Poi ci sono le volte in cui l’autore fa lo sborone, accetta con finta modestia la corona di portavoce di un’intera generazione che noi esseri succubi delle sue parole gli abbiamo appoggiato sul cranio, e quelle volte sono davvero odiose. Come gli viene di dire che un testo che ha scritto mentre era ubriaco o in fila alle poste parla di noi? Ma almeno ti rimangono le parole, puoi anche metterle dentro una bolla e continuare a crederci. Quando l’autore distrugge tutto, invece, non rimane più niente, anni e anni di militanza emotiva vengono gettati alle ortiche, così. Dare un significato personale al testo di una canzone è un gioco rischioso che può finire malissimo. Ma in fondo, se ci pensi, va bene così, un pugno in faccia è meglio di una verità non verificata, perchè ti insegna che non devi fare troppo affidamento su niente, neanche sulle canzoni.
Nel pacco dell’età adulta che a un certo punto ti arriva a casa c’è un bigliettino che dice di smettere di ascoltare musica, perchè devi fare altre cose più importanti. Figuriamoci quindi i testi delle canzoni. Roba per poppanti. Dentro al pacco c’è anche una letterina con il testo della tua canzone preferita. Quando la apri parte una vocina irrispettosa che dice “Giacomo eterno adolescente, Giacomo giuggiolone” e poi una scorreggia strafottente. Ma io ho deciso di oppormi all’arroganza dell’età adulta e leggo (quasi) sempre i testi delle canzoni: i sogni degli adolescenti sono difficili da sconfiggere. Alcune volte non ci capisco niente – la vita è costellata di sconfitte – altre volte invece capisco. “L’ho capito!” dico tra me e me, e questo vi fa capire quanto sia raro per me capire un testo. Ma è ancora più raro trovare il testo della vita, di quelli che ti fanno vibrare le vene, capita solo ogni tanto. Però capita, e allora vado a prendere il pacco dell’età adulta e gli dò fuoco.
Negli anni ’90 funzionava così: i testi incomprensibili erano incomprensibili e basta, non c’era speranza. Ma alla fine chissenefrega degli anni ’90 (e qui ho già i sensi di colpa per aver scritto questa cosa) e adesso quando vedo un testo incomprensibile vado avanti a tentare di capire, perchè poi sono quelli più astrusi a riservare le sorprese migliori.
E infatti.
Stamattina leggevo i testi di Antler Springs di Lac Observation. Sono già rapito dalle melodie stralunate della canzone di apertura (Lac observation), vicine ai cantautori americani più coraggiosi, tipo (Sandy) Alex G, ma allo stesso tempo piene di fascino retrò alla Flaming Lips, quando mi accorgo delle prime parole: “There is a circle island that is imperfect / and then there is an us that is perfect / somewhere in the dimples of the lake / but there is also an us that is imperfect…”. Un testo sulle imperfezioni delle cose perfette, penso. Promette bene. Poi a un certo punto sento una voce sussurrarmi chiaramente “omicidio, omicidio”. Mi sembra assurdo, riascolto la canzone e infatti niente, la voce non c’è più. Io però sono sicuro di averla sentita. Un po’ dubbioso, vado avanti. Da dubbioso divento sorpreso e in fretta mi dimentico della voce, perchè il resto del testo sembra non c’entrare assolutamente niente con l’incipit. Il significato si allontana, passa per il sole fino ad arrivare allo Spazio che, in quanto tale, è per me incomprensibile. Ecco un testo che in un primo momento ti fa pensare di capire e starci dentro, poi ti frega e ti abbandona completamente a te stesso in una metropoli spaziale di parole incomprensibili. Che inizio.
Rimango in orbita per tutta la seconda canzone, Foggy drummer, e sono ormai convinto a rinunciare alla mia ostinata ricerca di un significato, con serenità, perchè fuggire dalle regole dell’età adulta a volte significa fuggire dall’obbligo di fuggire. Dopo una simile epifania mi metto nell’ottica di dare più spazio alle cose e meno a me stesso: non sono più io a dover fuggire oppure no, è la canzone a imporsi e io la accolgo come viene lei: sinceramente. Di Foggy drummer ho apprezzato da subito il titolo (sembra un Supereroe, uno che spara la nebbia dal naso mentre suona), il testo dall’ispirazione naturalistica fantasy, il suono e la scrittura, così vicini ai Flaming Lips di The soft bullettin ma molto più raffinati e delicati. Sotto alle atmosfere così sognanti e curate, questa canzone (come tutto l’ep) nasconde soluzioni di arrangiamento deliziose. Ma non sono sicuro di aver afferrato il significato del testo.
All’arpeggio di Wyvern song sono perso nel fantasy e, un po’ demoralizzato (il fantasy non è mai stata una mia passione), non ho più nessuna intenzione di trovare un significato alle parole. Ma è qui che arriva una delle idee migliori di Antler Springs: colpo di scena, in mezzo alla natura fantastica appare una lama che fa a pezzi un drago. Di nuovo fa capolino l’incubo del significato (il testo fantasy ha ucciso se stesso?) ma mi fermo e dò più importanza all’immagine, violenta e improvvisa. Tra l’altro, eccolo qua, non ce n’era più traccia all’inizio del disco ma eccolo lì: l’omicidio. Vedete? Wyvern song mi svolta l’ascolto e capisco che il gioco dell’attesa del significato e della musica che sfonda e apre altri mondi aveva un fine ultimo: l’omicidio del drago. Avere le allucinazioni uditive e ascoltare le voci non è sinonimo di pazzia.
Così, rilassato, mi abbandono all’ascolto dell’ultima canzone. Libra eye over the Hvergelmir alterna alti e bassi, parole delicate a parole sguaiate. E tutti i dettagli in sottofondo, che nelle canzoni precedenti rimanevano (appunto) in sottofondo, qui esplodono definitivamente facendosi più pungenti. È l’ultimo rush finale in crescita, al termine del quale ho per le mani: una musica scritta benissimo e suonata ancora meglio, testi incomprensibili al 95% e un’immagine fortissima. Ma cosa vuol dire quindi il coltello che uccide il drago? Non ne ho idea, ma lo lascio lì, ad assolvere alla sua funzione di fulmine violento in mezzo al mare fantasy, pscichedelico e cantautorale. Non chiedo niente a nessuno, rimango col dubbio, per sicurezza.
Credo che Antler Springs sia un episodio abbastanza unico in Italia. Penso di poterlo mettere accanto ai cantautori anglosassoni che ultimamente tentano di sperimentare intorno alla canzone folk e pop: oltre a (Sandy) Alex G, per esempio Spencer Radcliffe e Hollow Hand. Questi autori sono caratterizzati da un legame particolare con la canzone pop rock tradizionale, le loro influenze sono le più disparate, dai REM ai Beatles, dagli Slint ai Neutral Milk Hotel al country, ma tentano di introdurre delle modifiche, con gli effetti sonori, che spesso privilegiano le dilatazioni, ma anche con la scrittura, che spesso privilegia le dissonanze, le esplosioni e gli stacchi, per poi approdare nella ripetizione. Sulla stessa linea si trova l’ep di Lac Observation, che dà a tutto questo un tocco molto personale creando un’atmosfera folk e famigliare ma allo stesso tempo distorta e straniante. Sono già curioso di ascoltare le cose che farà in futuro.