Una per Double Double Whammy Records

La Double Double Whammy Records è stata fondata da Dave Benton e Mike Caridi nel 2011. Tutto è iniziato con la pubblicazione dei LVL UP, il gruppo di Benton e Caridi, e di altre band locali che bazzigavano il giro SUNY Purchase, il college nello stato di New York. 

Merge e K Records sono di sicuro state d’ispirazione, almeno agli inizi. Poi l’etichetta ha iniziato a leggere il pop rock in modo più originale. Con Frankie Cosmos e Mitski, per esempio, che pubblicano nel 2014 e con il loro successo mettono la DDW al centro del ring internazionale delle label indie.

In seguito, l’etichetta si sposta a Brooklyn e nel 2016 Benton molla. Dal 2018, gli subentra Mallory Hawkins.

Se il 2014 fu l’anno della rivelazione e il 2016 quello del cambiamento, anche il 2018 non fu malaccio. A febbraio la DDW e la Polyvinyl Records annunciano una partnership: la Polyvinyl si occupa della distribuzione e la DDW mantiene autonomia dal punto di vista artistico.

A settembre arriva la benedizione delle alte sedi della stampa musicale: Pitchfork scrive che la DDW ha contribuito a modificare il suono dell’indie rock e pop della seconda metà degli anni 10.

Negli anni successivi la DDW si è sempre mantenuta su un songwriting emotivamente rasserenante ma teso. Partendo da questa idea di base, ha prodotto gruppi con peculiarità diverse, senza mai adagiarsi sugli allori facili di uno stile Mitski o Frankie Cosmos. 

“High Minuses” di Charlotte Cornfield (2021) è, per esempio, esattamente questo: un cantato esile ma profondo, una chitarra liscia ma bugnosa e melodie rilassanti ma con una tensione emotiva costante. Non ha nulla a che vedere con gli altri artisti dell’etichetta. Il suo (che quest’anno abbiamo ascoltato un sacco di volte, davvero non sappiamo quante) è uno dei dischi DDW che abbiamo scelto per The Record Room. Gli altri sono:  Told Slant, Emily Alone, 2nd grade, Cende.

Sempre tranquilli ma non troppo, hanno tante caratteristiche diverse, che rendono bene l’idea del preciso orientamento di scouting condotto dalla DDW.

www.dbldblwhmmy.com

Vai nei negozi di dischi: Rock Bottom, Firenze

Nonostante ne avessi sentito parlare tante volte, non ero mai stato da Rock Bottom a Firenze. Che gran posto. Quando sono entrato, la conferma del fatto che fosse il negozio giusto è arrivata subito dagli avventori. In particolare un ragazzo e due ragazze. Parlavano a voce alta, a commento dei dischi che vedevano. Schema classico: una delle due ragazze leggeva un nome di un gruppo e il ragazzo commentava. 

Lei: “Oo i nostri Flahmin’ Lips”
Lui: “Ah i Flamin’ Lihps li ho visti hui, là e anhe là”
Lei:”Uu i Fuhazi”
Lui: “Grandeee! Ian Mahhaye”

Ma il top è stato con i Karate:
“Non ci sono i Harate. Ooo huanto mi garberebbe un dishho dei Harate :(“
“Eh ma hanno avuto problemi con la asa dishografica”
“Eh..”
“Quanto li ho ascoltati i Harate, mi fanno ancora sbarella’”
“Si..”
“Heoff Farina”
“Eh”
“Heoff Farina!”
“…”
“Heoff!”

A quel punto mi aspettavo la domanda di rito da parte del maschio alla padrona, che ne so: “cell’hai la prima stampa del disco che non esiste”, o una cosa simile, ma niente purtroppo. Secondo me ha pensato di farlo, lo slancio l’aveva, forse gli è mancato l’input giusto. 

Commentare ad alta voce i dischi è una cosa che non ho mai fatto ma l’ho sempre sentito fare nei miei posti preferiti, soprattutto nel negozio della mia città, quindi mi sono sentito a casa. Non implica la qualità del negozio ma insomma in un certo senso aiuta e negli ultimi tempi non mi era più successo.

Comunque, ogni disco al Rock Bottom ha un commento stampato, nulla è lasciato al caso, ci sono tutte le indicazioni per guidarti nell’acquisto anche se sei uno a cui piace entrare nei negozi di dischi, guardare in giro, scegliere cosa comprare facendoti i cazzi tuoi.

Il nome è geniale ed è giustissimo per questo posto. Rock Bottom è pieno zeppo di vinile, ci sono un sacco di dischi a catalogo e moltissime novità, i prezzi sono ottimi e i proprietari sono gentilissimi. Mi sarebbe piaciuto sentire cosa avrebbero risposto a Harate se li avesse interpellati ma pazienza. Sono sicuro che quando ci andrò la prossima volta ci sarà un altro loud speaker a fare il proprio dovere, fino in fondo.

www.rockbottom.it

(pubblicato su instagram @the_recordroom)

Il cellofan sui dischi

Per quanto sia utile a proteggerli e a dare a chi li compra la certezza che non siano usati, la membrana in cellofan sui dischi nuovi è da sempre motivo di ira tra i negozianti. Righi Music diceva che serviva solo a piegare le copertine, che “col tempo, visto che la plastica si ritira (ho prove scientifiche a tal proposito), subiscono danni negli angoli”. E concludeva: “Perché c’è anche chi apre solo un lato e non toglie il cellofan, e poi si lamenta con me”.

Oscar di Double Drake/Rev Up non perdeva occasione di apostrofare i clienti che non si dimostravano in grado di togliere il cellofan. “Diobo, non hai ancora imparato ad aprire un disco?!” diceva, e procedeva con dimostrazione pratica. “Bisogna stare attenti a sfilarla via senza piegare gli angoli della copertina”. E c’era (e c’è) un solo metodo per farlo: il metodo Oscar. “Il problema della plastica attorno ai dischi è solo quello, quando la togli”, diceva Oscar. E concludeva: “Perché poi, io ho la macchina incellofanatrice di sotto, quindi il disco potrebbe anche non essere nuovo. Potrebbe, eh”. Scherzava, aveva sempre voglia di scherzare.

Lungi dal pensare che la mia opinione sia importante quanto la loro, ma vorrei dire che è vero che il cellofan è una palla, ma lo è perché quando fai una foto a un disco incellofanato viene sempre malissimo perché fa riflesso, in qualsiasi posizione tu ti metta. Righi e Oscar non potrebbero capire, perché ai loro tempi non c’era Instagram.

(NINE dei SAULT è un masterclass in rabbia e rimedio. Funk, soul, hip hop, jazz. Nelle loro canzoni i SAULT sintetizzano la storia della black music e cercano nuovi percorsi. E se nei due album del 2020 si erano concentrati sull’antirazzismo e sulla violenza della polizia in America, con NINE parlano delle periferie delle grandi città. Le raccontano, senza fomentare. La parola SAULT fa pensare ad “assault” ma NINE vuole essere un rimedio, non getta benzina sul fuoco).

Metto foto di NINE presa da internet perché per colpa del cellofan non c’è stato modo di fargli una foto per il verso.

(repost da @the_recordroom su instagram)