Dopo aver capito che non si chiamano Dio Abete ma Die Abete mi adombro ma ascolto lo stesso Tutto o niente (free download: V4V Records, Fallo Dischi). Che è una produzioncina leggera leggera. Mi piace perché nella rabbia che esprime è un album equilibrato, di quelli che si adeguano al tedio della velocità dei tempi contemporanei, gli si adeguano e ne tirano fuori il meglio, alimentando l’essere molesto che è in noi e che adottiamo per combattere la noia: otto canzoni in tredici minuti di hardcore punk. Il buco lasciato da Marnero l’anno scorso è riempito con un po’ di disturbi psicologici. Die Abete usano 2 batterie, 3 voci e 2 chitarre, fanno la cover di Ragazzo di strada ed è come se non l’avessimo mai sentita e fosse ovviamente sempre stata la canzone da interpretare con il roschio in gola ma nessuno l’avesse mai capito. Ragazzo di strada è I Ain’t No Miracle Worker messa giù per la prima volta in lingua italiana nel 66 dai Corvi, rifatta anche da Vasco, dagli Skiantos, dalla Colonna Infame Skinheads e da Bruno Vespa, ma mai come i Die Abete. La migliore versione di I Ain’t No Miracle Worker.
L’album è una delle cose più dolci che io abbia sentito dopo Lords Of Tagadà, che è uno dei miei dischi preferiti, ma Tutto o niente mi parla in modo un po’ diverso, solleticando anche la mia vena funk punk (Tommy Was Superman). Va a finire che all’alba del 2015 Tutto o niente l’ho ascoltato 200 volte, perché mi fa lo stesso effetto di Land Speed Record in macchina, cioè lui va, suona suona e fa un sacco di buone proposte in termini di giri di chitarra, ritmi e roba. E ricordati, sei sfigato, punto. Disco per il risveglio della mattina e spaccare la faccia al capo. Sono ormai le 8, timbro alle 8:30, vado.
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