Fine Before You Came, Come fare a non tornare (La Tempesta, Legno)

Fine before you came, Come fare a non tornare (La Tempesta, 2013)

In un ascolto a rovescio degli ultimi tre dischi dei Fine Before You Came uno dopo l’altro (nell’ordine Come fare a non tornare, Ormai, Sfortuna) mi sono reso conto che gli ultimi Fine Before You Came mi piacciono di più dei Fine Before You Came di mezzo (prima di Sfortuna c’è altra roba che non ho incluso perchè non ho ancora capito se mi piacciono più gli ultimi o i primi).
Un ritorno che non aspetti è sempre molto gradito, e i Fine Before You Came son tornati all’improvviso e all’insaputa, almeno mia. Le pestate di Come fare a non tornare (La Tempesta dischi e Legno, download libero qui, c’è anche il file con i testi), al decimo ascolto dalle 10 di ieri sera, non sono un vero e proprio ritorno, almeno non fino in fondo, sembrano più tranquille, più pacate, ma dense di un’inquietudine (la stessa del disco prima, e questo si che è un ritorno) che molti la vedono col binocolo. E allora Come fare a non tornare me lo ascolto a ripetizione, e i motivi sono diversi.

“Ci sono un paio di cose che proprio non tornano/Nonostante questo non cambieremo mai” (Alcune certezze)

“Niente di tutto questo mi piace davvero/Ma so che la mia fortuna è averlo” (Dura)

Bastano queste due citazioni per smontare la tesi di chi afferma che la musica italiana di un certo tipo è ferma, immobile, fa schifo, si ripete, è troppo ossequiosa nei confronti del passato cui esplicitamente fa riferimento. Anche se queste righe e queste note fossero immobili, da sole basterebbero a fare esplodere in chi le ascolta la tigna della tigre. Facendo una specie di parafrasi non richiesta dei pezzi di testo riportati sopra: le cose non tornano, quindi cambiano, ma noi non cambieremo mai; tutto questo non è bello, ma è la mia fortuna, quindi è bello e mi devo autoconvincere che lo sia, oppure scappo. Ci sono cose così profonde che devono essere espresse per forza spiazzando, deviando chi ascolta, facendogli pensare che la conclusione sia diversa da quella che poi sarà davvero ma dandogli allo stesso tempo parole sincere.
Sempre a proposito delle parole, che alle fine dei conti sono importanti, almeno tanto quanto gli abbracci: il titolo. L’ho già scritto un’altra volta, ma questa cosa mi piace così tanto che la ripeto. Come fare a non tornare è ingannevole, perchè ti induce a pensare che dentro al disco ci sarà una soluzione, poi però dentro si dice “Noi non sappiamo come fare a non tornare” (Discutibile). La soluzione non c’è perchè non ci deve essere, l’importante è smuovere le acque.
Credo che un’attenzione così precisa ai testi (poi magari i Fine Before You Came i testi li scrivono senza neanche pensarci troppo, non lo so) dia alla musica un forza che la mette nel culo a quelli che cercano di sminuirla.
La batteria di questo album va dritto senza troppe menate ed è una specie di simbolo (passatemela) di tutto il resto. Quando mi accorgo che le chitarre sono così circolari da isolarti e darti la spinta, sono già isolato e mi hanno già dato la spinta, e sono dentro al disco. Trovo insuperabile il modo che Bastonate ha scovato per dire cosa sono questi 5 pezzi nuovi, con una cam che riprende l’autore della recensione che fatica ma gode ad andare contro vento in bici, con Come fare a non tornare nelle orecchie. E se provate ad ascoltare Una provocazione guardando il video funziona.
Dai che l’assolo all’inizio di Dura da ora in poi non ce lo leva più nessuno dalle orecchie. Ripetitivo, obscuro, di fatto realmente paralizzante. E se dopo Dura fate partire Dublino (album Ormai – iTunes và dritto già senza bisogno che gli diciate niente) capite che, se in tutti questi anni abbiamo detto tante cose e ne abbiam fatte così poche, però in qualche modo almeno i Fine Before You Came sono cambiati, a partire dalle chitarre che là cazzo erano molto più taglienti e qui non lo sono più. Altro valido motivo per ascoltare a ripetizione Come fare a non tornare: la consapevolezza.
Perchè comunque ad ascoltare certe cose si migliora e ci si sente meglio e allora non c’è motivo per cui smettere di ascoltarle.

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