Habibi di Craig Thompson

Un tomo di 665 pagine. Una storia semplice: un bambino, una ragazza, prima insieme, poi separati e lontani per molto tempo, per un tempo di violenza sul corpo, femminile e maschile, e sull’anima. Un graphic novel su due esseri sfortunati che si rincorrono, o per lo meno tentano di farlo e non smettono mai di pensarsi.
Ma… fermi un attimo! Non so se vi è mai capitato di essere colpiti da un incantesimo che tutt’ora vi possiede o che vi ha posseduto per un pò. Esistono incantesimi brevi e incantesimi vitalizi, per una donna, un libro, un disco, la cioccolata, un certo tipo di prosciutto o salame, un film, uno sport, una merendina, un fotografo, una passione, un programma alla TV e mille altre possibili cose. L’autore di Habibi parla di un incantesimo con gli occhi languidi, e questo ci piace. Here’s… Craig Thompson.

Chiusa parentesi, basta divagare. Habibi. Cè Dodola, che passa dall’essere bambina all’essere ragazza e poi madre in un lampo veloce, veloce come il sesso che è costretta a fare con tutti gli uomini che le fanno pagare cibo e bellezza. E c’è Zam, bambino e poi uomo in un tempo altrettanto rapido, Zam che trova nella ragazza una madre e un amore puro che finirà per essere fatto anche di attrazione sessuale, di impossibile sfogo.
Per Dodola, il soprannome di Zam è Habibi (“mio amato”).
Dodola è la rabbia repressa dagli uomini cui deve sottomettersi o ai quali decide di sottomettersi per necessità, per dare da mangiare a Zam. Ma la rabbia e la disperazione talvolta esplodono e creano casini tanto grandi quanto piacevoli, per chi legge. Zam è l’acqua: la cerca e la trova per Dodola. E’ il bambino-uomo che trasforma in dolci e comprensivi gli occhi di Dodola, li porta lontano dalla rabbia: Zam è l’acqua che spegne il fuoco. Non c’è nessun tipo di rapporto sessuale tra Zam e Dodola: è realmente impossibile. Eppure, leggendo, non speri che scopino, speri che si incontrino di nuovo e che stiano insieme per sempre.
Habibi è la fame, la fame di cibo e la fame di amore. Ma è anche tensione, di fronte al cercarsi e pensarsi dei due protagonisti, e divertimento amaro, di fronte ai miserabili o ricchissimi (non fa differenza) uomini che abusano di Dodola. Habibi è anche, mi pare, Noè, folle purificatore dell’acqua marcia nel povero villaggio a sud della ricca terra di Wanatolia, ingenuo pescatore di lische e detriti da collezione, salvatore delle due anime vaganti Zam e Dodola, generoso traghettatore.
C’è anche il Palazzo del Sultano, viscido e molle poligamo che sceglie le proprie compagne per la notte con un metodo che ricorda quello del padrone di casa di Lanterne rosse. Habibi è anche questo, il Palazzo del Sultano, pieno di servi, di lacchè scoreggioni, dominato da una bizzarra classifica di bellezza e bruttezza in base alla quale si stabilisce il livello di sottomissione al Re. Naturalmente, tutte le donne più belle sono vicinissime al Sultanone, e Dodola è costretta tra queste.
Habibi è la definizione del bianco e del nero che lo dominano e lo invadono, ed è la calligrafia, la precisione dell’alfabeto arabo, le pagine piene di citazioni e segni calcolati, motivati, significativi (grande scoperta le note a fine tomo).

Poi, oltre e attraverso tutto questo, Habibi è il racconto delle differenze tra mondi poveri e mondi ricchi e delle somiglianze soprendenti tra Cristianesimo e Islam. Habibi è a tutti gli effetti un romanzo di formazione, dentro il mondo islamico.

Craig Thompson, prima di tutto ciò, ha scrittto il graphic novel Addio Chunky Rice (199), i mini comics Bible Doodles (2000) e Doot Doot Garden (2001), Blankets (2003) e Carnet de Voyage (2004), i due graphic novel che precedono Habibi. Mentre stava scrivendo Habibi, Thompson ha dichiarato: “Sto facendo con l’Islam quel che ho fatto con il Cristianesimo in Blankets“. Ed è per questo che, avendo letto Habibi e non avendo letto Blankets, essendo io sempre avanti, ben presto me lo sparerò.

Leggi il post su Blankets

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