
“Allora Mayonese, ti fanno ancora schifo i 13th Floor Elevator?”
Nel ’69 Sony Erickson fu arrestato per possesso di marijuana, si può dire mandando in fumo i 13th Floor Elevators. Per non finire in carcere si fece passare per malato mentale, cosa che gli riuscì benissimo, visto che un anno prima era stato dichiarato schizofrenico. Ricoverato in ospedale, fuggì svariate volte. Trasferito al Rusk State Hospital for the Criminally Insane in Texas, subì trattamenti leggeri leggeri con l’elettroshock. Con questo carico di esperienze, nel ’75 pubblicò il suo primo singolo post 13th FE e poi, mi sembra di aver capito, una cosa come 19 album solisti. È morto il 31 maggio scorso e mi dispiace molto.
Nella pagina Wikipedia sui 13th FE c’è una bellissima storia senza fonte che racconta l’origine del nome e rende bene la serietà della questione droga e psichedelia. Se vi va di leggerla andate qui, altrimenti fa niente. L’unica cosa importante da sapere probabilmente la sapete già, cioè che “elevators” vuol dire “ascensori”. Essendo anch’io psichedelico, ho fatto il mio collegamento mentale vertiginoso. Quando ho saputo della morte di Erickson ho pensato a quella volta in cui mio nonno mi disse “Giacomo, intanto chiama l’ascensore” e io iniziai a urlare “Ascensore! Ascensore!”. Che bambino intelligente. Eravamo a Tagliata di Cervia, sul pianerottolo, pronti per andare in spiaggia, ma il nonno si era dimenticato una cosa in casa. Quando è tornato rideva moltissimo di me e continuando a ridere mi ha spiegato come si fa a chiamare l’ascensore: “Schiaccia quel bottone con la C”. In effetti non ero ancora abbastanza alto per poterlo fare ma avrei imparato presto, mi disse, tornato quasi serio. Solo che di fianco al bottone con la C c’era un interruttore della luce, come quelli di casa, piccoli, probabilmente era lì dal 1960. Sopra c’era scritto LUCE ma l’avevano montato al contrario e quindi c’era scritto ECUL. Mio nonno riniziò a ridere.
Nessun ricordo in cui c’entri la musica, solo questa roba qui. I 13th FE non li ho mai ascoltati con piacere, solo con interesse. Se ascolti una cosa per interesse non è detto che la ami, non è la stessa cosa. Oscar, il proprietario del mio ex negozio di dischi preferito, mi ha attaccato mille pezze notevoli su The Psychedelic Sounds dei 13th FE. Diceva: sono stati seminali di sicuro per una serie sprepositata di gruppi che ti piacciono, patacca, non puoi non amarli. Ma secondo me sono, si, interessanti, e non mi piacciono davvero. Mentre Oscar m’impezzava mi chiedevo se avesse senso amare i gruppi per cui i 13th FE sarebbero stati inseminators e non amare loro. Anche in generale, voglio dire, è legale? Perché in alcuni ambienti dal testosterone musicale elevato, vige una specie di normativa. Ma di questo parlerò tra poco.
Tornando al non possono non piacerti, Oscar diceva che, se ti piacciono Pavement, Sonic Youth eccetera, indirettamente ti piacciono anche i 13th Floor Elevators, perchè sono così padri, così padri, da aver lasciato un segno evidente nei figli. Allora io mi mettevo lì ad ascoltare tutti, ma ad ascoltare i 13th FE mi facevo una barba così. Coi figli no, mi divertivo. E il motivo era proprio perché fanno roba diversa.
La forma di governo caratteristica dei negozi di dischi è particolare, è una specie di teocrazia. Alla base c’è una religione. Non un regime militare, o un’oligarchia, tanto meno una democrazia. È il potere della musica, entità astratta che non si può contraddire. Una volta stabilito quale sia la musica che non può essere messa in discussione, quella è l’entità, così deve essere e non si discute. Gli uomini coinvolti, sacerdoti di una religione che ha una diffusione, credo, mondiale, sono persone con cui devi scambiare opinioni su dischi e canzoni anche se non vorresti farlo: sono lì e controllano tutto quello che compri. Se ti capita di dire che un disco-capolavoro non ti piace fanno scattare il nonnismo: ufficialmente, non capisci un cazzo. Ritireranno fuori quella storia a vita.
I personaggi che fanno questa pantomima sono tre, o almeno così è stato per me: il cliente più giovane, quello più anziano, il titolare. Poi c’è il nonnizzato, cioè io, o un qualsiasi cliente che esprime un parere contrario. Una caratteristica comune tra i due clienti al governo è che, a qualsiasi ora tu vada, sono sempre lì. Non si spiega. Fanno le stesse ore del padrone, che può anche essere infastidito da questa cosa ma in fondo gli sganciano due piotte ogni mese quindi non si lamenta neanche più di tanto. Con loro deve anche parlare, oppure no, perché parlano loro, ininterrottamente. Quasi solo di musica, naturalmente, perché hanno questo automatismo per cui nel negozio di dischi si può parlare solo di dischi, che è un po’ come dire che se incontri qualcuno in merceria non gli puoi dire “ciao, come stai? quanto tempo” ma puoi parlargli solo di cucito. Non capisco.
Nel dettaglio:
– il cliente più giovane è quello più insicuro, con le magliette di tutti i gruppi che vanno adesso. L’altra sera, per dire, ho visto il cliente giovane che veniva nel mio ex negozio di dischi preferito e aveva la maglietta dei C’mon Tigre. Perfetto, non cambia mai niente. Durante le discussioni sa con chi schierarsi ma non lo fa in modo del tutto convincente e comunque il più anziano lo scherza spesso, per gioco, ma anche per marcare l’importanza dell’anzianità. Non c’entra da quanto frequenti il negozio ma proprio l’età anagrafica, direttamente proporzionale all’ipotetico numero di ascolti che hai fatto nella vita. Più ascolti hai, più ce l’hai grosso. Facciamo di tutto per sembrare intelligenti poi parliamo di musica negli stessi termini in cui un qualsiasi maschio alfa parla di macchine.
Il cliente più giovane è un entusiasta della musica. Gli piace tutto. Tutto ciò che è legale, naturalmente. Il suo tono di voce è spesso dimesso.
– il cliente più anziano invece urla sempre. Espone le sue ragioni sempre come se fossero le uniche possibili. Il mio parlava come tutti i galli romagnoli, biascicando un po’ per dimostrare noncuranza per ciò che stava dicendo, perchè é scontato ma lo deve ripetere a te che sei uno stronzo. In realtà ci teneva tantissimo alla propria opinione. Di solito il cliente più anziano inveisce con in mano il disco di cui si parla, scrollandoselo davanti al pacco. Si comporta come se fosse il padrone. Dice molti “praticamente”. Ogni gruppo l’ha visto dal vivo due volte più di te.
– il titolare ha quasi sempre un grande dono: riuscire a dire la verità in modo sgradevole. E tu non attribuisci mai la colpa a lui ma al suo carattere. “È così di carattere” e passa tutto. Con i nuovi avventori, è gentilissimo, un’altra persona proprio, ma se per caso tornano almeno due volte è la fine. Ci sono poi le eccezioni. Una volta per esempio Oscar ha venduto il cd dei Take That a una signora (per la prima volta in negozio) dicendole “merda fresca”. Facile, ma esemplificativo. La signora non è mai più tornata, dicono. E poi si lamentano se i negozi di dischi chiudono.
Una cosa che non mai devi toccare al titolare sono i gruppi sacri. Quelli base, che poi diventano capolavori senza appello per i clienti governanti, li decide lui. Da lì si parte per creare una lista, che per la maggior parte include gruppi già sciolti e strasciolti, e solo saltuariamente anche qualcosa di nuovo. Tra i gruppi sacri del mio titolare c’erano i 13th FE, che in effetti erano la roba sua proprio: garage, rock’n’roll e drogati abbastanza da acquisire molto fascino. Tutto il Consiglio era unanime nel dire che erano un gruppo della madonna, “embrionale!”, e quando dissi che (secondo me) fanno troppo cantilena psichedelica partì una gabbana. E lì il nonnismo divenne violenza.
Vi ricordate gli Allah Las? C’era un periodo in cui sembrava ci fossero solo loro a fare la psichedelia, “imprescindibili”. Più bravi di loro c’erano solo i Tame Impala. A me gli Allah Las (e i Tame Impala) non piacciono proprio. Glielo dissi. Non furono violenti, i nonni. C’andarono giù leggeri dai, e mi diedero nomi tipo “celebroleso”. Poi gli Allah las scomparvero così come erano arrivati. Piccolo sipario nero.
C’è un altro attore del nonnismo: il cliente cazzone, quello che sembra che non gliene freghi niente ma ci va giù pesante. Una volta ci siamo trovati in disaccordo sul miglior disco dei Dinosaur Jr. Lui diceva Bug, io Hand it Over. Fu bello perché mi disse che mi facevo le seghe pensando al viola della copertina di Hand it Over. Boh.
L’umanità che frequenta i microcosmi è strana.
Malkmus forse sapeva che sarebbe successo, o forse ha portato sfiga, ma il giorno prima della morte di Roky (non Sony) Erickson, rispondendo a un quiz ha detto “la canzone che avrei voluto scrivere è Slip inside this house“, proprio quella dei 13th Floor Elevators. A quel punto, visto che Malkmus, oltre a essere un inseminato, è evidentemente anche uno dei sacerdoti governatori in giro per il mondo, non potevo far altro che riprovarci perchè con l’età sono diventato meno ribelle al potere: da ieri mattina, mi sono imposto un giorno di tempo per ascoltare Psychedelic Sounds tutto di filata. Adesso sono le 12 del giorno dopo e posso dirvi che non ce l’ho fatta. So che i nonnisti giocavano con me, ma dovessi incontrarli di nuovo non starei a ritirare fuori il discorso.
SONY ERICKSON?!?! 😀
Una simpatica gag…
Ci simo passati tutti, bell’articolo comunque… molto divertente. A me il disco dei Dinosaur Jr. che piace di più è “Where you been” e il mio preferito di Roky “Evil One” come la mettiamo? 😉
Grazie! Ah non so se i tuoi preferiti sononlegali..
Ci sono titolari di negozi di dischi che odio, proprietari di negozi di dischi che amo. Ed ogni volt che ci entro sento una leggerissssssima ansia!
Il titolare del tuo negozio di dischi preferito com’è?
Si tratta del titolare di un negozio di dischi storico. Lui non parla, non sorride, non saluta e se non gli chiedi un disco di un gruppo di nicchia ti guarda un pò male. Credo abbia sbranato una diciottenne che gli aveva chiesto il cd di Ariana Grande.