Un po’ di tempo fa mi è capitato di scoprire che uno dei due del Disco d’oro se n’è andato, non so il perché, ma posso immaginarmi una scena in cui lui dice all’altro oh ma prenditi un giorno di ferie e torna domani per sentire come ho fatto a farmi il doppio dei soldi da solo. Ha aperto un altro negozio di dischi a Bologna, il/lo/la Ono Arte Contemporanea in via Santa Margherita, 10. In realtà, onore al merito, non è solo un negozio di dischi ma anche una galleria d’arte. C’ho visto qualche mostra, niente per cui strapparsi le mutande però neanche niente male.
Quando entri all’ONO le cose vanno più o meno così. La prima cosa che vedi sulla sinistra sono due tipe che spuccettano al computer, parlano a voce alta al telefono e organizzano la baracca, una ha un Apple l’altra no e si capisce che quella che ha l’Apple non è il capo perché l’altra ha fatto il giro di boa della consapevolezza tecnologica. Non c’è turn over al 100% del personale perché mi sembra di aver visto sempre le stesse facce dietro ai computer, o almeno una delle due, quella che ha fatto il giro, appunto. Non ho mai amato gli uffici sulla strada, anche se sono consapevole che uno che ha un ufficio e uno dei muri è la vetrina che dà sulla strada fa di sicuro un lavoro figo, perché non ho mai visto un ragioniere lavorare in un ufficio così. Poi prosegui, guardi più o meno interessato la mostra e nell’altra stanza, dove c’è il negozio di dischi, la seconda parte dell’esibizione, i libri e varie cose esposte su una credenza. Se le compri possono tornare sulla tua di credenza, incredibile bridge.
Forniti sono forniti (quasi solo vinile, il CD puzza di merda, indie, rock, black, elettro e così), hanno cose fighe, puoi ascoltarle, e la stanza è progettata come se fosse un bar, col banco al centro. In effetti l’ex del Disco d’oro si è sempre spacciato un po’ per uno che con la musica sa fare un sacco di cocktail (era dj), e che pensa che quelli buoni siano solo quelli che ha inventato lui.
Però c’è un problema: non puoi sapere subito quanto costano i dischi perché sopra non c’è il prezzo ma un codice a barre, che devi passare sotto il raggio di una pistoletta, di fianco alla cassa. Al supermercato succede la stessa col Salvatempo, che oltre alla fila ti evita anche la figura dell’universitario che non ci sta dentro coi soldi, lascia in cassa la bistecca e si tiene i dieci pacchi di Rustiche al pepe. Tra cocktail e supermercato (nel week end ONO è anche sala da thé, aperitivo tutti i giorni) a livello di sensazione e atmosfera sembra di essere in un posto che si occupa di movida e alimentari, non di vendere musica. Tirato e serioso, ci fanno un sacco di storie, ci sta quell’atmosfera per lo spazio espositivo e bella l’idea di accostare mostre e dischi, ma questa cosa che non posso vedere i prezzi subito m’infastidisce. Perché magari una volta sono indeciso tra cinque dischi, un criterio di scelta a mia disposizione è anche il prezzo e mi devo mettere lì a sparare con la pistola per poter dire di avere coscienza completa di quello che sto facendo. Che sia per un fatto statistico (quante persone vorrebbero comprare cosa) o perché all’estero fanno tutti così (anche se no, non mi pare), non so per quale motivo lo facciano – quando sono andato non gliel’ho chiesto perché in passato ho avuto altri dialoghi con lui e punto a non averne più. Il motivo più ragionevole è quello statistico, ma in questo modo mi fai sentire come se quello che tieni e quello che compro fosse solo il risultato di una statistica, fredda e poco comunicativa, perfetta per un supermercato, non per un negozio di dischi. Non vivo nell’Iperuranio di Platone, so che bisogna avere quello che la gente cerca, ma si potrebbe creare un’atmosfera meno austera, mettere più a loro agio i clienti e stare attenti a quello che ti chiedono parlando. La pistola impedisce un possibile dialogo e allontana le persone dal negoziante che, in un negozio di dischi, deve aver voglia di dire. La pistola rende meccanico il rapporto con il prezzo, un rapporto di conflitto, un rapporto in cui le due parti sono ambivalenti ma quella priva di vita ha dalla sua il fatto di essere l’oggetto del desiderio, non perché fisicamente eccitante, ma perché contenutisticamente interessante. Un rapporto sensibile, variabile e che a volte necessita di tempo per maturare, diventa la voce di un grilletto. HUMANIZE IT.
Una delle regole più belle d’Italia è quella che impone (si fa per dire) ai negozianti di esporre i prezzi in vetrina. All’ONO non ci sono neanche dentro, e io devo per forza sfacciarmi su una macchinetta che mi dice CLIC e rutta una cifra su uno schermo.
Quindi non posso neanche scrivervi una vaghissima media dei prezzi, come ho fatto le altre volte per Vai nei negozi i dischi. Comunque, all’ONO ci tornerò, vincerò la paura della macchina e ci comprerò qualcosa.
Sono contento di aver scoperto questo blog
Grazie!