Wilco, i denti estivi spuntano fuori d’inverno

Wilco

Wilco Live

Da un pò di tempo ho iniziato a ripassare. In attesa del concerto dei Wilco del 9 marzo 2012 a Bologna, ho tirato fuori il loro “Summer Teeth” e ho pensato una cosa che avevo già pensato. Cioè che Via Chicago potrebbe essere considerata la canzone più semplice e commovente dei Wilco, se non ci fosse She’s a Jar, se non ci fosse We’re Just Friends e se non ci fossero Can’t Stand It, che non è commovente ma ha una chitarra da paura, e la doppietta Pieholden Suite + How To Fight Loneliness. Insomma, è una gran fatica, ma ciò significa che questo è un album sorprendente.
Ecco ora cos’altro ho ascoltato.
Sono partito da “Being There” e ho raggiunto la consapevolezza che, in effetti, ha qualche nota country di troppo, soprattutto verso il finale (19 tracce in tutto); poi, per non perdere il contatto con “adesso”, ho ributtato nel lettore “The Whole Love” (l’ultimo disco, l’ottavo, uscito da poco), uno dei vertici artistici toccati dalla fantasia della band; ho (ancora) capito che “Yankee Hotel Foxtrot” è difficilmente emulabile in quanto ad arrangiamenti/ritmi/testi e che “Sky Blue Sky” è, ora, per me, troppo riposante. Detto tutto questo, posso dire anche che “Summerteeth” ha risalito in fretta i gradini di un’immaginaria classifica dei preferiti wilcoiani. Il cui podio, dunque, attualmente è: 1. “The Whole Love”; 2. “Yankee Hotel Foxtrot”; 3. “Summer Teeth”.
“Summer Teeth” è solo il loro terzo album: risale al 1999. Insomma, mentre ci si scornava perchè il Grunge era Dead, questa band di Chicago (west contro quasi-east) si era già affacciata sulla scena per ben tre volte (la prima volta fu nel 1995, con “A.M.”, album notevole pubblicato dopo lo scioglimento degli Uncle Tupelo che invece, avendo esordito nel 1990, il Grunge lo avevano attraversato tutto, seppur da un punto ancora una volta geograficamente lontano da Seattle: dall’Illinois). Mi porto fuori dalla parentesi gli Uncle Tupelo. Sono considerati la navescuola dell’Alternative Country e fanno un occhiolino grande come una casa a Elvis, o per lo meno lo omaggiano, visto che il pelvico è nato a Tupelo. Quindi poco a che vedere con il rumore di superfuzzbigmuzz che si sentiva in quel periodo dall’altra parte degli States, anche se con quel rumore credo si possa dire che gli Uncle Tupelo abbiano condiviso le radici punk-rock. Quella dell’Alternative Country fu un’alternativa al suono di Seattle che io non preferisco, e non avrei preferito nemmeno allora, se l’avessi conosciuta, ma fu di gran lunga meglio degli Spin Doctors che uscirono nel 1992 con una roba da gran cighioni (la nota Two Princes) auto-proclamandosi alternativa “pulita” al Grunge… Davvero gli Uncle Tupelo suonavano spesso, riadattandola alle loro radici culturali, con la tigna degli Husker Du. E, oltre a questo, da quel Jeff Tweedy degli Uncle Tupelo sono nati i Wilco, “A.M.”, “Being There” e “Summer Teeth”, tutti buoni motivi per valutare positivamente gli Uncle Tupelo anche oggi, seppur un pò datati, solo per l’embrione che contenevano. Di Alt-Country in “Summer Teeth” non c’è traccia, o almeno a me non pare che ci sia.
“A Ghost Is Born” devo ancora ripassarlo, ma credo sia troppo rilassato e non credo potrà scalfire la mia classifica. “A.M.” e “Wilco (the Album)” sono più pericolosi. Vedremo.

Un pensiero su “Wilco, i denti estivi spuntano fuori d’inverno

  1. Farò di tutto per esserci anche io, il 9 marzo. Adoro gli Wilco dai tempi di Yankee Hotel Foxtrot (immenso, davvero). Bella fanza, ragazzi. “Non perdiamoci di vista.

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