello spread. Immaginate di essere il tecnico che sistema le cuffiette che i banchieri e i capi di governo utilizzano per ascoltare la traduzione delle relazioni dei colleghi che parlano una lingua sconosciuta, immaginate di far partire in quelle cuffie Bathroom Laughter invece della voce suadente di una traduttrice. Se mettessimo una canzone pop, ci sarebbero dei risolini, un pò di imbarazzo, e basta. Con Bathroom Laughter i nostri capi si altererebbero.
Ed ecco il mio di anatema: il pop mente, la musica ruvida ci salva.