Sparizioni, apparizioni, universi non più paralleli ma intrecciati, bacini rubati, mani di metallo rivestite di guanti in pelle, difficile vedere una scopata. Fringe è tornato, e alla grande.
J.J. Abrams, sei rinsavito. Le puntate della quarta stagione del 2012 sono di nuovo al livello delle stagioni precedenti, quando quelle del 2011 erano state di bassa lega. Lamentandomi sempre, mi ero già lamentato di questo drammatico fatto nell’ultima pagina di neuroni fanzine in pdf n.1, ma ora ho smesso di lagnarmi. Olivia Dunham è sempre molto strana, Broyles è sempre più nero e Peter Bishop è a metà tra il bravo agente dell’FBI, l’arguto scienziato e il pataccone. Chi non vorrebbe essere come lui.
Ma, ancora di più, ha ripreso a stupirci Walter Bishop, interpetato da John Noble, attore dalle mille facce e dai mille toni di voce ma con un solo modo di camminare, curioso e rassicurante. Da Wikipedia impariamo che “Walter Bishop nacque a Cambridge nel 1946, figlio di Robert Bishoff, scienziato tedesco nazista che aiutò segretamente gli Alleati e si trasferì in seguito negli Stati Uniti, cambiando il nome di famiglia in Bishop”. Una discendenza molto scomoda, ma anche coraggiosa.
Insomma, le città scompaiono, arrivano gli uomini con due facce, i bambini vedono il futuro… ma loro rimangono sempre il solito branco di intelligentoni un pò romantici (tranne Agent Broyles, che l’unica volta che si è concesso è stato quando ha baciato quella con la mano rilegata in pelle, Nina Sharp). A proposito, e il nome Massive Dynamics quanto è imprevedibile nella sua eterna evoluzione malefica?
Ma Broyles è di qua ed è di là, in un universo e nell’altro, così come Dunham, un Bishop e gli altri. Di quale universo sto parlando? Non so di preciso, comunque tutti i personaggi, incredibilmente ben tratteggiati anche nelle sfumature che li differenziano dai se stessi dell’altra parte, hanno una caratteristica in comune, che forse è quella di desiderare sempre di essere il poliziotto duro a morire ma tenerone. Ma non so individuarla bene, sarà la sovrapposizione delle linee spazio-temporali. Il solito J.J. Abrams, che Dio lo benedica.
Una cosa è molto più importante di tutto questo: c’è una gran differenza quando Dunham rispondeva al telefono e diceva (tra parentesi il sottointeso, una perdita di tempo) “(Hello, I’m) Dunham” e subito dopo “I’m on my way”, a quando ora risponde quasi con dolcezza “Dunham” (il sottointeso in questo caso non pesa). Ma cosa sarà cambiato in lei?
Con questo interrogativo opprimente, vi lascio nel desiderio più struggente di visionare tutti gli episodi del Fringe.