Transspace, intertemporal: interrotte le rotte con Cemento Atlantico

Marocco, Vietnam, Perù, Cambogia, Colombia, India, Guatemala, Myanmar: sono i posti in cui è stato Toffolomusik. In ogni posto ha registrato frammenti della natura, della strada, dei luoghi sacri. Queste registrazioni, poi rielaborate con l’elettronica, sono alla base di Rotte Interrotte, il disco realizzato con il nome Cemento Atlantico. Le tracce raccolte in viaggio hanno lo stesso valore che hanno le foto: fissare un ricordo e di conseguenza un’emozione. Questo è il punto di partenza del progetto, che quindi è estremamente personale. Ma diventa anche molto di più.

Fare un disco con quella roba. Può essere stato un lavoro di cui Toffolo era già cosciente quando ha registrato i primi take, oppure no, può essere stata un’epifania nata nel contesto del lockdown che gli ha impedito di viaggiare. Comunque, a un certo punto la progettualità e il desiderio di organizzare le registrazioni si sono manifestati. Ed è una cosa che trovo incredibilmente affascinante, perchè mettere le mani dentro ai ricordi per riorganizzarli, e sonorizzarli, dev’essere molto soddisfacente. Le registrazioni rimangono le stesse ma vengono infiltrate con suoni e ritmi nuovi. Il passato viene modificato con le idee e la consapevolezza del presente, come se la post produzione fosse una macchina del tempo che ha permesso a Toffolo di tornare là, aggiungere cose, e farci ascoltare il risultato. La modifica e le interferenze col passato sono chiare solo a lui che quel passato l’ha vissuto. Ma l’idea che sta alla base dell’operazione è sconvolgente per tutti. Il passato è una cosa inerme, che è lì, e non può reagire, rimane uguale a se stesso. Esattamente come le registrazioni: una volta fatte, sono quelle. Il divieto assoluto di modificare il passato ci è stato insegnato sin dai tempi di Ritorno al Futuro, era un tabù totale, e Rotte Interrotte l’ha infranto: ha interrotto le rotte del passato. Recuperando le registrazioni pure, c’è sempre la possibilità di recuperare quelle rotte, così come Marty McFly ha avuto la possibilità di aggiustare il passato. Ma Rotte Interrotte rimane lì a rappresentare una possibile, e concreta, variazione.

Toffolomusik ha manipolato le regitrazioni attraverso l’elettronica e la costruzione di un ritmo. Elettronica e ritmo possono essere elementi di continuità o di rottura. Le differenze tra i rumori originali e i suoni sovraincisi sono tante ed evidenti, ma in alcuni passaggi le due parti si fondono prima gradualmente, alla fine perfettamente. In qualche modo, credo che questo dualismo tra unione e contrapposizione rispecchi le sensazioni di Toffolo provate di fronte a tante e tanto diverse situazioni durante i viaggi. Rotte Interrotte testimonia la volontà di conoscere quelle terre e di non dimenticarle, amalgamando l’elettronica occidentale con la vita di quei paesi. Non è un semplice interesse in quei paesi, ma una vera e propria voglia di incontro culturale e musicale, che passa attraverso lo scontro. In un futuro che non riusciamo a realizzare vorremmo che persone provenienti da culture, religioni, luoghi diversi, e con la pelle diversa, si confondessero tra loro a tal punto da non notarsi più a vicenda, esattamente come fanno tra loro le persone con la pelle dello stesso colore. Su Rotte Interrotte questa fusione avviene attraverso la sovraincisione delle tracce sonore, e quindi direi meccanicamente, ma i momenti di contrapposizione presenti nel disco rappresentano le difficoltà di incontro che diventano scontro, e quindi rappresentano il presente irrisolto, in cui tra popoli diversi non si va proprio d’accordo, mentre i passaggi di maggiore armonia rappresentano l’unione, e quindi il futuro, che non vediamo e non riusciamo a immaginarci, perchè è lontano anni luce e pare irrealizzabile. Ecco, l’unione si realizza ma anche no nel disco, che quindi si può definire sia distopico che utopico, distutopico.

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per le musiche provenienti da Africa e India. Il contesto di riferimento è internazionale e i riferimenti sono tanti. Un’operazione simile ma non uguale a Rotte Interrotte è quella di Khalab, al secolo Raffaele Costantino, italiano, che ha fatto uscire da poco il nuovo disco M’Berra, realizzato raccogliendo suoni, canzoni e rumori durante un viaggio in Mauritania nel 2017 e rielaborandoli in seguito. La differenza tra Rotte Interrotte e M’Berra sta nel fatto che Khalab ha improvvisato sul posto un’orchestra composta da musicisti locali, la M’Berra Ensemble, che l’ha aiutato a raccogliere e realizzare il materiale là. Toffolo ha usato solo ed esclusivamente le proprie registrazioni, solitarie e occasionali. L’esito musicale è diverso: Toffolo sembra più interessato a fare interagire il ritmo con le tracce audio, sovrascrive solo con l’elettronica ed è più dirompente. Khalab aggiunge anche strumenti suonati ed è più soft, una fusione più fluida col suono della Mauritania: tornando al significato politico, Khalab si comporta quasi come se l’unione fosse già avvenuta e le difficoltà già superate. Non è così, ed è per questo che Rotte Interrotte è un’opera politica più lucida. In questo momento in cui l’interesse musicale per la Global Music ha preso il largo, ascoltare quella musica, suonarla, fingere che siamo uniti nella musica, purtroppo non significa superare le difficoltà di integrazione, i razzismi, i sovranismi, la cattiveria. Rotte Interrotte, con la sua interpretazione della doppia anima registrazione/rielaborazione, che si integrano con meno facilità, ci dà un punto di vista più concreto, che lascia spazio sia al realismo sia alla speranza.

L’elettronica e il ritmo diventano comunque il filo che collega gli anni ma anche i luoghi, diversi e più o meno lontani tra loro. E lo sguardo, il riascolto attento dei frammenti registrati, che prende in considerazione tanti frammenti diversi, è la coscienza di essere stato in quei posti e la volontà di non perderne le tracce, fissandole in un disco. La stessa funzione che ha la fotografia, appunto. Quindi Toffolo è come me che faccio foto quando vado in viaggio? No. Per due motivi.
Primo, perchè la registrazione innesca il ricordo ma lo fa attraverso il sonoro e il sonoro contiene in sé anche l’aspetto visivo. Viceversa non vale. Cioè, se ascolto una registrazione di un posto in cui sono stato, vedo anche quel luogo. La registrazione innesca questo passaggio in modo spontaneo: è una traccia sonora e visuale. La fotografia invece è una traccia visiva ma non sonora, l’immagine non fa venire in mente naturalmente il rumore, mentre il rumore porta dentro di sé l’immagine. Da questo punto di vista la registrazione sta un passo avanti rispetto alla fotografia.
Secondo, perchè Toffolomusik aggiunge l’elettronica alla registrazione e l’elettronica e il ritmo possono proiettare in un’altra dimensione la registrazione. In pratica la registrazione dà una prospettiva diversa sul passato, più ricca, e così post prodotta non scavalca solo il tempo ma anche lo spazio. Nel disco, ci sono beat alla Fat Boy Slim (Umm Bulgares) che ti portano indietro di trent’anni, non nel posto in cui Toffolo ha fatto la registrazione (Cambogia) ma in quello in cui tu ti sparavi Fat Boy Slim. Un casino spazio-temporale, insomma. Dunque, di mezzo ci si mette anche la tua memoria e la questione si fa ancora più complicata. E a questo livello la questione si fa più interattiva rispetto al motivo uno, dove tu non eri altro che spettatore. Qui sei parte in causa, sono i tuoi ricordi a entrare in azione, non solo quelli di Toffolomuzik.
Oppure, nel disco ci sono ritmiche Jazz avvicinabili per esempio a Nduduzo Makhatini di Modes of Communication: Letters from the Underworld (2020). Come Black’n’Red, che si ricollega alle correnti musicali africane degli ultimi anni e di oggi, pur reggendosi su una registrazione fatta in Guatemala e dedicata ai Garifuna, gruppo etnico misto discendente dagli indigeni Maya pellerossa e dagli schiavi neri africani. Altro viaggio, altro regalo, dove Africa e Sudamerica si mischiano, sempre non con facilità, sia livello sonoro sia a livello di racconto. Tutto questo, con una foto non lo ottieni.

A proposito, se andate sulla pagina facebook, su bandcamp e instagram, trovate la descrizione dell’origine delle registrazioni. Così, Rotte Interrotte diventa anche racconto scritto, aggiungendo una dimensione importante al racconto sonoro. 

Detto tutto ciò, ci sono motivi per cui non ascoltare (e leggere) Rotte Interrotte di Cemento Atlantico e viaggiare nel suo prisma spazio-temporale di realismo anti-sovranista? No.

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