Vamos a la playa, gli Yuppies e la negazione del pericolo nucleare (Settimana)

Vamos a la playa

Quella del 1983 fu l’estate di Vamos a la playa dei Righeira. Nel 1983 avevo cinque anni e non so se è perchè ero troppo piccolo o perchè quella canzone ebbe effetti fotonici (l’utilizzo di questo termine desueto si spiegherà da sè strada facendo) su di me, ma ricordo il periodo in modo confuso. Ricordo che già avevo le preoccupazioni del viveur che si chiede se uscirà vivo dalla stagione, dopo due estati esplosive consegutive, quella dei mondiali e quella di Vamos a la playa. E ricordo gli adulti tutti molto presi dai Righiera. Bisogna capire, però, presi come.

Apprendo questa mattina su Repubblica.it che quello fu l’anno in cui venne inventato il termine TORMENTONE. Vamos a la playa rimase in classifica da agosto a ottobre, e Michael & Johnson, i due amici di Torino che vollero prima chiamarsi come lo shampoo ma furono poi costretti a cambiare almeno uno dei due nomi, divennero famosi in tutto il mondo. Insieme, erano i Righeira, nome che non gli ha mai contestato nessuno. I produttori La Bionda presero la canzone così com’era stata scritta in origine, la depurarono delle depravazioni dark e la diedero in pasto al mercato discografico.
Rispetto a quel periodo non sono però così confuso da non ricordare che più o meno tutti non prendevano davvero sul serio Vamos a la playa. Cioè tutte le persone grandi la ballavano con un sorriso ironico sulle labbra, quello stesso sorriso con cui si balla oggi la canzone più schifa degli anni ’80 (sempre loro) che senti nei locali o alle feste di merda, perchè la merda è un pò che ha conquistato la riviera romagnola, ma che qualsiasi persona sana di mente si chiede perchè la stanno dando e, non trovando una risposta all’altezza della questione, decide di ballare con un sorriso quando non si deprime sul lettino.
Questo era il primissimo e unico approccio con Vamos a la playa, superficiale, direi, come è giusto che sia stato. Quindi penso che nessuno (e ne ho le prove: ho chiesto conferma a mia mamma) si preoccupasse di dare importanza e un vero significato al testo della canzone. Solo il titolo assunse una certa rilevanza, diventando il modo in bolgia per dire Andiamo in spiaggia. Ancora oggi talvolta si sente.

Così, su Repubblica.it l’8 agosto (giovedì della settimana che è ancora in corso) viene pubblicato questo articolo in cui si parla sì del successo planetario di Vamos a la playa, che nessun può mettere in discussione, ma ci si spinge anche oltre. Si dice che il testo non è un testo frivolo, non parla di gente che va in spiaggia (ma noi che siamo immersi nella quotidianità sappiamo che è proprio per questo che tutti ricordano Vamos a la playa) ma “dipinge uno scenario apocalittico”. “La bomba estalló/las radiaciones tuestan y matizan de azul” cantano i Righeira nella versione per l’esportazione, e poi “Vamos a la playa, oh oh oh oh” (ho trovato il testo su Antiwarsongs.org). Senza dubbio un’ironia sprezzante, sicuramente una lungimiranza invidiabile visto che Chernobyl successe nell’86 e, infine, di certo una grande attenzione all’attualità e ai pericoli che il benessere tende a nascondere, dal momento che l’incidente all’ICMESA era successo nel 1976 e che si era in piena Guerra Fredda.
Ma a nessuno fregava niente del testo, tutti cantavano Vamos a la playa andando in spiaggia o sognando di andarci, senza preoccuparsi che si sarebbero abbronzati di radiazioni.

Perchè eravamo tutti Yuppies. L’articolo di Repubblica.it precisa che il testo non cambiò niente e che la canzone fece successo per il ritmo accattivante e immediato. Perchè scrivere un articolo non so. E sul perchè scrivere un articolo su un altro articolo che non sai perchè è stato scritto ne so ancora meno.
C’è anche gente di un certo calibro, Max Pezzali, un’artista che davvero influenza i lettori del giornale, soprattutto quelli che oggi hanno 35-36 anni e che hanno vissuto in una confusione fotonica la stagione di Vamos a la playa, che sostiene che l’intenzione di quella canzone era davvero di mettere in guardia la gente dal pericolo nucleare.
La lucidità con cui il testo è stato scritto è la prova che esclude questa intenzione: pochi versi, che lanciano il problema come un’anatema sull’inconscio del povero ascoltatore radiofonico in costume o in pareo, lo buttano lì nella certezza che lui (l’ascoltatore) non si preoccuperà di seguire il filo del discorso e di pensare, ma solo di seguire il ritmo. E così fu. Il testo della versione italiana dice più o meno: “Vamos a la playa/La bomba estalló/Bagliori nucleari/Ci abbronzano di blu/Vamos a la playa/Lo stato e i robot/Legioni di mutanti/Combattono sui surf” e via così.

Piuttosto mi sembra che i Righeira fossero già da un pò in botta roba radiattiva o nucleare di loro e la prova, questa volta, ce la forniscono direttamente loro: è la canzone Photoni di Johnson Righeira, di qualche anno prima.

La morale è che, quando i giornali tentano di distrarci con notizie come Balotelli ha comprato un maialino, Billy Corgan dice che il futuro dei concerti dal vivo è in Cina non su internet, Lady Gaga posa nuda per Marina Abramovic, noi dobbiamo impegnarci a individuare la notizia giusta, quella che vuol diffondere un messaggio più sottile e subdolo e, nel nostro piccolo, dobbiamo combatterla.

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