L’estate di San Martino

Cover_Armaud_how-to-erase-a-plot-basso

(L’ho scritto domenica 8, e l’ho finito un po’ oggi)

Non sono un fan del Dream Pop, non mi dispiacciono i Beach House ma non mi viene mai voglia di riascoltarli. Il Dream Pop mi piace di più quando i suoni si saturano, un po’ meno quando a prevalere sono i sussurri. Dei Cocteau Twins mi piace Heaven or Las Vegas però e vado letteralmente matto per Sunday Morning dei velvet Undreground, come metà della faccia della Terra. Declinazioni orchestrali alla Mercury Rev di Deserter Song mi flipparono il cervello, ma ho ascoltato una volta il disco nuovo, e l’impressione è che sia rimasta solo la parte più sterile.
Sarà che ieri ho letto un componimento poetico sessista e offensivo su Any Other nel quale la si paragona a Maria Antonietta, che è marchigiana, e sarà che uno che su Facebook s’identifica con un disegnino di una ragazza che dice “I’m sure you’re very popular e mima il gesto del bocchino come fa Kristen Wiig in Bridesmaids ha condiviso lo spirito della poesia (opera del Teatrino degli Errori) ma non ha capito cosa c’è scritto e ha commentato oh no anche lei marchigiana? basta riferendosi a Any Other (veneta, base Milano) poi io della scena di Pesaro salvo solo i Be Forest e chiude con quel disco mi piace. Sarà, ma in mezzo a questi commenti a cazzo me la sono presa con i Be Forest, che non c’entrano niente. Non mi piacciono, il fatto che siano marchigiani c’entra relativamente, troppe campanelline scintillanti e troppa dark dolcezza insistita, complice un concerto al Bronson in cui hanno dimostrato una parte ritmica inconsistente e un’incapacità totale di dare un corpo concreto alla musica che suonano. Any Other, gli Any Other, per certi versi sono davvero imparagonabili ai Be Forest perché fanno cose totalmente diverse, sono molto meglio, sanno scrivere le canzoni, Adele sa cantare, dal vivo sono molto bravi, ognuno ci mette tantissimo del suo e si può capire se hai avuto la fortuna di ascoltare Adele da sola e poi con Erica e Marco: alcune canzoni sono le stesse e il passaggio è migliorativo. Sarà per il fatto che ho pensato che mi piacerebbe sapere se il Kristen Wiig conosce tutti i gruppi marchigiani e ha espresso un giudizio vero con cognizione di causa, sarà perché il Dream Pop non sono solo i Be Forest e perché Il Teatrino non sapeva che cosa scrivere e ha scelto il ciclo, una battuta universale, volendo farla per forza, e le battute universali da sempre rappresentano dei rifugi disastrosi per i comici in crisi. L’umore di una ragazza è le mestruazioni o no: livello Teo Mammuccari. Sarà, ma la poesia e i relativi commenti mi hanno fatto incazzare (e non si è incazzato nessun altro perché è una noia, su facebook ha floppato) allora ho deciso di ascoltare qualcosa di Dream Pop, almeno sulla carta, e femminile.

Ho trovato Armaud, How To Erase A Plot (Lady Sometimes Records), che viene presentato come disco Dream Pop ma non lo è davvero, o meglio lo è solo quanto potevano esserlo gli Arab Strap, ma se ne differenzia almeno quanto si differenzia Francesca Amati dei Comaneci con la quale condivide un modo di cantare con picchi di voce imprevedibili, ma più attutiti rispetto a Francesca Amati, e che mi ricordano Martina Topley Bird. How To Erase A Plot l’ho ascoltato a ripetizione stamattina, perché è domenica, fuori c’è il sole e l’estate di San Martino mi fa ancora uno strano effetto. Mi sembra sempre che dietro l’angolo ci sia la nuvola grigia enorme e invisibile, che adesso mostra il suo lato sorridente, poi dopodomani ti frega. Fuori, la mia vicina di casa novantenne che si chiama Adelina sta urlando qualcosa, lo fa spesso e quando c’è il sole tiene la finestra aperta e io sento tutto.

“Nello! Nelloo!!”

Sembra sempre che stia soffocando, è terribile. Ma chiaramente non è mai niente di che, è sempre sopravvissuta, suo marito (Nello) non le risponde mai e lei continua a ripetere lo sgozzo. Quando succederà davvero qualcosa, tutti crederemo che non è niente e la lasceremo lì, come un pastore di Esopo qualunque.
Sofia invece ha credo sette anni, è davanti al cancello dell’altro mio vicino e sta giocando a fare la ballerina cantando, con la voce che ha, per forza, da bambina non dotata di una voce particolarmente bella ma neanche brutta, El mismo sol di Alvaro Soler. Sofia è stata per molto l’unica femmina in mezzo a fratelli e cugini maschi il cui principale passatempo è sbombare spallonate contro il portone del garage e credo che si sia costruita un proprio angolo, che difende benissimo, o dal quale attacca altrettanto bene, fatto di cose sue. Una volta, in uno dei rari momenti in cui non sbombavano, i ragazzi hanno organizzato un concerto con strumenti finti in cortile. Lei ballava e faceva la parte della cantante. Se la guardavi in faccia, sorrideva tantissimo e sembrava separata dagli altri. Adesso le è nata una sorella, magari tra un po’ di tempo faranno gruppo.
Lo streaming di Armaud (la cantante si chiama Paola) gira mentre Sofia e Adelina usano un livello di voce diciamo alta. How To Erase A Plot si è infilato tra Adelina e Sofia, a un volume più basso ma una fase di consapevolezza diversa da entrambe. Il disco inizia molto piano (Him) e probabilmente in un’altra situazione, al di fuori del casino che ho di fianco a casa, non sarebbe stato la stessa cosa. Ma ogni disco vale in relazione alla situazione in cui lo ascolto. Oppure no, non credo ci sia una regola generale, ma in questo caso lo è. Patterns prende ritmo, Spoiler si apre grazie a una chitarra più scintillante di tutto il resto, dopodiché Armaud non c’ha messo un attimo in più dell’attacco di ogni canzone per convincermi fino alla fine. Ritmi che si ripetono uguali a se stessi, suoni sommessi, un modo delicato per esprimere una malinconia che passa tutta come una cosa che non si vorrebbe avere, non come nel Dream Pop. È un genere complesso, che prende il via dalla definizione data da Simon Reynolds in rapporto allo showgaze drogato, poi è anche new wave, synth pop, psych rock bla blaabla. È un sacco di cose, ma quando viene semplificato all’osso e usa principalmente i suoni rarefatti e le ritmiche dociline, mi pare che tristezza e malinconia vengano stereotipate e utilizzate per creare un mood compiacendosene.

L’Adelina, la Paola e la Sofia* è divertente stare qui ad ascoltarle tutte e tre. Sono tre momenti diversi della vita, non per forza in contrapposizione tra loro, ma forse solo una l’evoluzione dell’altra, o forse neanche. Il post l’ho fatto iniziare da Il teatrino degli Errori che commentava Adele e gli Any Other. In Adele c’è un po’ di Adelina, e un po’ di Sofia, in Paola c’è un po’ di Adele e di Sofia, in Sofia ci sarà un po’ di Paola e in Paola c’è un po’ di Adelina. Quest’ultima cosa non per forza, forse più avanti. Da anziani si può anche assalirci quella rabbia per colpa del tempo che finisce, da ragazzini potremmo anche essere spensierati e da più grandi diventare una di quelle persone a cui si attacca addosso la malinconia, poi, verso la fine, siamo incazzati neri oppure in pace col mondo, come per esempio lo era mia nonna, che aveva la stessa età dell’Adelina. Oppure niente di tutto questo, o una sola cosa di queste, per tutta la vita con lo stesso grugno o con lo stesso sorriso. Non è facile essere sicuri di queste semplificazioni, non è una regola doverlo essere, ma qui dalla scrivania le ascolto tutte e tre e la cosa di cui sono sicuro è che non me la sento di ridurre una cosa così complessa a un assorbente.

* recupero l’articolo davanti al nome femminile, in Romagna è corretto.

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