The Power of Rock 2, incontri ravvicinati del tipo dark glitter

Trovo piacere ultimamente nel sorseggiare il succhino di mela della Selex. Purtroppo la vita non può essere solo un piacere. Non fa piacere per esempio tagliarsi sotto a un piede con una cozza al mare; non fanno piacere l’incomprensione e l’incomunicabilità; non fa piacere rimanere scontenti dopo aver visto un film, così come non fa piacere la disillusione. Anni fa Dido ci deliziava con la sua dolce voce con canzoni ultrafamose in tutto il mondo ma altrettanto semplici e quasi banali, comunque piacevoli. Più o meno nello stesso periodo, Goldfrapp, uscita o quasi dal trip Tricky, dava alla luce il suo secondo album Black Cherry (2003). Non so perchè ma lo ricordo come un disco allora validissimo. Ma se dovessi riascoltarlo adesso, con il saggio senno di poi, non ne avrei voglia. Solo un anno prima era uscito il molto più apprezzabile (ancora oggi), molto più eroina We Are Science di Dot Allison: ecco cosa ci voleva in questi giorni, per farmi capire perchè ascoltavo certe cose. Senonché, preso dalla voglia matta di trovare qualcosa di simile ma più attuale, ho ascolato, fidandomi delle voci, One Second of Love di Nite Jewel. Mai cosa fu più sbagliata. Ecco allora che il secondo appuntamento con The Power of Rock diventa anche l’occasione per citare la pericolosissima deriva musicale dell’elettro pop verso un dark posticcio, rappresentata dagli Austra et similia, band seguite da nuovi strani intellettuali in pantacalze ghepardate che gridano al miracolo ogni volta che sentono un ritmo elettronico con uno sputo di anni ’80, mentre si trovano di fronte all’ennesima cacata in tuta dark con brillantini. Generalizziamo, si.
Scrolliamoci di dosso i brllantini e torniamo in noi, ho pensato poi in questi giorni. Di piacevole ascolto si parla quando si parla dell’ultimo dei Dirty Projectors, Swing Lo Magellan. Si tratta in effetti di una cosa che non c’entra nulla con ciò di cui si è parlato sopra, ma è uno di quegli album che fa allargare i bronchi e passare alcuni dolori, in grado sia di compiacerti un pò con passaggi che di più vecchi non ce n’è (la chitarra in Offspring Are Blank) sia di appoggiarti la mano sulla spalla con suoni d’altri tempi e ricordi solo un poco lontani (Swing Lo Magellan). Just From Chevron ha però un sapore nuovo, ed è in questi momenti che pensi che per fortuna ci sono dischi così: con un obiettivo, comporre e suonare in modo anche irregolare, ma melodico e personale. Maybe That was It è il pezzo più dondolante dell’album, un vero bjoux. Tra l’altro, i Dirty projectors hanno una discografia densissima (11 uscite dal 2003). Suona in modo assolutamente originale The socialites, un incrocio tra una canzone scema e una più che seria scrittura d’autore. Sentite come canta lei. Ultima canzone citata, che merita un applauso per la base bizzarra e i cori femminili molto ben piazzati: See What She Seeing.
Simili vaccate, ma sincere, potrebbero essere scritte anche per Huh? degli Spiritualized. Huh? è solo un pò più hard a tratti, ma ugualmente attaccato al passato con una spinta a un futuro decisamente impreciso. Jason Pierce un pò si è trasformato, un pò no. L’album è solo un pò forzato e quindi dopo l’entusiasmo iniziale per Hey Jane (forzatura cool e instopabili in stile Black Keys) o l’adorabile pinkfloideggiare di Mary e Get What You Deserve, subentra un pò di stufa. Non ditemi che non è una marchetta gigante Headin’ For The Top Now. Quella di Too Late rimane comunque una melodia ruffiana ma indimenticabile; e, per gli amanti di Sparklehorse e tiraggi folk anni ’90/’00 c’è la splendida Freedom.
Per chiudere in bellezza, e ritornare un pò ai suoni fake di cui agli Austra, ecco che arriva sulla nostra scrivania Red Night di The Hundred In The Hands, che pare eccitante e sopra le righe sin da Empty Station, canzone di apertura. A cosa vi fa pensare un pezzo come Come With Me? A niente in effetti… ma probabilmente loro (The Hundred In The Hands) sono contenti. La percezione è strana, perchè sembra di ascoltare del rumore sottovuoto. Ci sono passaggi più completi di quelli sentiti in passato e in quest’anno di esplosione elettro dark glitter (Keep It Low e Stay The Night), che rendono anche piacevole l’ascolto, ma poi scendiamo di nuovo nel baratro con i dududududu du du du di SF Summer. Sono un limitato, non è roba per me.
Ecco perchè The Power of Rock ha sbagliato. Scendendo a compromessi con simili realtà musicali non si ottiene che schifo. The Power of Rock ha deluso questa volta, e siamo solo all’episodio numero 2. Figuriamoci che futuro. Però sentitevi Swing Lo Magellan, che viaggia su livelli ben più alti.