
foto marina muolo
Five on Four dei Minimal Whale (Marsiglia Records) mi era pure presa bene, per i primi secondi, prima di sentire il cantante e avere dentro me un riverbero Korn, dei quali non mi è mai fregato niente. Il sax tenore e la chiusura dal minuto 3 della canzone sarebbero bellissimi, strumentali. Pensateci. Per il resto del disco, ci sono anche delle belle idee, le parti peggiori sono quelle della chitarra solista in Cage. Visto che però il disco peggiora a vista d’occhio dalla seconda canzone compresa in avanti, al secondo ascolto ho pensato di chiuderla qui, al pezzo numero 3. Non è malissimo come album in realtà, ma è freddo come il vento di febbraio in mezzo al campo abbandonato di sterpaglia e non c’è nulla che mi trattenga più a lungo ad ascoltarlo. Il disco si chiama come loro. Mi era sembrato fighissimo Worthless Ep degli Zail (DreaminGorilla Records), che potevano anche cambiare nome da subito però. Pezzo 3, e non vedo l’ora che sia finito il disco, sono già molto stanco perché inevitabilmente mi vengono in mente i Depeche Mode e io proprio con loro non ce la faccio. Mi avevano detto i Battles, ma qui di ruote bisogna ungerne ancora. Agli Zail mancano i titoli delle canzoni, trovo che, in generale, non sia corretto dire che non ha senso replicare dei modelli, perché ci sono casi in casi in cui vengono replicati dei modelli e tutto riesce benissimo proprio perché non c’è niente di nuovo ma ci sono le canzoni scritte pensando alle canzoni e non all’effetto che faranno. Tutto il disco fa fatica ad andare avanti, c’è qualcosa che macina macina e non gira bene, compresa quella canzone che si chiama gamba d’oro, ma nel testo dice gambe d’oro, e che all’inizio mi piaceva un botto, dopo no. Quello che pronuncia l’inglese come fanno in Iran è un cantante. Basi come queste (Little Storm) non ne avevo mai sentite, e mi proiettano nella serenità e nella pace dei sensi appena inizia Tom&Jerry in una progressione che al minuto uno e cinquanta circa rallenta facendoti sperare che anche il tempo, fuori dalla finestra e in mezzo alla nebbia, rallenti, e che entri la nebbia a mangiarti il computer. Ma la nebbia in Romagna non è sempre così cattiva. Il topo e il gatto di solito fanno un gran casino, qui, una tristezza. A fare bolgia si fa come i Latex Teens First Attack (autoprodotto), che con il titolo del loro ep mi rendono curioso. Con la copertina anche, furbastri. Miglior disco ascoltato oggi, migliori titoli (Lasagni, Corri Pilotto corri, Andy cop boy, Latex e Un bacio per te). I miei amici della Concertini dicono atmosfere da b-movie, salto sulla sedia, e non so se è vero perché i b-movie me li ricordo con un sacco di colonne sonore diverse, quelli di Corman in un modo, quelli di Fernando di Leo in un altro. Quando qui da noi si dice b-movie ci si riferisce forse alla Polizia s’incazza e cose di quel tipo, e allora non mi pare che sia musica da b-movie quella dei Latex, e per fortuna. Georgia Keeling, voce in Latex, definitivamente compromessa con quel materiale e l’immaginario relativo, e dato che c’erano potevano chiamarsi latex teens fist attack senza troppo riguardo. Un po’ cinghioni, ma non riccardoni. Di Lasagni c’è anche un video, con gli unici zombi che non mi hanno stancato dopo tre secondi negli ultimi tre anni e tre donne che suonano al posto dei tre uomini che vi troverete di fronte se andate a vedere i Latex dal vivo. I Moheir, che si autoproducono, sono meglio dei Calibro 35, i Calibro 35 sono la noia. Il disco dei Moheir si chiama A Rough Soundtrack e se siete disposti ad accettare che oggi sono in modalità strumentale e hard cock ma forse domani non più, sarete disposti anche ad accettare che i Moheir a volte (Cinemon) sono un po’ rigidi ma me la fanno passare, con picchi di piacevolezza in Hammer Serenade e Heisenberg. Non bestemmio se nomino gli Zu, non così contorti, ma non bestemmio, no, se vuoi bestemmiare tu, bestemmia pure. Gli attimi da colonna sonora porno soft non me li aspettavo e sono rimasto così per Past Dust, non il momento migliore del disco, che comunque da lì in avanti è tutto un ascolto costellato di motivi non d’inquietudine ma di continui cambiamenti di percorso, alcuni opinabili (i piatti della batteria in An 80’s Italian Sunny Sunday). Nessuno canta, e i titoli delle canzoni non sono il massimo ma neanche male. Copertina quasi più brutta di quella dei Minimal Whale e sempre con gli ombrelli. Ancora sax in Bliss dei Captain Mantell (Dischi Bervisti, Overdrive Rec, DreaminGorilla Records e Xnot You Xme), che ascolterei tutto se non fosse che le prime due canzoni mi ricordano gli U2, i Black Keys e Jack White che prendono un drink trasparente insieme, e io odio i vecchi rocker che si ubriacano e ti molestano al bar in cui sei andato solo a vedere un concerto in pace. Titoli pesissimi, copertina contorta da genio del disegno col compasso. Se volete ballare ascoltate Don’t be scared, here are the Diplomatics dei Diplomatics (copertina stile Ramones, trascurabile, titoli del cazzo) ma non mandate più comunicati stampa chiedendo se sono pronto alla rivoluzione perché in questo modo potreste inconsapevolmente istigare alla reazione. I pezzi c’hanno anche il tiro, ma io dopo due mi sento stanco.
ciao
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