Non abito a Rimini, ci lavoro solo vicino. Quest’anno non sono andato alla Molo Street Parade, neanche l’anno scorso, due anni fa si. Ospitoni Skin e Dj Lappa. La Molo Street Parade è una festa delle discoteche che affittano i barconi del molo di Rimini, ci mettono sopra un deejay e qualche essere umano semi nudo, molto bene per uomini e donne, ma trattasi di genere unto e molto muscoloso che può piacere e non piacere. La Molo Street Parade la fanno una settimana prima della Notte Rosa. Non si possono fare critiche sulla qualità degli eventi, non ha senso, sono cose che devono richiamare la quantità e fare circolare i soldi. Però io le faccio. Non ho niente contro la NR o la MSP, non ci vado. E quelli che abitano a Rimini, Riccione o giù di lì e si lamentano non li capisco, bisogna solo tenere duro per un giorno o per un week end. In realtà mi auguro davvero che prima o poi qualcuno decida di piazzare una bomba in mezzo al molo e la faccia brillare a distanza. No, dai, forse però, per liberare tutti i suoi schiavi, bisogna sconfiggere l’ideatore, e non gli schiavi, accorsi per soddisfare la sete di turismo del padrone, giustissima, e la proprio sete di disco. Nel 2012 la MSP fu un’esperienza nuova per me che non ho mai messo il naso in discoteche che non fossero balere del rock. Alla MSP la gente sul molo smascellava, era tutto sbagliatissimo. Gli uomini ballavano a petto nudo, le donne purtroppo no, la disco music, che continua a farmi venire le croste nelle orecchie, veniva fuori dai barconi come il vomito di un elefante. C’era il Coco e boh il Pascià forse, il CazzoNuts, Ciapachito, Tititito e tutto quel nomaggio lì. Da qualche parte anche il barcone del Velvet, quello dignitoso senza donne, e quello del Rolling Stone, la rivista. Ho pensato fino a prima che fosse strana la presenza di Rolling Stone, ma alla fine non lo è (era) neanche tanto. Tutti sul barcone a brandizzarsi per un target da riviera romagnola, il Rolling Stone va benissimo. Sono finito nel mezzo della calca, colpa mia che mi sono lasciato spostare dalla folla. La ragazza vestita da poliziotta che ballava sul cubo del Cocco non era male, non il mio genere, ma mentre la guardavo mi sono accorto che di fianco a me c’era un’altra ragazza che muoveva la mascella a destra e a sinistra come se dovesse catturare le zanzare, e non ho potuto fare a meno di notare più la sua faccia che le tette dell’altra. Sembravano una flotta di rincoglioniti, ed è gente che di giorno fa il manager, che ci governa, quotidianamente più intelligente di me. Sul molo di Rimini c’è una libreria, la libreria più umida del mondo, e quella sera sembrava un bunker il cui padrone aveva venduto l’anima al diavolo sbagliato nella speranza di vendere anche quattro pagine di carta a qualcuno che non sapesse più chi era e dov’era e comprava un libro. La folla mi ha spinto e, come ha spinto me, non ho ancora capito come abbia fatto a non spingere qualche fritto in acqua. Le transenne, giusto, non me le ricordavo. Quest’anno l’idea madre è stata quella di accoppiare il DJ alla sardina, e sono arrivati chili di sardonici sul molo di Rimini, la gente il limone dietro ce l’aveva, e ci condiva la cena, ungendosi le mani come animali. Quella sera del 2012 invece c’è stato il summer bug, i cellulari, lungo la linea del molo della notte, hanno smesso di andare. Cercavo salvezza nella mia ragazza e nei miei amici rimasti fuori dalla punta della Street Parade, io chiamavo loro che chiamavano me ma non c’è stato niente da fare, non prendevano. Ballare e chattare o telefonare tutti insieme mandando in tilt tutte le compagnie telefoniche disponibili era la tendenza e anch’io ci stavo dentro perché in mezzo a quelle bestie di satana seguivo l’onda di esseri umani ed ero uno di loro, per la prima volta nella mia vita, e l’ultima, almeno finora.
Rimini, Cesena e Ravenna sono sempre state molto diverse. Cesena per qualche anno, e non perché ci sono nato. La piadina la fanno più buona, di uno spessore medio tra quella di Rimini e Ravenna, e una volta c’era il Vidia e l’indie rock che adesso non c’è più. Noi cesenati percepivamo Ravenna come la terra dei metallari, quando ho iniziato ad andarci un po’ anch’io era per il Bronson e la mia percezione della città è cambiata. Rimini è sempre stata la house music. Il Velvet (dio benedica lui e il suo barcone sul molo) è fuori rotta ed è terra di confine, il Rock Island era roba per ramarri, sotterrato dagli anni nella vergogna dell’isolamento. Così, dopo aver diviso a cazzo le province (manca Forlì, dove c’era La Quiete) posso dire che Rimini è la più coerente, ma la coerenza musicale è una chimera inutile da inseguire perché è bello che alcune cose cambino. Non mi appartiene la cultura della house music, non mi piace e non potrò mai condividerla, in questo caso non si tratta di coerenza ma di gusti musicali, che appunto cambiano, ma che nel mio caso non sono mai riusciti a essere così elastici da trasmettermi la voglia di ascoltare la dance o la house, nonostante i finti tentativi. Crescere al Vidia è molto meglio che crescere al Cocoricò, che oggi mi è stato presentato come luogo di cultura avanti perché c’hanno fatto un’installazione con un (finto, credo) animale sanguinante al centro della pista. Luogo di tolleranza, nel privè, sicuro, ma non sono poi mai stato così interessato al discorso, per quanto mi riguarda un gay è libero di esserlo anche al di fuori delle mura del privè del Coco e il Coco non può vantarsi di essere un posto in cui ci si può sentire quello che si è davvero se poi al lunedì ci si sente una merda a tornare in ufficio coi panni che non si desidererebbe indossare.
Alla MSP non sono andato negli ultimi due anni e non sono aggiornato sulle novità dell’ultima edizione 2014, a parte che sabato c’erano WYCLEF JEAN e Craig David e chi se ne fotte. Ma non sarei qui a scrivere se me ne fottessi davvero, si, infatti sono qui a scrivere perchè ho la tigna. Mentre la gente è in giro a fare cultura, questi bonzi presidiano il feudo, si perdono nell’anonimato delle mandibole che vibrano, fottendosene del fatto che c’è chi sta mangiando sulle loro spalle nel tentativo di tirare su soldi per le casse del Comune e di richiamare qualcuno extra-regione in una città che itera male la propria tradizione disco tirando in causa cose come la cultura del club quando Rimini è il Cocoricò, che non è un club ma una macchina da soldi, lo Slego era a Viserba e il Velvet è in via S. Aquilina, i confini dell’Impero, e i confini dell’Impero partoriscono sempre le cose diverse dal centro, spinti da una forza ribelle centrifuga superiore e contraria a quella centripeta che gira nell’Impero a cui si oppongono pur facendone parte in limine: distruggere il potere dall’interno. E tra i ballerini del porto ci sono anche i riminesi che pagano le tasse e quella sera si bevono dodici birre a testa così sostenendo il buon sindaco house keeper, che il prossimo anno potrà riorganizzare. Ricordo due anni fa lo stupore di fronte alla ruota panoramica montata proprio sul molo. Ricordo anche, pochi giorni dopo il 30 giugno 2012, di aver sognato che qualche genio aveva sistemato dei tori negli sgabelli della ruota e l’aveva fatta andare a velocità 4x sparando sul pubblico quelle bestie, alcune delle quali erano sopravvissute all’impatto e si erano messe a inseguire chiunque avesse qualcosa di rosso addosso. Molti vedevano quattro tori al posto di uno, fu un massacro. Questo il sogno, naturalmente, perché non sono come quelli che desiderano la morte di altri solo perché ascoltano la disco music. L’ho sognato ma i sogni non sono desideri, sono opinioni.