Scoprire le cose in ritardo non è mai bello per sto cazzo di internet che impone di essere sempre sul pezzo per qualsiasi cosa. Se, per caso, per una semplice fatalità, internet a casa non funziona, sei fottuto – scusate la volgarità, ma sono sprovvisto di smartphone. Se funziona, possono accadere cose grandiose, o grandiosamente tristi. Per esempio tra il 4 e il 5 agosto si è diffusa molto rapidamente la notizia della morte di Jason Noble, uno dei musicisti rock più estrosi degli ultimi 20 anni (ha messo lo zampino in gruppi come Rodan, Shipping News e Rachel’s). La notizia è stata diffusa dalla moglie, attraverso una pagina web che gestiva con il marito, e milioni di persone hanno condiviso il lutto. Era successo con MCA, e con tanti altri.
Ne approfitto per salutare Jason Noble: dopo anni di lotta contro il cancro, ci lascia un’eredità fantastica.
Guardando alcune foto di Jason Noble ho notato una somiglianza chiara e lampante con Craig Thompson (www.dootdootgarden.com) giovane. Lo scorso anno, per Natale, ho letto il suo Habibi (2011), una storia grandiosa. Così mi sono informato. Sul web ovviamente c’è un patrimonio d’informazioni più prezioso del primo soldo di Paperon de’ Paperoni e, dopo troppo attendere, ho deciso di portarmi a casa dalla mia libreria preferita un altro suo graphic novel, precedente: Blankets (2003). Dopo Habibi, bisognava completare il percorso, anche se in ritardo e all’indietro. I ritratti del Thompson adolescente contenuti in Blankets lo rappresentano incredibilmente somigliante a Jason Noble. Ma cosa dici! diranno molti di voi. Non rompete i coglioni, le somiglianze sono soggettive. Vi dirò di più, Craig Thompson assomiglia anche a un mio amico. Vale la proprietà transitiva.
Se non che, pochi giorni fa ho iniziato a leggere Blankets. È un romanzo autobiografico che racconta il rapporto dell’autore con la famiglia, la scuola, la religione, l’amore e se stesso. È tutto un casino, perché Craig è un ragazzo sensibile e acuto che si fa un sacco di domande ed è diverso dai bulli che frequentano la sua scuola e i campi scolastici. È tutto un casino perché Craig vede le cose da un altro punto di vista e non le accetta così come gli vengono imposte, è solo apparentemente remissivo. È tutto un casino perché a Craig la religione, così come gli viene insegnata, gli sembra strana e il suo rapporto con Dio non è facile: ne riconoscerà sempre l’esistenza ma (gradualmente) non riconoscerà la validità di tutto ciò che l’uomo ha costruito attorno a Dio. È tutto un casino perché Craig capisce che la sua famiglia ha difficoltà economiche, ma non comprende alcuni atteggiamenti aggressivi del padre, di cui ha paura. È tutto un casino perché Craig ha trovato l’amore in Raina, una ragazza diversa, simile a lui, che abita a 600 km di distanza, con una vita complicata e dura. È un casino, insomma. È un’altra storia difficile (anche Habibi lo è) che racconta di personaggi forti ma isolati, che per un motivo o per un altro devono lottare per campare.
L’insegnamento della religione è il mezzo attraverso il quale si corre il rischio di rovinare le infanzie, in America come in Italia. La religione, non l’indottrinamento, ne paga le conseguenze, appare in una luce negativa, ma potrebbe anche essere interessante e nascondere aspetti positivi. E questo Craig lo capisce. Craig accetta e vuole Dio, ma s’interroga su tutto il resto. E a un certo punto arriva a darsi risposte precise, e decise. Il percorso religioso che Craig Thompson reale farà sarà lungo perché, dopo Blankets, studierà per anni per scrivere Habibi, un libro sul Corano. Un denominatore comune delle due opere è l’interesse per il linguaggio, la parola, la traduzione da una lingua all’altra e la traduzione dal punto di vista filologico: Thompson è attento a questi elementi quando legge i testi religiosi; per questo è per noi interessante vedere quanto di, e come, questo interesse si riversa sulla pagina del fumetto. Rispetto ad Habibi il linguaggio tradisce una maggiore semplicità, la quale, per assurdo, fa trasparire una sorta di distacco dai fatti (personali) raccontati, segno (FORSE) di un’elaborazione in atto. Il tratto di Thompson in Habibi raggiunge la perfezione, lo studio dei caratteri arabi eleva non direi il livello del disegno, ma la sua precisione. Blankets è decisamente più impreciso, è più inquieto, forse più immaturo, si, ma è un’immaturità del tratto che restituisce tantissime sfumature della personalità dello scrittore e di ciò che accade intorno a lui. Ci sono quelle macchie nere, quelle code d’inchiostro che invadono la pagina sfilacciandosi, che sembrano i capelli di Craig da giovane e sottolineano il contrasto tra lui e tutto il mondo, tranne Raina. Quando Craig cresce (sulla pagina lo fa – per forza, per natura e per assunzione di nuove consapevolezze – attraverso una metafora splendida sulla neve e il Mito della caverna) le macchie nere scompaiono e si ragiona di più per contrasto, sia dal punto di vista del disegno, che da quello del rapporto Craig/Mondo. In questo cambiamento, l’amore, il suo sviluppo e la sua fine giocano un ruolo fondamentale.
Il respiro dei due graphic novel è differente. Il passo compiuto con Habibi è enorme: Habibi è l’affacciarsi a un mondo per lo meno diverso da quello in cui l’autore è nato e di cui ha subito l’educazione, è allargare gli orizzonti, è capire chi è lontano da noi. Craig adolescente faceva fatica a sopportare una serata a una festa perché non corrispondeva alle sue aspettative. Craig universitario comprende qual è il male principale della religione, per la quale l’uomo s’impone di non vedere ciò che c’è intorno.
Forse, proprio in questa riflessione di Blankets stanno il seme e il perchè di Habibi.
Opere universali che diventano da subito grandi eredità.
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