È norma sbagliata, ma spesso se ne esige l’assoluto rispetto, l’aspettarsi, da gruppi che hanno fatto cose pazzesche in passato, cose ancora migliori. Poi non succede. E son cazzi. E se esce il nuovo album dei My Bloody Valentine a distanza di 22 anni dall’ultimo lavoro tale norma vuole che il disco debba essere un capolavoro. L’aggravante della lunga attesa non è da sottovalutare. Isn’t Anything è dell’88, Loveless del ’91, m b v del 2013: ecco la cronologia. È cosa ovvia riconoscere che il primo album è diverso da tutto il resto. E secondo me rimane il capolavoro assoluto dei My Bloody Valentine, chè dopo un po’ i vortici di Loveless mi assopiscono il cervello, già abbastanza assopito di suo. Torna a essere Shoe-Gas, più che Shoe-Gaze, anche m b v, senza troppe sfumature di differenza rispetto a Loveless, è stato detto. È autoreferenziale, è stato detto; è un album congelato nel ’91-’92 e tirato fuori perché a un certo punto la voglia di farsi vivi e tornare a suonare (saranno in Italia all’Estragon di Bologna il 27 maggio, il 29 all’Orion di Roma) ha privato di senso un’ulteriore attesa, o perché c’era bisogno di soldi, hanno detto; oppure è stato detto: ci hanno fatto aspettare più di 20 anni per riproporre la stessa cosa, l’album è una merda. Non è vero che ci hanno fatto aspettare più di 20 anni perché i primi due album girano ancora per le nostre mani, li ascoltiamo e li riconosciamo ovunque ci troviamo, sono una specie di macchia indelebile, perché chiunque ne ha capito la portata. Quindi, in qualche modo, i My Bloody Valentine di Kevin Shields non ci mancavano per niente. Sono sempre stati lì, o qui.
M b v segna il tempo trascorso ma dimostra anche che è possibile pubblicare un album quasi identico zittendo tutti quelli che hanno la capacità o la voglia di andare oltre al “è uguale”, facendo provare loro la sensazione di ascoltare una mummia che canta dopo essere uscita dal sarcofago, ma anche un piacevole suono famigliare, che in quanto tale ti conquista e rinasce a nuova vita, nel 2013. Le prime tracce (She Found Now, Only Tomorrow, Who Sees You) sono la coda lunga di Loveless e ci ridanno quello che avevamo già ricevuto, che è poi quello che aspettavamo perché di tentati cloni o di gruppi ispirati a, negli anni, ce ne sono stati. Ma i My Bloody Valentine sono questi qui, quelli che sentiamo in m b v, nessun altro riesce a emularli. Sono tornati, senza paura. Questo disco congelato ne è la dimostrazione, ed è una vittoria sublimante per la band.
Che è ancora in grado di colpire come la prima volta con le sue sonorità noiose e meravigliose, come in If I Am, che in realtà qualcosa di nuovo la contiene: torna la ripetizione e la circumnavigazione sonora ripetuta di uno stesso giro, ma c’è meno acidità. Tornano anche le canzoni più pop (New You), ma tutto perde un po’ in acredine per guadagnare in esperienza, calma, tranquillità. E vaffanculo, non si può dire che i My Bloody Valentine non siano cresciuti. In Another Way riprende la gramigna dei tempi trascorsi da anni. Ma sono diverse anche le orecchie di chi ha ascoltato un tempo e ascolta adesso, sono cresciute, non vivono più quei suoni come li vivevano una volta. In questo senso i My Bloody Valentine hanno offerto un disco congelato alle stesse persone, che ora hanno qualche anno in più rispetto a quando uscì Loveless e non possono non porsi di fronte a M b v con un atteggiamento differente, quindi nuovo. Ci hanno detto quello che già sapevamo, ma ce l’hanno detto sapendo che siamo diversi, con tre possibili risultati:
1) ci addolciamo ricordando i bei tempi andati, diventando un po’ patetici;
2) ci fa schifo perché abbiamo dato per scontato che il nuovo disco dei My Bloody Valentine dovesse essere una cosa nuova, ma non abbiamo capito un cazzo perché non stava scritto da nessuna parte e non c’è una regola divina che lo prevede: l’unico desiderio ammissibile era che fosse di qualità, e così è stato;
3) lo ascoltiamo con le nostre nuove orecchie, se le abbiamo.
Da sottolineare anche il fatto che c’è una canzone come Nothing Is, perfettamente al passo con i tempi, quelli di oggi. E pezzi più che degni di nota come Only Tomorrow e Who Sees You.
Io ho cercato di ascoltare m b v con le mie orecchie nuove e l’ho trovato pieno delle stesse idee di una volta, ma mai uguali. È difficile riscrivere canzoni come When You Sleep o I Only Said, e infatti m b v non lo fa, sarebbe inutile. Si muove su orizzonti diversi rispetto a questi due pezzi, che erano il cuore di Loveless, si muove più sugli orizzonti di To Here Knows When, Sometimes e Blown A Wish, scelta non scontata e non facile. Anche in questo m b v è nuovo, diverso da ciò che sarebbe stato scontato. M b v, infine, non ha quel violino improponibile che trovavamo in Soon, e questa è una cosa molto buona: col tempo è venuto fuori un album al netto dei suoni peggiori. E My Bloody Valentine rimane pur sempre uno dei nomi più belli mai dati a un gruppo, nonostante il cocktail.