Dev’essere stato quando ho messo il cd dentro alla radio in macchina che Il tram delle 6 mi è entrata nello stomaco. Il tram delle 6 è il primo pezzo di Legna dei Gazebo Penguins e dev’essere stata quella mattina che il tiro della chitarra in apertura, che sostituiva il giornale radio appena concluso, mi ha fatto dire: accipicchia.
Tutto l’album procede come un puzzle in cui vengono montate insieme parti di chitarra bestiali (anche in Dettato), batterie con una capacità di arrembaggio incredibile, testi tra il non senso, il senso, lo scherzo, lo sconsolato e il ricordo d’infanzia e d’adolescenza (Senza di te). E proprio Senza di te ha una progressione di chitarra iniziale che propone subito il ritornello e lo fa come se fosse la bomba del secolo. E fa bene, perchè lo è. E sembra quasi uno scherzo come viene troncato alla fine della canzone, ma non lo è perchè così che sembrano essere i Gazebo Penguins: sono fuori a fare la legna, la fanno con tutte le seghe elettriche e le accette che servono a creare suoni pieni e a tagliare, troncare, spezzare ritmi per farne altri, prima con la percussione, poi con le chitarre, poi con tutto quanto (come in Troppo facile, che tra l’altro ha un testo davvero ficcante).
Ora, c’è un momento in cui l’album cambia e questo modo fantastico dei Gazebo Penguins di prendere di continuo nuove direzioni va oltre tutti gli indirizzi provati in precedenza. Questo momento è Ci mancherà, che passa da un giro di chitarra scricchiolato a un ritornello potentissimo. Non è un vero ritornello, lo sembra, ma subito dopo finisce il brano. E Cinghiale rende canzone questo modo di spezzare le strofe: è come dire che lo esplicita, infine, chiaramente. A quel punto diventa lampante e capisci, fino in fondo, quando maledettamente suonano bene questi ragazzi. Il suono e le voci danno la soddisfazione che dà una giornata di pioggia dopo un’estate bollente, o anche viceversa, ma preferisco la prima sensazione. Cinghiale prosegue sulla via aperta da Ci mancherà e definitivamente chiusa da 300 lire, ultimo degli otto brani di Legna. Poi torni ad ascoltare dall’inizio il disco e il disco cresce nota dopo nota, finché non arrivi alla fine. E riattacchi, e il disco cresce.
Portarsi in giro Legna da ascoltare è un premio. Questo album è una bomba che non puoi controllare. Tu. Ma a controllarla ci pensano i Gazebo Penguins, sporchi, pestati e calibrati, attenti in ogni singolo passaggio, in ogni singolo cambio repentino di velocità e sonorità.
Tardi, tardissimo per parlare di Legna, che è uscito nel maggio 2011. Ma, no, in realtà non è così tardi perchè ‘ste distorsioni suonano come infinite, e le melodie ti entrano in testa come le più facili del mondo, anche se sono arrangiate in maniera geniale e del tutto originale, mai e poi mai scontata. In 300 lire si sentono gli echi della sigla di Daitan, che poi però si trasforma in cross-over (si dice ancora?) pesto e dilagante. Non si può chiedere di più.
Le altre cose DA ASCOLTARE dei Gazebo Penguins sono: lo split con I Cani, I cani non sono i pinguini, i pinguini non sono i cani (aprile 2012), e l’ultimissima roba fatta, in luglio 2012, cioè lo Splittone paura con Verme e Do Nascimiento. “Son dieci anni che ascoltiamo i Refused/ma ci mancano i soldi per farli suonare all’Igloo” (Renato A.T. dallo Splittone paura) sono, oggi, 11 ottobre 2012, due versi più che mai validi.
Loro (www.gazebopenguins.com) sono in tre, Capra, Sollo e Piter, e sono nati e frequantano i posti del rocker di Zocca e di Ligabue. Legna (vergato To Lose La Track) è il secondo album che hanno fatto: il primo era The Name Is Not The Named. Il primo EP era Invasion. Vi ho detto tutto? No, non è mai tutto. Ma ascoltatevi tutto dei Gazebo Penguins, COMPRATEVI tutto.
Dal vivo al TPO di Bologna per la serata To Lose La Track, il 20 ottobre. Con Chambers e Disquieted By.