DRONZ

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Lo so l’aveva già fatto Noisey ma il mio è più craft

Nella corsa verso l’uscita del nuovo disco, i Muse intorno al 20 marzo hanno pubblicato il secondo video, Dead Inside, dopo Psycho. In un articolo ho preso seriamente quello che forse non avrei dovuto prendere così seriamente, però i Muse in questo momento sono a un livello altissimo di potenza comunicativa, in linea di continuità con il racconto neo-neo-neo-neo-distopico che sta rubando i cuori ai ragazzi, tra un La ragazza di fuoco e l’altro. I Muse s’inseriscono nel filoncione ma arrivano in ritardo e non aggiungono niente. Le loro produzioni sono la big-babol del rock e masticando quella cicca profumata Bellamy vuole darci a bere che gliene frega qualcosa dei temi che tratta con la sua band. Grandi critiche precise a un governo, descritto come un grande occhio che ci controlla, ci fa fare quello che vuole e fa cose orrende, tra cui la guerra. L’estetica è da baracca e il contenuto del discorso è sottomesso in modo violento all’impatto visivo e di comunicazione che i due singoli fin’ora usciti vuole generare. Chissà tutto l’album che spettinata! E qui s’inseriscono i droni. Ormai sono #musedrones e sono una specie di simbolo della tecnologia più avanzata, anche se immagino ci siano tante cose nuove molto più avanzate che però non tutti conosciamo, ma il volo è sempre qualcosa di affascinante e una macchina che vola e fa tutte qulle cose lì è un po’ come quando abbiamo visto per la prima volta Robocop: una filata, ma un po’ spaventoso, mostruosamente tecnologico. Oltre a cose terribili, i droni possono fare anche cose utili e belle, come dare lavoro alla gente che li sa pilotare o aiutare a salvare persone dalle alluvioni. Li ho visti al tg1, li ho visti nei manifesti appesi per Gatteo Mare, nei volantini che mi arrivano in posta e tutto questo vuol dire che sono un’invenzione vecchia e che l’uomo, quel mascalzone, si sta inventando qualcos’altro di più terribilissimo. Ma l’accezione “utile e buono” non è appetibile e i Muse calcano la mano sull’utilizzo cattivissimo. Bellamy fa propria la definizione di drone come macchina da guerra usata dagli americani per scopi militari, come gli attacchi in Afghanistan. Homeland ce l’ha fatto vedere, non so in quale misura tutto fosse realistico ma comunque ce l’ha fatto vedere. Simbolicamente, i droni sono il controllo da lontano. DRONZ vuol dire tutto un sacco di cose: dittatura, dittatore, umano non umano, menti controllate, Stato militare, guerra, corpi senz’anima, tecnologia brutta al potere, uomini come droni costretti a esserlo. La critica ai droni non è una roba tanto originale perché per fare solo un esempio un tizio di nome David Shook, un poeta, nel 2013 voleva usare un drone per bombardare le città con poesie contro la guerra. I Muse creano una specie di poetica ed estetica del drone (niente a che vedere con il domo metal e con i suoi vortici pazzeschi), fatta di suoni bombastici e potenti ma secchi come le palle di un ascoltatore un minimo critico nei confronti della loro musica, testi a slogan con parole a effetto che suonano da dio (rime bellissime), un video patinato con un militare digitale, un altro video con una modella che balla nuda coperta solo di un colore oro argento dentro uno stetoscopio, a volte ha i capezzoli a volte no e al posto degli occhi ha due buchi neri. Tutto perfetto, c’è tutto quel po’ di negativo curatissimo che diventa allettante e attraente. Quello è lo scopo del lavoro di Bellamy e squadra: nascondere dietro a un messaggio condivisibile la bellezza del male. Diabolici. Hanno creato un’estetica piacciona e caratterizzano la critica con le stesse cose con cui hanno caratterizzano il suo bersaglio: la loro presa di posizione è fatta di colore, suono, esplosioni di suono, è invadente come il drone, anzi è invadente perché è invadente il drone, e quell’invadenza crea un’estetica funzionale alla critica ma così anche la critica diventa invadente, sovraccarica. Critica e droni hanno le stesse caratteristiche. Secondo me non funziona. Il tema è quello giusto: un po’ tecnologico, un po’ impegnato, che un po’ colpisce al cuore e allo stomaco tirando fuori la guerra e il totalitarismo. Ma è un boomerang ragazzi, perchè non è facile. Allora, scegliete almeno un altro tema. Con tutto quello che pagate il vostro MKT. Questo cock rock progressista contro la guéra è difficile da fare, basta calcare un po’ troppo la mano che si finisce per rovinare tutto. Cock rock progressista! Ecco perché c’è un pene rosso in copertina. Ce l’abbiamo visto tutti, non ce l’ho visto solo io.

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