I testi dei PLACEBO fanno cacare (ma si dai spariamo sulla croce rossa 2)

Brian+Molko

I Placebi sono sempre stati molto facili da ballare, venivano sfuggenti, freddi e veloci. Pure Morning, ascoltata oggi, è un gran brodo. A proposito di testi, una canzone può dire cose che non ci riguardano, cose senza senso, senza spessore oppure profondissime, ma non può dire my japanese is better. Grandi rime, illuminanti giochi di parole. Già da Pure Morning (secondo album) i Placebo sono un gruppo fatto apposta per far sfogare i ciellini che a casa amano gli U2 e i Police ma in pista fanno il vuoto intorno a sè con Pure Morning che gira senza sapere che è un angelo gay che li sta manovrando. Il niente del testo mette d’accordo un pò tutti e quando sei in pista permette a tutti di far finta di conoscere le parole e di muovere le labbra mentre Molko canta senza che nessuno si accorga che le parole non le conosci. Il cupo e il me ne fotto, il glamour e la rima baciata, per una trasgressione dorotea.
Tra il 99 e il 2000 arrivano 20th Century Boy e Special K. Special K mi ha sempre fatto molto pensare ai Cornflakes, una colazione che mi ha smagato da quando avevo 10 anni, da cui un altro testo senz’altro di merda.
Poi racconti ineffabili di problemi di droga, occhi tristi, nudi integrali, omosessualità, e canzoni con David Bowie, o per Velvet Goldmine, testi glam, testi punk, testi grunge, TESTI EMO. E i Placebo diventano simbolo di quello di cui vogliono diventare simbolo, e vincono.
Sleepin’ with Ghosts è un brutto titolo. Dice “fantasmi” e crea un immaginario sbagliato, evocato per trarre in inganno quelli che non hanno mai visto un film con i fantasmi e che li associano al colore bianco della pelle di Brian Molko confondendolo con le lenzuola bianche immacolate ma ruvide della nonna e credendolo un vampiro, perchè ignorano la differenza che c’è tra un vampiro e un fantasma. Inaccettabile, come stimolo.
Song To Say Goodbye è il male di vivere. E i Placebo continuano a esercitare il loro fascino struggente, a mietere vittime. In giro si vedono sempre (eravamo del 2006) ragazze magre e prive di ogni sentimento per un bicchiere di vino rosso, tutte vestite di nero, che vanno a studiare in biblioteca con la maglia dei Muse o dei Placebo, oppure la felpa dei Muse e la tshirt dei Placebo, e un paio di drammi comportamental-personali seri in tasca. Loro pensano, giustamente, di aver trovato la rivoluzione per la propria personalità, che deve essere sensibile ma aggressiva. Passive Aggressive. L’inganno si gioca tutto sulle parole e sulla musica di Brian Molko, che si arrabbia perchè nel ventunesimo secolo che Cristo ci ha mandato sulla terra lui ancora, suo malgrado, fa scandalo per gli atteggiamenti trasgressivi. Si arrabbia ma batte sempre sullo stesso chiodo. Lo facevamo arrabbiare quando ci ciucciavamo i suoi, i loro, colpi di scena: la band era davvero sensibile a certe cose, la loro è una realtà che deve essere accettata perchè è normale, non additata come trasgressiva. Però nel modo di porsi non cambiano una virgola i Placebo. Oggi compreso.
E in Too Many Friends, primo singolo macina palle di Like Loud Love, le prime parole con cui si presentano dopo 4 anni sono “my computer thinks I’m gay”.
Tornando a Passive Aggressive, che letteralmente è il comportamento di un quarantenne famoso che si sente una merda ma combatte il proprio dolore sparando fuori un eyeliner da paura, può essere assunta come uno dei meglio esempi dei testi di merda dei Placenta, seconda al massimo solo a Pure Morning. A un certo punto Passive Aggressive dice (la traduzione è su google): “Ogni volta che risalgo ti vedo cadere/Puoi trovarmi spazio nel tuo cuore sanguinante?/Cade a pezzi”. Si sente, cazzo, che sei amico di Morgan e Asia Argento.
L’album della luce è Battle For The Sun, di cui non ricordo nessun singolo. Forse era For What It’s Worth, l’esito peggiore numero 3. “No one cares when you’re down in the gutter/Got no friends got no lover”. Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.
L’ultima canzone di Loud Like Love si chiama Bosco e fa più o meno così: “I love you more than any man” poi “when I get drunk/you take me home/and keep me safe from harm/I ask you for another second change/but then I drink it all away (…) You know, I’m grateful, I appreciate/but in fact, it’s pitiful how I suck you dry/How I suck you dry”. Dai, raga, raggamuffin.
A proposito di Loud Like Love ad ascoltarlo ci sono tante cose che fanno cacare prima dei testi e parlare di quanto fanno cacare i testi nell’album nuovo dei Placebo è un pò come dire che Massimo Giletti ha dei brutti capelli. Lo stesso a proposito della discografia della band tutta. Però non so, mi sembra una parte importante del tutto, o forse mi sbaglio io. Comunque, i testi dei Placebo hanno sempre fatto cacare.

6 minuti e 30??!

Too Many Friends è l’ultimo video dei Placebo, per un album che è uscito il 16 settembre, l’altro ieri in pratica. La durata è ingannevole, a posteriori. Stucchevole invece a priori: a pensare a una canzone dei Placebo che dura 6 minuti e 30 secondi ti girano le balle.
All’inizio c’è 1 minuto e 24 di raccontino, e alla fine 1 e 40. No e allora che insomma c’è Bret Easton Ellis che parla di droghe, strano. E che ti inganna con tutto un discorso su uno che voleva raccogliere un orsetto di gomma attaccato alla chiappa di una che sotto l’effetto del Falsatti (droga per newyorkesi) aveva la minigonna alzata sul dietro. E alla fine arriva il quiz: cosa è successo veramente? Perchè è successo?
La canzone vera dura 3 minuti e 30, grazie Dio. Molko attacca dicendo “My computer thinks I’m gay”, e lo ripete poco dopo, insomma non è cambiato niente. E parla degli amici che ha su facebook, troppe persone che non ha mai incontrato e visto. Quello di facebook è un mondo ingannevole Brian. L’effetto Placebo è sempre lo stesso, o quasi. All’inizio la canzone mi fa schifo, poi la ballicchio, poi mi stanco.
Insomma l’inganno è il tema principale del nuovo brano dei Palcebo. No, Placebo. Faccio come Emilio Fede. L’album (Loud Like Love) non l’ho ascoltato ma forse la penserò come Pop Topoi.

Orsetti di gomma