Greg e Satomi, what is love

Questa foto è riciclata ma mi piace un sacco

Questa foto è riciclata perché mi piace un sacco

Satomi Matsuzaki e Greg Saunier sono sposati. Hanno inventato i Deerhoof con Rob Fisk, che nel ’99 è scappato dal nido. Immagino i momenti della loro vita di coppia, che non siano quelli in cui suonano, e non mi viene in mente niente di realistico. Sono davvero surreali, fisicamente. Lui ha la faccia di un fumetto di Ratigher, lei è un cartone animato. E in effetti hanno collaborato con alcuni illustratori. Al di là dell’aspetto fisico, la loro carriera insieme è una vera storia di crescita musicale. All’inizio facevano noise, poi hanno iniziato a cambiare direzione infilando nei dischi il jazz, il funk, il pop e l’hard rock, l’elettronica e la musica giapponese che suona nella testa della Matsuzaki. Dal 1996 a oggi hanno fatto 14 album e non c’hanno buttato dentro tutti i generi così giusto per fare i supermercati della musica ma per descrivere un percorso fatto di cambiamenti costanti e di cui neanche loro conoscono la meta. Nel corso degli anni hanno costruito solo le tappe, una alla volta, e non hanno ritenuto costruttivo stabilire quale fosse il tracciato del percorso, perché viene ricalcolato di volta in volta. Le tappe gli hanno fatto cambiare idea e decidere in quale direzione andare sarebbe stata una perdita di tempo.

Tempo fa volevo fare l’astronauta, da piccolo, poi ho iniziato a fare l’impiegato e mi sono trovato così bene da non smettere più. Quando ho visto i Deerhoof dal vivo, nello specifico: quando ho visto le loro facce da vicino, per la prima volta dopo anni mi è tornata la voglia di fare l’astronauta, così, perché ispirano la fantasia.
Il 99% dei personaggi molto eccentrici come la Matsuzaki mi fanno girare le palle. Basta che caschino nel mio campo visivo e m’incazzo. Lei dovrebbe farmi girare le palle tanto quanto loro ma non è così, perché mi piace quello che fa. Eh, quanto è sbagliato il mio modo di pensare. È pregiudiziale. Sembra, questo, un ragionamento assolutamente inutile dal punto di vista musicale, in realtà forse non lo è, perché i Deerhoof hanno un po’ questo modo di fare che ti costringe a rimescolare le carte in tavola. Il penultimo disco, per esempio, non mi era piaciuto. Riascoltandolo dopo l’ultimo ho cambiato idea, perché ho apprezzato cose che prima non avevo apprezzato. Non succede quasi mai. Il loro primo disco era del noise formidabile, ma riascoltato dopo i successivi è un disco noise e basta. La cosa positiva è che non sai mai cosa aspettarti da loro, ogni volta cercano di fare roba nuova e rimettono in gioco quello che hanno già fatto, nel bene o nel male, rischiando che quello che hanno fatto diventi niente rispetto a quello che fanno. Secondo me è una cosa rara.

A proposito della loro capacità di demistificare il proprio passato e andare avanti, in The Magic, dei primi dischi noise rimangono poche tracce, storpiate da un suono o da un ritmo. Non è un passo avanti verso robe nuove ma un rimasticare se stessi e provare a cambiare quello che è stato già fatto. Fanno un sacco riferimento a se stessi, è facile: bastano una batteria sempre uguale e una chitarra con un suono a cornacchia. Poi sono veloci, languidi, copiano ancora se stessi, sono ancora veloci e così via. The Magic è un insieme irrequieto, che cambia pezzo dopo pezzo, torna su se stesso e poi cambia ancora. Ogni canzone l’abbiamo già sentita in qualche altro loro disco ma tende a qualcosa di nuovo, mette insieme idee vecchie di Breakup Song (2012) e suoni nuovi, come in Kafe Mania!, idee di altri (That Ain’t No Life to Me), idee vecchie e basta (qualcosa di Life is Suffering da Paradise Girls) ma prova sempre a fare qualcosa di differente. Il pop rimane il denominatore comune in ogni caso. Come gruppo pop, adesso come adesso sono meglio dei Flaming Lips (in Learning to Apologize Effectively li ricordano) che fanno album di cover e collaborazioni, cioè cercano linfa vitale all’esterno. I Deerhoof, la scorta energia ce l’hanno in casa. Hanno cambiato formazione in passato, ma anche questo fa parte del continuo processo di rielaborazione di se stessi. Greg e Satomi, casualmente, sono gli unici componenti fissi. Non è neanche la famiglia contemporanea, ma una sua concezione futuristica, in cui i figli rimangono una necessità dei genitori, ma si possono restituire e cambiare.

Fino a un po’ di tempo fa pensavo: se il batterista (Greg Saunier) si diverte poco, i Deerhoof non suonano come potrebbero. Per questo non mi era piaciuto tanto La Isla Bonita. In The Magic Saunier suona poco (Plastic Thrills) ma suona anche molto (Nurse Me), non si può dire suona così e basta. Con suona poco intendo che non frulla, non fa fronzoli, non sriccardona (e questo è un problema di cui parlo dopo), con suona molto intendo il contrario. Metà della sezione ritmica, quindi, non è ben definibile, l’altra metà (il basso) la suona la Matsuzaki. Lei non è un genio del basso, spesso i ritmi non sono assolutamente niente di che, ma è una piccola macchina della precisione e il risultato finale è d’impatto. I dettagli fanno spesso la canzone, come in Life is Suffering. Elementi di riccardonismo ce ne sono, soprattutto tra i chitarristi e Saunier. Un po’ di giorni fa un amico ha scritto su Facebook che gli ultimi dischi dei Karate sono pieni di riccardonate e sono insopportabili. È vero, e qualche anno fa non me n’ero accorto. Fino a qualche mese fa non prendevo neanche in considerazione il fatto che i deerhoof potessero essere riccardoni, adesso si. Anche noi siamo soggetti a un percorso di crescita di cui non conosciamo la meta, alla scoperta del riccardonismo per smascherarlo. Tra qualche anno scriverò un articolo in cui dirò che i primi dischi dei deerhoof sono in assoluto i migliori, il resto è solo un esercizio di stile.

Deerhoof VS Evil è il loro disco peggiore: 2011, sembrava arrivata la fine. Ma i Deerhoof sono tornati. Quanto potrà durare? Non tanto probabilmente. Li ho visti una volta sola, per il resto ho guardato un sacco youtube, e sono sicuro quello che li ha tenuti vivi e vegeti sono i concerti, ne hanno fatti per anni e sono sempre spettacolari, spesso improvvisano e dall’improvvisazione continuano a prendere linfa vitale. Quella volta di Deerhoof VS Evil non è che non hanno provato a fare una cosa nuova, solo che non gli è riuscita. Tappa sbagliata, bisogna ricalcolate, ha detto la Matsuzaki. Prima di The Magic hanno pubblicato anche un album dal vivo, che testimonia quanto divertimento si possa tirare fuori da potenza e precisione. E sono ripartiti al 100%.

Comunque, Little Hollywood ricorda un Johnny Mox del 2014.

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