“Per me la parte veramente horror è andare in stazione adesso” ho sentito dire all’uscita. È vero, però non è vero, anche. Afterimages (Singapore, 2014) è una specie di Creepshow dove al posto di Tibia che racconta c’è un gruppo di ragazzi che guarda dei cortometraggi. E Creepshow è l’horror con cui sono cresciuto, una delle cose horror con cui identifico le Cose horror. E i filmini dentro a Afterimages sono storie così complete e intense che quando li guardano e li guardi diventano quelli la storia principale. Quei ragazzi li trovano nelle ceneri di oggetti che bruciano: accendono il fuoco, si ubriacano, vanno a letto, la notte passa e al mattino c’è il filmino. Una delle due ragazze si spaventa ma gli altri tirano dritto. Con quei filmini, che vengono dal passato in formati come vhs o pellicola e non hanno diritti d’autore perché non sono mai stati pubblicati, vogliono farci loro un film, composto da racconti. In questa voglia di vedere e di creare qualcosa rubandola solo un po’ si respira l’aria di quei film di formazione e scoperte come i Goonies, alla ricerca dell’oro di Willy L’Orbo, con in più alcuni topòi orientali horror, tra cui ovviamente i capelli bagnati e aggrovigliati effetto ciuffo caduto sotto la doccia e arrotolato col dito sulla parete per evitare che intoppi lo scarico.
Al festival come sempre dopo il film in concorso si vota, da 1 a 4, 4.
Anche quest’anno, seguiamo il concorso di lungometraggi. I film in gara sono otto: Afterimages, Francesca, Deep Dark, The Nesting, Goddess of Love, Tear Me Apart, Cord e Naciye.