Francesca (Argentina, Italia 2015) è un thriller alla Dario Argento anni 70, stile Profondo Rosso o L’uccello dalle piume di cristallo, quel periodo lì. È proprio un omaggio evidente. C’è tutto: il killer coi guanti di pelle e l’impermeabile, la musica prog, le bambole, il trauma di 15 anni prima che porta a uccidere, la suspense delle immagini insistite sui particolari e il killer donna (o almeno questo è quello che vorrebbero farti credere). Manca una cosa: i thriller di Dario Argento ruotano spesso intorno a un dettaglio che sfugge al protagonista, dettaglio che poi alla fine si rivelerà epifanico. La testimone del primo omicidio in Francesca dice una cosa simile a “l’aspetto del killer non mi è nuovo..” ma poi l’input va a finire nel nulla. Francesca non usa quell’idea, che era fonte di inquietudine all’interno della ricerca ed era funzionale a rendere ancora più teso il racconto. Le altre caratteristiche “riprodotte” servono a mettere in chiaro che si tratta di un omaggio ma lo rendono anche molto superficiale. Alla fine scopriamo che l’assassino è un uomo travestito e non una donna. Ma va? A metà film peli di braccia grossi come tronchetti escono dalle maniche troppo corte del giacchettino seventy in pelle rossa e tutto va a puttane. Curiosità. Strepitoso il doppiaggio fatto da argentini in italiano, che riempie i dialoghi di lentezza, come se non fossero già abbastanza ripetitivi di loro. Gli omicidi sono di stampo dantesco, si butta là pure un attraversamento dell’Ade a un certo punto, e l’ispettore capo è l’unico uomo al mondo a non conoscere la storia di Paolo e Francesca. Il suo aiutante si chiama Succo.
Voto zero.
Anche quest’anno, seguiamo il concorso di lungometraggi. I film in gara sono otto: Afterimages, Francesca, Deep Dark, The Nesting, Goddess of Love, Tear Me Apart, Cord e Naciye.