Quando Bruno Dorella fa qualcosa ha una consuetudine: non la fa mai come gli altri. Per esempio, per la Bronson Recordings è uscito Concerto per chitarra solitaria (dove un viaggio in acque placide diventa naufragio), un disco di 4 canzoni in cui Dorella dà forma al disastro marittimo con la sua telecaster giapponese. Io ero abituato ad associare il naufragio ai Marnero. La mia testa faceva proprio così: musica naufragio > aprire cassetto coi Marnero dentro. Adesso che dentro c’è anche Concerto per chitarra solitaria quel cassetto è ancora un cassetto ma, cosa dite, ci metto un separatore? Perché così non faccio confusione e mi ricordo che il naufragio si può suonare (benissimo) con le chitarre distorte, le batterie roboanti, gli urli e i testi romanzati, tenendo sempre il volume alto, come hanno fatto i Marnero, ma si può suonare anche con una chitarra e (quasi) basta, come fa Bruno Dorella.
Il naufragio è? Fragoroso, violento, rumorosissimo? Si, è tutto questo. Ma soprattutto, la cosa più importante, la caratteristica che se non ci fosse non sarebbe un naufragio, è che i suoi danni sono irrimediabili, le conseguenze irreversibili. Quello che è stato è stato, non si cambia. Questo l’avevano detto anche i Marnero, cogliendo incredibilmente il lato positivo della cosa: la possibilità di un nuovo inizio. Al contrario di Dorella, che procede in modo graduale, maestoso, non rumoroso, con una suspense gigantesca, e senza possibilità di salvezza (è pur sempre il batterista degli OvO). O almeno, non mi pare che sia prevista, visto anche che le canzoni si chiamano Largo, Allegro con crepe, Adagio con naufragio e per ultima A fondo. Tutto valido, ognuno fa il naufragio che vuole. Io avevo abbracciato La Malora dei Marnero, ma soprattutto avevo abbracciato il loro Sopravvissuto, ancora di più di Naufragio Universale. Quella era la Trilogia del Fallimento! Dove il fallimento era l’inizio di una nuova vita. Qui in Concerto per chitarra solitaria è tutt’un’altra storia.
È bello vedere come gli uomini, gli esseri pensanti, gli artisti, i musicisti, possano affrontare in modo diverso, e con punti di vista differenti, uno stesso tema. Al di là dei punti di vista, chiunque (anch’io, se solo fossi capace di tenere in mano uno strumento, anche i Marnero) avrebbe espresso il disastro, la fine di tutto, il capolinea, chi in un modo chi in un altro, ma l’avrebbe espresso facendo un casino inimmaginabile, spaccando tutto, sangue, botte di qua, botte di là, vetri rotti, rumore di acqua killer, tragici soffocamenti, legno spaccato che diventa un’arma mortale che se ti becca ti trapassa, ti sbranca e ti uccide. Lui no, lui lo fa con la sua chitarra, lì, da solo, sulla sua seggiolina del bagno al mare (l’Hana Bi), in parte scrive una traccia da seguire in parte improvvisa, ma registra una sola take in presa diretta, per essere un po’ preparato come un marinaio esperto e un po’ davvero in balìa della mareggiata, sempre come un marinaio esperto. E rende l’idea, eccome se la rende. Lui ha sempre comunicato con noi nel suo modo: con gli OvO, i Bachi da Pietra, i Tiresia, la Dorella Mongardi Shooting Unit e tutto il resto. Ha sempre cercato un contatto, provando strade diverse perché noi umani potessimo stare svegli e capire che i modi di comunicare sono mille, ha messo in piedi progetti e usato gli strumenti sempre in modo parallelo. Per questo penso che sia un alieno. Non mi dite che la chitarra di A fondo non ricorda le note degli UFO di Incontri ravvicinati del terzo tipo!
Un po’ di Concerto per chitarra solitaria lo puoi ascoltare qui.