Un titolo per dire che parlo di un festival a caso di Fusignano ma anche di OSTRO dei LAY LLAMAS

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Partecipare a un festival di musica indipendente italiana è una cosa molto bella, andarci intendo. Bello è anche collaborare con quelli che il festival lo organizzano, per scrivere cose. Il Prime Open Air si svolge in una serata e in quella serata hai modo di vedere diversi gruppi che suonano, di girare e anche di pensare. In quei momenti si ridefinisce un po’ il tuo rapporto con la musica che viene suonata, o qualcosa di simile. Può capitare che se il tuo rapporto con la musica passa anche per la scrittura mentre giri pensi alle cose non per scrivere, o a cosa scrivere, ma alle cose in generale, e ogni tot ti viene in mente qualcosa che potresti scrivere. Si tratta di pensieri ben definiti che possono pure creare una discreta auto-aspettativa e che, naturalmente, se non te li appunti nel cellulare, perdi quasi di sicuro. “Perdere” può essere sostituito anche da “trasformarsi”, fino a diventare una cosa che all’inizio non c’era. Nel blog scrivo cose, cerco di scrivere quelle che secondo me hanno un senso. Non c’è una formula che definisce il rapporto tra il disco di un gruppo e il suo concerto live, il concerto ha molto più vie di fuga per pensare, nel senso che la vista è un senso che conta, e serve per visualizzare gli strumenti e le note che fino a ieri hai ascoltato solo su cd/disco/mp3, cioè su supporti che congelano una canzone che invece dal vivo può prendere anche un’altra strada, non solo perché è fatta in diretta o perché può venire più/meno veloce/arrangiata diversamente rispetto a quella registrata, ma anche perché quando vedi un concerto dal vivo c’è una specie di contatto fisico (indiretto, a distanza) con quelli che suonano e questo contatto fisico (anche visivo) può essere rivelatore. Ecco perché è interessante andare ai concerti. Trovi gruppi già visti un anno fa che migliorano, ma può succedere anche che peggiorino e che comunque venga rimesso in gioco il tuo rapporto col download inciso e con le canzoni così com’è possibile ascoltare ogni giorno a casa, in macchina, sul cesso. Il rapporto con l’album cambia anche a prescindere dal live, cambia lo stesso. Perché oggi potresti riscoprirti in botta per un disco che un anno fa neanche avevi trovato il tempo di riascoltare la seconda volta. Però il live ti dà elementi in più per valutare il gruppo, quello che l’album l’ha fatto. Ti permette di vedere come suona senza nessun possibilità di rifare, di sentire, e puoi dire semplicemente dal vivo mi hanno fatto schifo, oppure mi sono piaciuti tantissimo, o anche la via di mezzo. Quindi un ragionamento, o qualcosa di simile, su un gruppo, o su un musicista, si muove su due piani sfalsati, quelli che dicevo appunto, il registrato e il suonato dal vivo. Ho visto dal vivo band che su disco mi sono piaciute ma che nel live mi hanno spezzato le gambe, per due volte (due dischi, due live) i Father Murphy sono stati così. Poi c’è il contrario, ci sono i dischi che ascolti una volta e ti piacciono, come quello che ho sotto adesso, Ostro dei Lay Llamas, e poi capita che vai in botta dopo aver visto i Lay Llamas dal vivo in qualche posto. I gruppi del Prime Open Air li avevo già ascoltati tutti e mi piacevano più o meno già tutti prima, Il Buio ha passaggi che non mi convincono moltissimo, ma un batterista molto bravo, dal vivo li ho visti molto migliorati rispetto a due anni fa. I miei preferiti della serata sono stati i DAGS!, poi alla fine è arrivato a suonare Bob Corn, che non è una novità, ma nel caso specifico importa poco. Venerdi sera quindi il confronto valutazioni sul disco/valutazioni sul live non ha rivelato troppe differenze ma è lo stesso. Quello che importa è che un festival pieno di iniziative, non solo musica ma anche disegni, libri e mercatino, per dire, funzioni come ha funzionato venerdi, con molta gente e gente presa bene e tranquilla. Ho visto persone stanchissime per le varie cose di tutti i giorni rilassarsi e divertirsi un pò. Dalle 9 o dalle 10 a mezzanotte o poco di più. Oltre a questo, mi è successo di intervistare quelli che hanno suonato e ho ripensato un po’ anche alla possibilità che mi è stata data di sentirmi con gente nuova attraverso le interviste, di scambiarmi messaggini con persone che non conosco, che in fondo è bello. Con qualcuno ho poi parlato anche faccia a faccia, ed è stato figo. Ho pensato che il mio ruolo avrebbe potuto anche essere lo stesso ma con esiti differenti, cioè avrei potuto fare domande più stronze. Ma non mi è venuto, perché i gruppi mi piacevano e le domande sono quelle che mi sono venute in mente non sempre alla prima pensata ma alla terza oppure alla seconda. Ho pensato quindi che posso aver fatto la figura di quello che intervista le band per leccare il culo, e non va benissimo come figura, ma non è così. Il Prime (e chiamandolo in questo modo tradisco l’affetto) non mi paga, non m’impone e soprattutto io non m’impongo di scrivere cose carine su quello che fa. Se avessi scritto cose brutte, probabilmente proprio questo sarebbe il motivo per cui io e i ragazzi del Brainstorm (=Prime) non ci saremmo trovati, perché non avremmo avuto gusti musicali simili o assimilabili. Ma il mio ruolo non è quello dell’ufficio stampa, anche se può sembrare, o quello di uno che scrive cose su un blog che leggono in pochi e quando fa le interviste per il Prime c’è un hype pazzesco e le visite aumentano. Si va bene, molto bene, ma non è un click che poi ti cambia la vita, la soddisfazione del click è molto limitata nel tempo, qualche minuto. Quello che ti cambia la vita è che in qualche modo ti senti parte di una cosa, all’interno della quale sono coinvolti anche i tuoi amici di sempre, i tuoi amici nuovi e la tua ragazza, perché sono lì. Dopodichè è finito Ostro dei Lay Llamas, limite fisico e temporale imposto per scrivere oggi su Neurone, e non posso più dire altro, ma quello che volevo dire mi sembra di averlo detto. In quanto disco genericamente pshych rock, Ostro si attiene alla propria funzione: farti pensare. Mi ha ricordato un robot che lotta per rimanere in vita in Africa, vaga senza meta né ragione nel Sahara per finire a mollo nel lago Tanganyica. Il robot è in fondo cosciente, quindi a volte mostra una reazione forte, altre il disco s’inceppa e non va più avanti. Così succede in Ostro, che fa dell’apparente immobilità, che in realtà progredisce d’intensità in modo evidente tramite la ripetizione delle cose (Something Wrong), una propria caratteristica forte, e forse possiamo chiamarlo afrobeat futuristico e minimalista, fino al corto circuito di Voices Call, che sembra Sparklehorse, anche senza Fennesz.
Ostro è il nome del vento australe che soffia dall’Africa alla Sicilia, dove i Lay Llamas sono nati e dove hanno registrato il disco.

Ostro, Lay Llamas
Rocket Recordings
bandcamp

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