Da una reunion aspettarsi un buon album è quasi sbagliato; però chissà, può anche succedere il miracolo. Fin qui, non ci piove.
Tra gli album di una volta dei Sebadoh non faccio troppe differenze, mi piacciono più o meno tutti; Sebadoh III, Bakesale e Harmacy sono i miei preferiti. Vedendo in giro per concerti un Lou Barlow molto ispirato io pensavo che; viste le premesse, era facile che il disco nuovo mi piacesse. Invece no, Defend Yourself è da escludere dalla lista delle cose belle pubblicate da Barlow negli ultimi anni – l’ep che l’ha preceduto anche. Prendo su dal mucchio, cioè penso a Lou Barlow e a tutto quello che fa: per esempio possono essere aggiunti alla lista i Loobiecore.
Defend Yourself è debole, non dal punto di vista melodico e produttivo, ma da quello della scrittura. In alcuni passaggi la chitarra sganghera e suona molto bene (Once, Inquiries, Final Days); altri momenti, troppi, passano e non lasciano nessun segno (ora mi viene in mente Oxygen), anche dopo diversi ascolti. Lou Barlow gioca al poliziotto buono e quello cattivo con J. Mascis e fa finta di lamentarsi quando è vicino a lui, ma con i Dino scrive pezzi molto più intensi: anche Rude (I Bet On Sky, 2012) è meglio di qualsiasi sua canzone di Defend Yourself. Con Loewenstein manca la rivalità che spinge l’ego famelico barlowiano a fare meglio. E, alla fine, neanche Loewenstein riesce a dare all’album un po’ della bellezza che in fondo speravo di trovare – senza aspettarmi il miglior album dei Sebadoh, il miracolo ok, però non così grande; sembra Frusciante, cristo, o il peggio Springsteen, cazzo. E’ trascorso già più di un lustro, ma nel suo solista At Sixes and Sevens, uscito dopo The Sebadoh quindi utile termine di paragone, era un scrittore molto più ispirato.
Quattro mesi c’ho messo a scrivere ‘ste tre righe su Defend Yourself. I Sebadoh sono tornati, e va bene. Il loro suono si è definito meglio a partire dal terzo album (Sebadoh III, ’91, Homestead Records), e quel suono era uno dei più interessanti della musica indipendente degli anni 90. Gli anni 90 stanno tornando, e va bene anche questo: gruppi che si riuniscono, brindisi per i ventennali, sonorità che si fanno risentire. Si può dire quindi senza timore che il ritorno su disco dei Sebadoh è contestualizzabile al revival anni 90. Gli anni 90 erano divertenti perché quattro musicisti stronzi vestiti esattamente come te ti dicevano Non ho studiato molto, eh, ma senti come suono; vuoi un giro del cazzo che ti faccia muovere la testa, oppure uno più complesso che ti faccia impazzire? Te li faccio tutti e due, prima uno poi l’altro. Oppure c’è il mio amico che fa una cosa diversa dalla mia, sentila. C’era il Superfuzz, c’erano i Fugazi, c’era il desiderio di fare una musica che usciva dalle casse come se uscisse dal cervello dei ragazzi che la suonavano, senza troppi filtri, piena di cose, messe più o meno in ordine o del tutto in disordine, e c’era l’emozione. C’erano un sacco di cose, e i Sebadoh hanno dato il loro porco contributo. Se di tutto questo prendete solo il suono, la distorsione della chitarra per fare un esempio concreto, è come dare importanza solo all’aspetto esteriore della faccenda e rispolverarne, come si fa per gli anni 80, solo l’estetica, anche se non è l’unica cosa importante. In Defend Yourself degli anni 90 i Sebadoh hanno tenuto solo i jeans sdruciti, cassarola. Il loro suono è sempre quello, forse un po’ più malinconico, ma manca tutto il resto. Non pretendevo il cambiamento rispetto a The Sebadoh – se è per questo non pretendevo neanche la reunion. Speravo (solo un po’) in un disco che mi desse l’input per pensare a Lou Barlow che fa così
Che poi, sicuro, lo fa lo stesso, ma io non me lo sono immaginato.
La questione dei revival è difficile: puoi ritirare fuori dall’armadio i vestiti e la musica, ma è più difficile riazzeccare lo spirito. Quello che mi ha colpito più negativamente di Defend Yourself è che sembra stanco. Lo scazzo è sempre stata una caratteristica dei Sebadoh, ma mentre prima era un modo di interpretare, qui si è trasformato in scazzo vero, conseguenza della mancanza di idee. Le canzoni di Loewenstein escono un po’ dal tracciato, ma non sono sufficienti per alzare il livello.
Dicevo la musica, i vestiti e lo spirito. Un’amica mi ha detto Per i 20 anni di In Utero ritiriamo fuori i vestiti Grunge che abbiamo nell’armadio dai io le ho risposto Dai, no e lei ha detto Perché? Ecco perché, a meno che tu non faccia un disco come quello dei Clever Square, i revival non hanno troppo senso, perché riportano alla luce solo la superficie e perché contestualizzare è importante: solo in un determinato contesto storico-artistico-mentale possono nascere certe cose; se poi cerchi di farle rivivere 10 anni dopo, scopri che è difficile perché non ci sono più le condizioni. E allora devi lavorare diversamente, per riuscire a creare qualcosa che ricordi il passato ma che abbia un forza sua, che non ti puoi inventare a tavolino: deve esserci. I Clever Square nel 91 non credo suonassero già, sono rimasti folgorati da quella musica, ma non solo da quella, l’hanno ascoltata e riascoltata e hanno fatto un disco loro, Natural Herbal Pills. Che se vogliamo possiamo inserire in un contesto di revival anni 90, ma i Clever Square hanno iniziato a insistere sugli anni 90 da subito, già nei lavori precedenti, prima del revival, e sembra quasi che lottino per quel decennio, non per essere padri del revival stesso, ma per costruirci attorno qualcosa di personale. E ci riescono. Ecco perché Natural Herbal Pills è grande. Quindi le cose buone ci sono, ma, appunto, non sono le reunion.
Se un gruppo fa un disco nuovo dopo anni (reunion su disco) lo possiamo (o no) contestualizzare in un revival; nel caso dei Sebadoh, si, lo possiamo contestualizzare in un revival. Quello che è certo è che in questo caso il punto di vista è diverso rispetto ai Clever perché sono sempre le stesse persone fisiche a suonare (a parte il batterista) e come si suol dire ne è passata di acqua sotto i ponti. Il risultato può non essere buono.
Ma non è possibile vivere senza reunion (ci sono sempre state) o senza revival, tanto che negli ultimi tempi sembrano essere diventati ancora più indispensabili, cioè rispetto a 15 anni fa si è accelerato molto il ritmo col quale si muove l’eterno ritorno: i decenni ritornano più di frequente, anche più di uno alla volta, e con loro i gruppi. E non è possibile vivere senza revival o reunion anche perchè imbarcano soldi o esprimono una necessità, a molti livelli, dalla festa a tema un decennio a caso al ritorno di una serie di gruppi, che poi costituisce un revival, e il cerchio si chiude.
Quindi, una serie di reunion possono dar vita a un revival; dal revival possono nascere cose interessanti, estranee alle reunion; le reunion di per sé di solito non danno buoni frutti, ma a volte sono indispensabili per dar vita al revival. Conclusioni: niente, io faccio una critica, alla quale credo fermamente (critica che è anche un po’ difficile da soddisfare), poi non è che credo che non ci siano mai più le reunion e i revival perché ho fatto una critica. Anche perché coi revival possiamo scoprire cose bellissime, anche quelle che sono successe prima, quindi bisogna stare attenti a quello che c’è intorno.
(Ma si dice soddisfare una critica?)
Sapevo che sarebbe stata una prova dura, ma ero un po’ emozionato per l’uscita di Defend Yourself. Sempre respect, ma nessun miracolo; e la parola giusta è fanculo.
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