Oggi è una buona giornata. Stamattina non ho fatto colazione subito perché dovevo andare a fare le analisi del sangue. Le analisi del sangue. Erano 5 anni che non le facevo, non mi ricordavo né quanti giorni ci vogliono per avere il referto (uno) né che ho le vene grosse né la sensazione che si prova nel sentirsi togliere il sangue. No emofobia, ma è comunque una sottrazione, una perdita, forse è la fame che ho quando l’infermiera mi mette l’ago. A febbraio era successa una cosa, non uguale ma simile. L’Amo aveva scritto un post su Facebook in cui diceva che basta, non esisteva più, il gruppo si scioglieva. Non è la vibrazione della vena, e neanche il digiuno, ma da quel momento in poi si è iniziato a fare a meno di qualcosa di bello. Quando ti tolgono l’ago fa quel sibilo: tziuu! Ed è tutto fatto. A febbraio mi han tolto L’Amo (ma che bello questo gioco di parole), e il sibilo è stato quello dalla presa male. Per farla poco lunga, poi Giona de L’Amo ha fatto delle canzoni da solo e all’inizio di maggio ne ha pubblicata una che si chiama Peroni e che dice: “Peroni nei momenti speciali: cirrosi in una settimana”. Magari non ho capito niente, o magari ho capito tutto e sono bravo, ma dentro quella frase anche così simpatica ci sta il segreto del nuovo disco di Giona, che ancora non ho sentito e che esce alla fine dell’estate. E il segreto è che Giona (l’ha scritto su Facebook) è andato a lavorare in un posto, un posto importante della sua vita, uno di quelli che ricordi fino a quando sei vecchio e poi nella tomba, tipo l’Intifada di Cesena per me e i miei amici, e quel posto gli ha fatto venire in mente alcune cose, in particolare una, rivoluzionaria, che non è stata rivoluzionaria subito, dopo un po’. È stata ferma lì, poi ha sortito il suo effetto. La leggete nel post della fine di L’Amo che ho linkato sopra, ma il concetto centrale mi pare che sia che non puoi costringere un altro a essere meglio di quello che non è, lo devi mollare. È questo il motivo per cui L’Amo si è sciolto e Giona ha iniziato a fare tutto da solo dopo aver trascorso alcuni numerosi momenti speciali in compagnia di una Peroni rischiando la cirrosi e solo dopo quei momenti speciali ha deciso di farselo da solo l’album? Forse. L’abbandono è una brutta bestia, è brutto come lo sguardo di un cane abbandonato. Una volta l’ho abbandonato un cane, anche se solo per due settimane. Con i miei, partivamo per una vacanza e abbiamo lasciato Doghi a casa, c’era mio nonno che gli andava a dar da mangiare e a far compagnia ogni giorno. Quando ce ne siamo andati ho guardato gli occhi di Doghi e ho visto l’abbandono. Lui sapeva che ce ne stavamo andando, forse non sapeva se era per sempre o per poco, secondo me pensava per sempre. Quegli occhi da quel momento sono stati l’immagine dell’abbandono per me. Quando qualcuno ci abbandona siamo quegli occhi lì. Brutto, molto brutto, anche se io sapevo che l’avrei riabbracciato dopo due settimane era brutto lo stesso. E insomma siamo andati al mare quella volta, ci siamo divertiti, ho pensato alcune volte a quegli occhi, ho giocato e raggiunto stanchezze inimmaginabili dopo giornate intere trascorse in acqua, col tempo dettato solo dai polpastrelli delle mani che si raggrinziscono e che mi costringevano a fare una pausa, secondo le indicazioni di mio babbo. Mi sono guadagnato il soprannome Uomo di Atlantide. Insomma, ho approfittato del fatto che ero là, in quel posto in cui forse non sarei mai più tornato (a Palinuro non ci sono più stato). La vita continua dopo le cose brutte, forse è una cosa che impari ogni volta, la fai continuare anche da bambino anche se non sei consapevole che sta succedendo. Quando la vacanza è finita e sono arrivato a casa, Doghi mi ha fatto una festa della madonna, non era arrabbiato, era in una bolgia storica, e io ero felice. Giona dopo che è stato abbandonato ha fatto uscire Peroni, a me pare in formissima perché ha scritto una canzone molto bella, e io sono felice.