
Dal profondo
Le vacanze di Natale sono un po’ così: ti svegli la mattina con un po’ di mal di testa ma non prendi nulla perché comunque è un mal di testa leggero, allora sonnecchi per un po’ nel letto ancora caldo, poi ti alzi di nuovo e mangi un biscotto. Poi sonnecchi un altro po’ sul divano, ti svegli canticchiando mentalmente un motivetto di cui non ricordi il titolo. Poi passi davanti alla libreria e spulci qualche libro, ne scegli uno e te lo porti sulla poltrona dove incominci a leggerne qualche riga ma smetti subito perché hai ancora in testa quel motivetto. Allora appoggi il libro sul bracciolo del divano e cerchi di fare mente locale per capire che diavolo di canzone stai canticchiando da quando ti sei svegliato. Niente! Non ti viene in mente. Fai un giro per la stanza camminando avanti e indietro ma non ti viene in mente nulla. Ogni ipotesi che fai la scarti subito dopo. Allora provi a pensare a tutt’altro sperando che per quegli strani processi mentali ti venga poi l’illuminazione. Ma ancora niente! Poi tua madre ti chiede cosa vorresti per pranzo e quando pensi a cosa ti andrebbe, ecco la folgorazione! È la sigla dei Simpsons che stai cantando da due ore mentre passavi al setaccio tutta la tua conoscenza musicale pensando a chissà quale oscuro gruppo new wave. Ti consoli dicendoti che pure i Sonic Youth hanno fatto una comparsata nei Simpson rifacendone alla loro maniera la sigla ma poi incroci lo sguardo sconsolato di tua madre e le dici “pastaefagioliconlecotiche”. Dopo pranzo sonnecchi di nuovo sul divano. Che belle le vacanze di natale. Sono le 4 pm. Ci sono obiezioni se torno a dormire adesso? (Giuseppe)

Sick Of It All dal 1995. Seri.
Correva l’anno 1995, precisamente il 6 giugno. Quella sera mi presentai al Velvet per assistere alla tappa riminese del tour che vedeva assieme H2o, Civ e Sick Of It All. I primi erano al loro primo effettivo tour nelle lande europee, e nel corso degli anni torneranno a visitarle parecchie volte, diventando un gruppo molto conosciuto in ambito hc. I Civ, anch’essi alla prima europea, erano nient’altro che i Gorilla Biscuits, senza Walter e nella loro ultima incarnazione (a parte Porcell). I Sick Of It All, bhè, se bazzicate un po’ la scena li avrete di sicuro sentiti nominare. Non nascondo che ero davvero felicissimo di potermi gustare tre act così importanti (almeno per me), a pochi chilometri da casa, ovvero Cesena. Tenete poi conto che all’epoca (ma pure oggi) sono un fan sfegatato di Gorilla Biscuits, Civ e naturalmente Sick Of It All. Il concerto scorre via che è un piacere, stage diving mosh, io me ne sto un po’ a lato (ho sempre odiato farmi male e soprattutto sudare, ahahah!), pezzi dei Gorilla Biscuits, eccetera. Se nonché, a un certo punto del set dei Sick Of It All me ne sto vicino al pit assieme a Diego (che ai tempi suonava la batteria nei Konfettura e poi sappiamo quasi tutti che musicista sopraffino sia ai giorni nostri) contento come una pasqua, perchè i SOIA stanno spaccando (e posso confermarlo, pure nel 2016, visto che continuo imperterrito ad andare a vederli). Bene, non so come non so perchè, mi arriva un bel pugno in pieno occhio destro. Nella foga, un punk vicino a me, aveva alzato troppo il braccio e mi aveva centrato in pieno. A botta calda, rimango un po’ interdetto, Diego se ne accorge subito e comincia a osservare il mio occhio. Fortunatamente, non successe nulla di grave. Il punk si scusa immediatamente, io gli dico che è tutto ok, e proseguiamo a gustarci il gruppo dei fratelli Koller. Da quella volta mi sono successi altri incidenti (tipo esser tirato giù dal palco durante un concerto dei 100demons in Belgio mentre scattavo foto, oppure una manata in faccia di recente a un concerto dei Mindset in Germania e tanto tanto altro) ma questo è quello che mi è rimasto più impresso. Ora il Velvet non esiste più, i Sick Of It All e gli H2o continuano a macinare chilometri su e giù per il mondo, i Civ si sono sciolti (ma hanno toccato il Rock Planet tempo fa per un tour reunion estemporaneo), in compenso sono tornati i Gorilla Biscuits (che ho visto un bel po’ di volte), ma soprattutto sono ancora qui, a quasi 38 anni suonati, che mi gingillo ancora con l’hardcore. Alla faccia di quelli che affermano che è solo una moda passeggera, ahahaha! (Marco Pasini)

Carlton vive e qui è in una foto dal suo annus faticosus: il 2014
Il 29 o il 16 dicembre 1966, va a capire, wiki dice una cosa Repubblica dice l’altra, la cover di Hey Joe di Jimi Hendrix entra nella classifica inglese. Da quel momento inizia la carriera del napoletano, come lo chiamava un mio amico di Avellino. Brevissima carriera: 4 anni, è morto nel 1970. Niente di meglio, immaginate cosa si sarebbe messo a fare pirullando con la chitarra nella vecchiaia. Hey Joe è di Billy Roberts, anche se alcuni l’attribuiscono a Chester William Powers, detto anche Dino Valenti, per darle quel non so che di italo rock che se si parla di Jimi, da quando il mio amico mi ha detto che è di Napoli, viene sempre buono. Di cover di Hey Joe ne sono state fatte una follia e di solito, nonostante la diversa paternità, si dice la cover di hey joe di jimi hendrix. Nel 1993 la cover di hey joe di jimi hendrix l’hanno fatta i Body Count. All’epoca sembrava riuscitissima: la voce di Ice T assomigliava molto a quella di Jimmi Bomba, e andava fortissimo in tutte le Feste dell’Unità. Se l’ascolti adesso è un tentativo di fare una roba tosta però rivista un po’ sui giri e gli assolacci di chitarra grugne che andavano per la fortissimo in quel momento. Ha di memorabile il video, che inizia col ragazzetto che scappa tra le case distrutte, non si capisce se si trasforma in un ballerino e anche della storia francamente non si capisce una sega. E ha di memorabile il chitarrista, uguale al cugino di Willie il Principe di Bel Air, Carlton. In sede di montaggio si è deciso di fare più volte campo-controcampo di Carlton con Jimi e con un bidello che fa le pulizie e talvolta tracanna con sguardo felino una boccia di whisky che nasconde nell’armadietto. Gli ambienti sono vari: il cortile di un ospedale, il corridoio di un ospedale, una stanza d’ospedale (e poche altre indefinite location che però non interessano a nessuno). A un certo punto uno muore, dei tipi si scambiano dei dollaroni e il bidello beve dall’armadietto. Poi alla fine Carlton, vestito sempre da rapper che smandrilla nella chitarra, lancia il suo assolo travolgente mentre passa una signora sulla sedia a rotelle e un prete si beve tutto il vino dell’ostia – individuiamo un tema principale: l’alcol. Qui l’ambiente è diverso: una chiesa di un ospedale. Ma i Body Count suonano per la maggior parte del tempo il quel cortile, che assomiglia tutto al cortile del Liceo in cui, in un torbido giugno, durante la festa di fine anno scolastico, ho avuto un dialogo che mi torna in mente ogni volta che sento Hey Joe dei Body Count. A quel tempo suonavo la batteria e non è che fossi scarso, però quel contro tempo alla fine della strofa di Hey Joe, che nella cover è molto più tamarrizzato rispetto all’originale, mi veniva una su venti. Qualche volta me la sono messa anche in cuffia e l’ho suonata in diretta, ed ero quasi ok, ma quando la davano alle feste dell’unità, con le mani in tasca, seguivo il ritmo con le ditine e non sempre azzeccavo le battute del rullante. Quel giorno, durante la festa di fine anno in cortile, il dj era uno patito di Jimi Hendrix, c’assomigliava pure, e andava matto per la cover dei Body Count. Quindi, a un certo punto l’ha messa su a tutto volume, come simbolo dei nostri tre mesi di libertà estiva. In quel momento stavo parlando con un’amica di vecchia data e una sua amica, che in seconda media era stata la mia morosina, mi aveva lasciato per telefono e io ero ancora un po’ risentito. Mentre la voce di Jimi T risuonava tra quei caseggiati grigio-bianchi, volevo fare lo sciolto e per aiutarmi mi infilai nella mia sfida: il rullante in tasca. Mentre beccavo le battute meno del solito, la mia ex mi chiese “Ma tu la sai suonare questa con la batteria?”, io risposi “Si” e lei mi guardò con approvazione. Che sia il 16 o il 29 dicembre 1966 il giorno in cui Jimi iniziò il cammino verso il paradiso delle rock star non mi frega, quello che volevo dire qui è che mi sentii il più figo della festa. Tanto che le risposi “Visto chi ti sei lasciata scappare?”, col pensiero, e andai a cercare la boccia di whisky nell’armadietto del bidello. (Trucco)
Il buio metallizzato l’ha inventato Maurizio Blatto.