djsco wok end – Creamy Tales dei Big Cream

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È sabato pomeriggio, sto leggendo il giornale e ascoltando un disco con le cuffie e sto pensando che non c’è niente di meglio da fare al sabato pomeriggio che ascoltare un disco con le cuffie e leggere il giornale, se sei da solo. Il disco è quello dei Big Cream, Creamy Tales. Mi ha fatto venire in mente chi, ascoltando questo disco, ne criticherebbe le imperfezioni. Gente con la mania che un disco sia perfetto, che una batteria non sia mai indietro, che non ci sia nessuno sfasamento tra lei, la chitarra e il basso. Sono mostri non tanto lontani da noi in fondo, o per lo meno da me: ne ho uno anche in ufficio. Di sicuro ha una visione della musica diversa da quella che ha il 50% delle persone lì dentro, ma con i gusti non ci becchiamo proprio. Quindi ho concluso che il disprezzo musicale reciproco può esserci anche tra persone che cercano nella musica qualcosa di più che non siano i Coldplay, cosa che è abbastanza scontata in alcuni momenti della mia vita, ma non lo è per la maggior parte delle ore dei giorni della settimana, che trascorro in ufficio. Così, a pensarci adesso che è sabato e sono almeno 10 km distante da quel posto, posso dire che della loro opinione non me ne frega un cazzo e che penso che la verità stia da una parte sola, cioè la mia. E mentre ascolto Creamy Tales la mia verità è che non c’è niente di meglio di questo tipo di rock che unisce un sacco di cose diverse che appartengono all’uomo di sempre: tristezza, rabbia, gioia, malinconia. Che io sappia, l’uomo si è sempre arrabbiato, sentito triste, felice o malinconico. Nel Medioevo come nell’antica Roma, all’inizio del ‘900 come oggi e come quando girava con la minigonna di pelliccia. Invece, la chitarra di Joe Bonamassa cosa mi dà? Niente, al limite un po’ di tristezza. Dentro a Creamy Tales ci sono tutte le cose che sono state scritte in altre recensioni: Dinosaur jr, Sebadoh, Nirvana, Pixies, Pavement, i primi più significativi Yuck, anche se per me i primi Yuck non è che abbiano avuto più significato di quanto ne abbiano gli Yuck di adesso, cioè quello di un gruppetto. Però la cosa che ho sentito di più dentro all’ep (6 canzoni) dei Big Cream è l’abbandono di Something in the way dei Nirvana, declinato in modi diversi, con più ritmo, con più energia, con più voglia di vivere. Un abbandono energico. È possibile? Boh, evidentemente se l’ho sentito dentro ai Big Cream è possibile. Ci sono pezzi che qualcuno definirebbe derivativi, ma sono cose belle (come ha già detto quel gran figo di Arturo Compagnoni). Belle è l’aggettivo migliore che mi viene in mente e che usavamo sempre prima che uno squallido intellettualismo prendesse possesso dei nostri cervelli e impoverisse la loro capacità di volare a partire da un unico semplice aggettivo: sono belle le chitarre all’inizio di What a mess; la voce in Sleepy cloud, il suo ritornello e relativi cori, la chitarra che pare una bestia sofferente che non dà tregua al padrone che deve salvarla, vuole farlo, ma non sa come; il basso e il cratere chitarristico che si apre al  minuto 2:08 in Sleep therapy; gli stacchi della batteria che c’è poco dopo – e a questo punto io ci sento anche i Fugazi e i Karate, quindi questi ragazzi aprono anche a interpretazioni impreviste e imprevedibili, non solo a quegli anni 90; il fatto che ci siano due canzoni di fila con la parola sonno nel titolo; la melodia di Space collage. E secondo me a questi ragazzi (di tre che sono ne conosco più o meno uno e mezzo) piacciono anche i Male Bonding (Slush, la più Something in the way di tutte – leggi grande tono scazzato – anche se più veloce), che poi tutto il tono dei Male Bonding è derivativo di Something in the way, quindi tutto torna come in un calcolo matematico anche se matematico in questo mondo incerto c’è poco poco. Poi via, si va avanti nell’ascolto di questo ep che non può fare altro che mettere una botta nel vostro week end se avete un minimo di gusto musicale e visione per apprezzare quello che si può fare con tre strumenti e tre amici. Abbiate pazienza, io passo tutti i giorni NON con colleghi a cui NON frega un cazzo di musica e non ne parlano ma che hanno gusti musicali diversi dai miei e li ritengono gli unici possibili. Nel week end devo sfogarmi. Creamy Tales dei Big Cream è un ottimo modo per farlo e per concentrare il cervello su qualcosa di creativo. perché, guardate, che questo disco non è solo un omaggio a quel tipo di musica, dentro ci sono delle belle idee. Sentitelo, vedrete che è vero.

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