Il mio primo videoregistratore è stato un Mitsubishi. Con lui ho provato la prima eccitazione data dal vedere un film registrato dalla TV, programmando. Registravo abbastanza, anche quello che non potevo vedere. Mio babbo non voleva che guardassimo (avevo/ho un fratello, di tre anni più grande) film violenti. Tipo Rambo, Rambo non lo poteva neanche sentir parlare. Non era una strategia di protezione nei nostri confronti, neanche lui li guardava. Aveva un fiuto incredibile per i film americani: se non gli piaceva, era americano, per caso. Ma in buona parte era un pregiudizio politico che partiva da Bush Senior, passava per gli hamburger e la Coca Cola e arrivava fino ai raggi catodici a stelle e strisce.
Naturalmente di americani e violenti noi ne guardavamo tantissimi, soprattutto nei pomeriggi d’estate, quando i miei erano tutti e due al lavoro. A un certo punto avevamo scoperto una serie di filmati amatoriali truculenti, presentate come true stories, in cui gli uomini venivano legati alle sedie e torturati con le pinze, i bambini picchiati dagli adulti, in non mi ricordo quale paese le persone di una certa religione massacrate di botte e lasciate soffrire al sole bollente. Ce li procurava il nostro vicino, non so bene come e dove. La prima volta era stata una sorpresa spaventosa e stupefacente, le volte successive non vedevamo l’ora di trovarci davanti alla tele. Eravamo attratti da quei filmati, anche se sapevamo che non era roba bella da vedere.
Sempre da un vicino, ma un altro, arrivò a casa il primo porno. Mi è venuta in mente una parola che usiamo spesso in Romagna: il bocia. Il bocia è il boccino, nel gioco delle bocce il pallino, quello a cui gli altri devono avvicinarsi per fare punti, il più debole di tutti ma anche quello che ha meno da perdere. Al lavoro, il bocia è quello che fa i lavori più semplici, passami il martello, porta via le scatole, quelli attraverso lo svolgimento dei quali si delinea chiaramente la superiorità di chi li comanda. Ma senza il bocia il capo non combina niente, perché è abituato ad avere qualcuno sotto e lavorare da solo gli risulta impossibile. Il bocia in un gruppo di amici è il più piccolo, quello che si prende i grattini in testa e in generale le botte e le battute più penetranti alle quali tutti ridono, nessuno escluso tranne lui. Non è vero che tutti lo amano, ma ha un ruolo essenziale nelle dinamiche dei maschi adolescenti. Io ero il bocia del mio giro e il giorno in cui ebbi modo di vedere il mio primo porno, si consumò la gag degli amici più grandi che fanno gli espertoni di sesso. Mi ricordo questa scena in cui salivo le scale dal piano terra al primo piano in direzione videoregistratore e il proprietario della videocassetta mi prendeva in giro perchè non conoscevo quest’attrice a quanto pare famosissima protagonista del film, Tracy Lords. Sottoposto alla gavetta del bocia che si trova a guardare “Tracy Lordissima” con i più grandi un po’ bulli, me ne fregava poco di quel che dicevano, ero più preoccupato del fatto che stessi infrangendo il divieto di mio babbo, che non riguardava esplicitamente i porno, ma ero sicuro con non avesse piacere.
Passò il periodo delle torture e del porno, rimase quello dei film americani. Arrivò il momento dei film sui ragazzini che partono per un’avventura, ne fanno una davvero grossa poi tornano a casa e niente sarà mai come prima. Darei un orecchio per poter tornare alla prima volta in cui vidi i Goonies e Stand by me. Non mi ricordo né quand’è stato né con chi ero. Dove abitavamo non c’erano proprio le condizioni per vivere avventure simili alle loro. Eravamo in città e non conoscevamo posti lontani attorno a cui costruire il mistero e renderlo meta del viaggio e per raggiungere i quali non fossimo costretti a fare gimcane tra mille automobili in movimento. Poi, mancava l’inseguitore: eravamo tutti amici, non c’erano ragazzi grandi davvero stronzi. E chi poteva fare la banda Fratelli? L’invidia ci mordeva lo stomaco. Detta in questo modo sembra triste, ma non è così. Attorno a casa c’erano un sacco di posti in cui ogni giorno ci facevamo i nostri viaggi: l’officina di Giorgio, il muro dei serpenti, la bocca di lupo delle formiche, l’alcol rosa con cui facevamo saltare in aria palloni e macchinine. Ma regolarmente avevamo bisogno di vedere uno di quei due film. Ieri davano Stand by me su MTV. L’ho rivisto dopo un po’ di tempo, adesso che ho 25 anni in più. Nessuno può resistere al suo valore universale, qualsiasi sia la sua età nel momento in cui lo guarda. Per questo né i Goonies né Stand by me ci sono mai stati vietati, anche se americani.
Un’altra cosa su cui non è mai stato posto nessun veto è Fantozzi. Di cui pare che Muccino il vecchio voglia fare un remake con Stefano Accorsi e io ho già la certezza che non ce ne fosse bisogno. Mio babbo non c’ha mai attaccato la pezza sul fatto che i Fantozzi fossero film comici CHE PERÓ facevano vedere i difetti e i problemi dell’Italia. E non ci ha mai detto perché, però rideva, e suppongo che fosse legato a quell’aspetto. Quindi rideva per lo stesso motivo per cui ridevamo noi, lui, magari, con un po’ più di consapevolezza e amarezza. Io e mio fratello avevamo una vera e propria passione per Fantozzi. A un certo punto in casa c’era tutta la collezione registrata dalla tele, con le trame ritagliate dai giornali (TV Sorrisi e canzoni, una rivista che mio babbo odiava) appiccicati sopra alla cassetta. Ogni tanto mi capita di guardare qualche video su youtube. Li giro ai miei amici in chat perché siamo dei semplicioni e ridiamo ancora per Fantozzi. I momenti da sempre miei preferiti sono: Loris Batacchi, la corsa in bici, la vacanza con Franchino, la scalata con capo cordata Calboni, il momento delle elezioni politiche con tutti le sigle dei partiti ripetute all’infinito una attaccata all’altra, la poltrona in pelle umana, il marito di Mariangela, Chita Hayworth.
Poi c’era la Megaditta. Quella cosa in cui persone potentissime e stronzissime trattavamo malissimo altre persone che lavoravano eseguendo gli ordini e facendone il meno possibile. Fantozzi non era solo questo, ma questa era una delle cose più divertenti e malvagie sulla pochezza dell’uomo. La gerarchia dell’organigramma della Megaditta era molto rigida, ai piani più alti c’erano personaggi aristocratici che non si capiva cosa facessero ma che avevano lo stesso potere di Dio. C’era il Mega Direttore Galattico, il Direttore Totale, il Direttore dei Direttori. E c’era il Gran Consiglio dei Dieci Assenti, di cui faceva parte il Mega Direttore Clamoroso, l’Ingegner Duca Conte Pier Carlo Semenzara.
Semenzara è anche il nome di un gruppo italiano, in vita dal 2011 al 2013. Nel 2012 hanno fatto un disco che si chiama Coraggio e nel 2013 hanno iniziato a registrare un ep. Si sono sciolti, poi ritrovati e l’hanno finito e fatto uscire un mese fa circa. Si chiama Frostbitten Bikini, era necessario, ma non significa che i Semenzara si siano riuniti. È pieno di riferimenti all’hard core degli anni 80, cose SEMINALI come CIV (Doppler), Dead Kennedys e Gorilla Biscuits (Stretta), e al punk italiano dello stesso periodo, come i Kina. Alcuni di questi riferimenti sono chiari, ma la struttura delle canzoni è così robusta da non far pensare mai a un semplice recupero di modelli preesistenti ma a un cervello e delle mani che scrivono, suonano e producono per raggiungere un obiettivo proprio: un suono violento, e tirare giù delle canzoni con la vita dentro. Accelerazioni e stop e riparti sono sporcati dal noise e dal noise metal, che si sentono nel basso e nella chitarra (Calca e ancora Doppler). Fino all’ultima canzone, Are You Really Happy?, cover dei Reagan Youth, che dichiara uno dei gruppi d’ispirazione. Più vicino agli Inside Out e ai primi 108 era Coraggio, un disco con una produzione impastatissima, tutto, chitarre, basso e batteria. Mi è saltato sui piedi prima di Frostbitten Bikini, ha un suono più diretto e fa il paio con SMNTCS, un altro disco post hc punk hc uscito nel passato, recente nel suo caso, che mi è piaciuto molto. Non è solo una questione di scrittura o di suoni, ma proprio di uscita. Si dice no? Coraggio esce proprio bene, e parli in un colpo solo di suoni, di canzoni ma anche di presa. Quasi tutta la parte strumentale di Frostbitten Bikini è stata registrata nel 2013, il missaggio è stato fatto quest’anno. Che sia una questione di missaggio troppo ritardato rispetto alle registrazioni, forse, non m’intendo per niente né di missaggio né di registrazioni, ma Coraggio ha più presa, appena attacca è un cane che ti salta al collo. Di Frostbitten Bikini, però, è importante anche solo il fatto che ce l’abbia fatta ad uscire. Incollo il testo di Reduci, il pezzo che preferisco, che un po’ di passato parla.
“Quando potremo riposarci sarà un po’ come se anche noi stessimo giacendo in mezzo ai caduti. Sembrerà meno avvincente ogni battaglia altrui, le sconfitte peseranno quanto ciò che si è perduto. Avremo ancora il desiderio di tornare indietro, riportare a casa i caduti, dar loro riposo: fino a che non ci sarà alcuna differenza tra chi si è perso nell’oblio e chi già dimentica”.
I periodi e le storie finiscono, come quella raccontata in Stand by me per esempio, o come l’adolescenza. E basta, è finita. Però certe cose, non tutte, ti rimangono in testa e col tempo ti rendi conto che funziona così, che il meccanismo spesso è quello. Anche da grandi sembra che finiscano ma non finiscono e il bello è che hai la possibilità di recuperarle e di farle ripartire perché comunque riguardano il presente, non un passato dal quale c’è quello scarto di anni che non ti permette di tornare a fare esplodere i palloni di plastica riempiendoli d’alcol. Alcune cose da grande le lasci a metà e in quel momento la possibilità che succeda di nuovo qualcosa non è una consolazione. La forza la trovi se quella possibilità col tempo nella tua testa diventa una certezza. È una cosa che devi fare, ma aspetti il tempo debito. E quando riesci a farla, sei contento. I Semenzara hanno aspettato, e alla fine l’hanno fatta: bandcamp.