Metti le dita nella presa

Metti le dita nella presa è la prima canzone di TOTALE! primo disco dei TOTALE! uscito nel 2021 e prodotto dall’etichetta EEEE. Al progetto hanno partecipato un sacco di persone:
– Luca Tanzini (Tab_Ularasa, alla voce, chitarra e theremin) 
– Gianmaria Zanda (Forse, membro di The V.AC. / The Bomb & the 85th Koala, alla voce, chitarra, organo elettrico e basso)
– Flavio Scutti (basso, organo elettrico, Fender Rhodes e glockenspiel)
– Beppe Sordi (sintetizzatore modulare)
– Damiano “Dug” Merzari (batteria)
– Luca Ciffo (registrazioni, missaggio, tastiere, percussioni e cori)
– Riccardo “Rico” Gamondi (mastering)
– Simone Type (grafica, serigrafia e packaging) 
– Vasco Viviani (produzione). 

Quando andavo da mia nonna, lei aveva una paranoia, ne aveva tante, ma una delle più solerti era che mettessi le dita nelle prese di corrente. La situazione tipica era: io in sala a fare i compiti, lei in cucina, mi portava una cedrata e una fetta di pane burro e zucchero e mi diceva: “Io sono di là, chiama se hai bisogno. Non mettere le dita nelle prese!”. Per sicurezza, ci metteva una sedia o uno sgabello davanti, oppure il nastro adesivo. Ero grandicello, prima o seconda media direi, ma niente, aveva questa paura. Mio nonno, per non essere da meno, era fissato con le placche delle prese e controllava sempre che fossero ben solide. Lo faceva anche a casa mia. Stavo in una botte di ferro. Ma la situazione non era rilassata, io ero spaventato e non volevo metterci le dita dentro. Allo stesso tempo, ero curiosissimo di farlo. Cosa sarebbe successo? Sarei diventato una televisione? Un frigorifero? Quale elettrodomestico? Sicuramente se avessi potuto scegliere avrei detto tostapane, perchè mi piaceva il pane tostato e sarei stato fiero. O sarei diventato l’uomo elettrico, che qualsiasi cosa tocca carica? La prospettiva non mi dispiaceva. O un palo della luce. Già questa mi piaceva di meno. 

Una volta ho provato a mettere le dita nella presa. I nonni facevano il pisolino in sala, io sono andato in cucina, ho infilato il braccio sotto lo sgabello, ho tolto il nastro adesivo e l’ho fatto. Ma non è successo niente. Al posto delle dita non avevo dei cannellini. Penso sia stato uno di quegli episodi che mi hanno aiutato a diventare grande, a non credere a tutto quello che i genitori, i nonni o gli zii mi dicevano, a iniziare a sviluppare un pensiero mio sulle cose, basato su una qualche esperienza, che prima non potevo avere perchè ero piccolo per averne un numero sufficiente a sviluppare un bagaglio consultabile in caso di bisogno.

Mi è tornato alla mente questo ricordo ascoltando Metti le dita nella presa. Il testo dice che se il tuo ego è troppo ingombrante, devi mettere le dita nella presa: la corrente elettrica uccide l’ego. Lo si apprende dal fatto che l’ego si stava guardando allo specchio, all’improvviso compare un palo della luce che sbatte contro la testa dell’ego e lo uccide. Insomma è una canzone sull’ego, su quelli che ce l’hanno troppo grande. Mi ha fatto pensare a una canzone di Caso: tutto un altro genere, tutto un altro modo di scrivere, ma sono entrambi testi contro l’Ego. Io ho un ego delle dimensioni di una stellina n. 27, non è sempre un vantaggio, anzi spesso è uno svantaggio, ma queste due canzoni contro l’EGO mi rincuorano

Metti le dita nella presa è una canzone assurda. Ma non è tanto l’essere assurda che mi stupisce, visto che è assurda come tutte le altre canzoni di Tab_ularasa. A stupirmi è il fatto che da una parte il testo sia raccontato come un trip (zero realistico), dall’altra la musica sia sincopata e molto sui denti (molto realistica). 
Il testo si serve del surrealismo di Tab_ularasa e parte da un non risveglio, che è più di un semplice sogno: siamo oltre Bunuel. Cosa succederebbe al tuo ego se domani mattina non ti risvegliassi? Quindi non cosa succerebbe a te. Cosa succederebbe al tuo ego. La conclusione è che il tuo ego è talmente grande da riuscire a sopravvivere alla tua morte, se non fosse per quel palo della luce sarebbe ancora in giro.
La musica è un noise blues punk rock con un giro (quasi sempre) uguale a se stesso, ballabile, di quei balli che durano un minuto e fai tutto con le spalle, un po’ alla Lindo Ferretti sul palco con i CCCP. Estremamente concreto. Il basso, molto punk rock italiano, sempre insistente, che non molla mai un secondo, è zelante e questo lo rende fisicamente molto presente.

Musica e testo cozzano, accostano due mondi separati, fatti di consistenze diverse: è questo che fa di Metti le dita nella presa una canzone spiazzante. Non avevo mai notato questa divergenza nelle canzoni di Tab_ularasa, forse c’è sempre stata ma io non l’avevo notata, di solito venivo colpito (in testa proprio) dal modo in cui il testo e la musica si sposassero bene a livello di sghembezza. Con i TOTALE! le cose cambiano. Il disco contenente Metti le dita nella presa infatti non è solo fatto dell’ego di Tab_ularasa (forse Metti le dita nella presa uccide il suo ego? quindi Metti le dita nella presa c’est moi?) ma è costruito sulla collaborazione.

TOTALE! risente soprattutto delle precedenti produzioni di Forse e Tab_Ularasa, ognuno dà il suo contributo, nello specifico Forse sfoga il proprio tocco psichedelico-acidulo anni ‘50, Tab_ularasa la vena pop-sperimentale indie-rock. Alcuni dei brani di Tab_Ularasa presenti in TOTALE! sono di qualche anno fa. Forse lo potete sentire qui in un lavoro recente, chi meglio di lui può spiegare se stesso: Harmony. Secondo me, in TOTALE! si sono influenzati a vicenda.

E la cosa assurda è che, pur essendo un album di spiantati, potete benissimo metterlo su a una festa per far ballare gli invitati, perchè in fondo è un cazzo di disco soul e rock’n’roll (con un gospel al centro). Roba che per elettrizzarvi allo stesso modo dovete mettere le dita nella presa. (Posso solo aggiungere una cosa: sulla pericolosità del gesto, i TOTALE! sono d’accordo con mia nonna).

Tutto il disco: TOTALE! dei TOTALE!

Ciro l’Immortale

Settimana scorsa è balzata alle cronache locali una notizia che ha gettato un raggio di ilarità sul freddo marzo romagnolo: a Gatteo Mare, un uomo sulla cinquantina, ogni giorno, per tutto l’inverno, è uscito di casa in costume, è andato in spiaggia e si è fatto un bagno. Dieci minuti un quarto d’ora e usciva, senza telo, e tornava a casa. Soprannominato Ciro l’Immortale, con l’arrivo dei primi soli di primavera non s’è più visto. Giustamente. Penso a lui come al Re del mare, che si manifesta solo nei mesi più freddi. Io sono freddoloso da sempre, faccio la doccia calda anche d’estate. 

Mi chiedo dove certe persone trovino la forza per fare certe cose, e le invidio. Mi chiedo anche che bisogno ci sia di farle. Uno sforzo così grande rivolto a una cosa del genere è sensato? Cosa spinge le persone a fare gesti estremi e con un livello di pericolo simile? Lo fanno per superare i propri limiti, per il gusto del brivido o solo per machismo? A volte la volontà di affermare se stessi e l’essere maschio spinge a fare cose incomprensibili. Ma perchè mettere a rischio la salute per fare una cosa del genere? Forse hanno ragione gli inglesi quando dicono che “prendere freddo” è un concetto che non esiste. Prendi un raffreddore, un virus, ma non perchè sei stato al freddo. A casa mia siamo cresciuti con la nonna e la mamma che dicevano “copriti che prendi freddo”, quindi io non posso credere agli inglesi. Ciro sta bene? Conseguenze? Mi piacerebbe saperlo.

C’è chi l’ha fotografato. E c’è anche chi è pronto a giurare che ogni giorno, prima di partire, Ciro ascoltasse la stessa musica nel salotto di casa sua, per caricarsi: Ciro ha una compilation per fare ‘sta cosa. Secondo la testimonianza di un vicino, che preferisce rimanere anonimo, la compilation è composta da tre canzoni di tre note band italiane: i Chivalà, i Bennett e gli Ormai. 

Abbiamo raggiunto Ciro al telefono, per fargli qualche domanda.

Ciao Ciro, perché gli Ormai?
Ma come? Mi avevi detto che le domande erano sul bagno d’inverno.

Si si, dopo, dopo. Perchè gli Ormai?
Ok.. Ho sempre trovato irresistibile il punk rock italiano. Ho sempre trovato interessantissima la lettura che ne davano i Verdena. Non c’era solo il punkrock, ma anche il noise, un po’ di metal annacquatissimo, un po’ di rock all’italiana. Non male. Ma dei Verdena mi facevano schifo i testi, proprio una merda. In questo periodo avevo bisogno di testi nichilisti. Raccontare è un peso inizia così: “dimmi, racconta cosa vuoi davvero, ma del resto importa?” ed è solo uno dei ganci di pessimismo cosmico che ci sono nel disco degli Ormai. Poi Vacuna, la prima canzone, a un certo punto dice: “scena comica, okay, non so che fare, il suo castello è il male, sciogli il brivido, tu sei neve, e il cuore in gola spinge già” e appena l’ho sentita mi è venuta l’idea del bagno al mare durante l’inverno. Ecco perchè è nella compilasion di preparazione. E ce l’ho messa anche perchè la musica mi dà una carica pazzesca. Che poi alla fine i Verdena non c’entrano niente, era solo per inquadrarti un po’ la questione.. capito? C’è questa cosa negli Ormai, che sono forti ma anche deboli, e sono esattamente come me quando sono in acqua e fuori ci sono due gradi: resisto, ma potrei essere a un passo così dalla fine. C’ho una certa, io, ormai (appunto). Ride, ndr.

Perchè? Quanti anni hai Ciro?
59.

Però. Complimenti. E perchè i Chivalà?
Ancora? La t’è piasuta la storia d’la compilaession eh? E mi burdél. Ma te lo dico con piacere, come avrai capito, anche a me piace il rock duro. I Chivalà li ho conosciuti perchè sono un fan dei Bennett. E quest’inverno non c’era niente che mi desse la carica come l’attacco di Lavoisier dei Chivalà. Poi c’è l’arpeggio che mi ricorda sia il post hard core più classico sia i Massimo Volume e io me lo ricantavo quando ero in acqua, per cullarmi e resistere. Quando sento il cantante urlare di gola è come se urlassi io, è liberatorio e penso sia un ottimo modo per prepararsi ad affrontare il freddo, quindi nella compilession anche loro ci stanno benissimo. I Bennett invece, beh, i Bennett sono i re italiani di questa roba qua. Quand’ero più giovane c’erano i Disquieted by, intramontabili. Anche i Chivalà belli pessimisti eh, diobo. Beh loro sono molto riflessivi, rimuginano, mi ricordano mio figlio, che ha la capacità di vedere sempre solo il lato negativo delle cose ma poi quando si riprende è molto teatrale, sottolinea molto che si è ripreso. Per me è un atteggiamento che ci sta nella vita, l’importante è riuscire sempre a rialzarsi in piedi (Ciro filosofo italiano ndr). E anche loro invernalotti, i Chivalà dico. Con quel crescendo di Irreversibile mi fanno diventare matto. Tra l’altro sia gli Ormai sia i Chivalà sono di Bari, no?, siamo vicini, facciamo il bagno nello stesso mare, solo che loro lo faranno d’estate, solo io lo faccio d’inverno. Ah che no”.

No, gli Ormai son di Roma.
Beh, e va bén li stés, anche a Roma c’è il mare no?

Con Ciro siamo diventati amici, il prossimo inverno ci siamo ripromessi di farci una birra. D’estate esce poco. Quando gli ho chiesto perchè faceva il bagno d’inverno, ha detto che aveva bisogno di qualcosa attorno a cui concentrare il proprio interesse. E questa cosa del bagno lui non l’ha mai vista slegata dalla musica dei Chivalà, dei Bennett e degli Ormai, perchè è nata con loro. Sugli Ormai mi ha mandato un paio di vocali, uno diceva: “Non sono mai stato un vero fan dello shoegaze. Gli Ormai non sono Shoegaze, ma hanno delle tensioni che lo ricordano. Tal se chi mi ricordano anche a volte? I Cosmetic qui, di Sogliano. E i Dinosaur jr. Più di tutto però mi stupiscono le pause, le aperture e le chitarre, che in molti momenti sono proprio tipiche dell’hard core punk, loro non sono assolutamente di quel genere lì ma lo ricordano. E poi ci sono quei momenti più pesi come alla fine di Fuori dai guai (che tra parentesi inizia con “se bevo ancora mi bevi tu” ahahah, osta, che duo, bellissimi) che sono pesi, quasi metal, ma rimangono rock. Sempre con un bel suono della chitarra, quella non sbaglia mai, in nessuna canzone”. WOW Ciro gli ho risposto io. “Scherzi” ha detto lui “non è che perchè ho sessant’anni che devo essere rincoglionito per forza eh”.
Sui Chivalà l’ultimo vocale è stato più laconico: “Sboronissimi, li ascolto anche in ufficio e canto: mi perderò come cenere al vento, ora so, che il tempo è un istanteee”.

Il motivo per fare le cose non dev’essere per forza ottenere un risultato concreto. Ciro dice che gli serviva qualcosa su cui concentrarsi, e chiusa lì. A volte mi chiedo perchè continui a uscire musica di generi sempre uguali a se stessi. Da dove nascono gli stimoli? Nascono, e chiusa lì. Sono sufficienti per tirare fuori un ottimo disco. Uno ha dentro il post hard core: deve fare quello. E se i dischi post hard core fossero tutti come i Bennett o i Chivalà? Firmerei col sangue. O se i dischi punk rock fossero tutti come gli Ormai? Lo stesso. Credo che alla fine sia un po’ anche la differenza tra musica indipendente e musica wanna be indipendente: una non insegue un genere che tira ma un’idea, l’ispirazione, l’altra si butta su un genere che tira perchè tira, anche se non frega un cazzo. Fare un bagno al mare non è come fare un disco ma mi sembrava che Ciro fosse un personaggio ispirante. Fare il bagno al mare d’inverno non è che tiri tanto, è rischiosissimo. Ma a Ciro gli diceva così.

Chissà se il prossimo inverno tornerà al mare, ha detto di sì. Sicuramente conoscerlo è stata una sorpresa, nell’ultimo messaggio mi ha mandato un link al blog della Tegamini. Non mi resta che salutare, alla Ciro: bon, av dag in te salut.

ormaiband.bandcamp.com

chivalanonloso.bandcamp.com

pigliabennett.bandcamp.com

smellycatrecords.bandcamp.com

Sui Bennett abbiamo scritto recensioni bellissssime (sul primo disco e sul secondo disco).

Qui invece trovate Ciro

Una per Double Double Whammy Records

La Double Double Whammy Records è stata fondata da Dave Benton e Mike Caridi nel 2011. Tutto è iniziato con la pubblicazione dei LVL UP, il gruppo di Benton e Caridi, e di altre band locali che bazzigavano il giro SUNY Purchase, il college nello stato di New York. 

Merge e K Records sono di sicuro state d’ispirazione, almeno agli inizi. Poi l’etichetta ha iniziato a leggere il pop rock in modo più originale. Con Frankie Cosmos e Mitski, per esempio, che pubblicano nel 2014 e con il loro successo mettono la DDW al centro del ring internazionale delle label indie.

In seguito, l’etichetta si sposta a Brooklyn e nel 2016 Benton molla. Dal 2018, gli subentra Mallory Hawkins.

Se il 2014 fu l’anno della rivelazione e il 2016 quello del cambiamento, anche il 2018 non fu malaccio. A febbraio la DDW e la Polyvinyl Records annunciano una partnership: la Polyvinyl si occupa della distribuzione e la DDW mantiene autonomia dal punto di vista artistico.

A settembre arriva la benedizione delle alte sedi della stampa musicale: Pitchfork scrive che la DDW ha contribuito a modificare il suono dell’indie rock e pop della seconda metà degli anni 10.

Negli anni successivi la DDW si è sempre mantenuta su un songwriting emotivamente rasserenante ma teso. Partendo da questa idea di base, ha prodotto gruppi con peculiarità diverse, senza mai adagiarsi sugli allori facili di uno stile Mitski o Frankie Cosmos. 

“High Minuses” di Charlotte Cornfield (2021) è, per esempio, esattamente questo: un cantato esile ma profondo, una chitarra liscia ma bugnosa e melodie rilassanti ma con una tensione emotiva costante. Non ha nulla a che vedere con gli altri artisti dell’etichetta. Il suo (che quest’anno abbiamo ascoltato un sacco di volte, davvero non sappiamo quante) è uno dei dischi DDW che abbiamo scelto per The Record Room. Gli altri sono:  Told Slant, Emily Alone, 2nd grade, Cende.

Sempre tranquilli ma non troppo, hanno tante caratteristiche diverse, che rendono bene l’idea del preciso orientamento di scouting condotto dalla DDW.

www.dbldblwhmmy.com