il concerto dei Mineral.

Alle due e un quarto del mattino, con le orecchie che ancora fischiavano, ho aperto la cornice porta-vinile e preso in mano the Power of Failing per osservarne i particolari e tutti i segni del tempo. Dentro c’è il foglio dei testi in carta normale rossa, è tutto scritto senza andare a capo e senza punteggiatura. Dietro c’è un’etichetta che copre i titoli con altri titoli corretti, togliendo due canzoni (80 – 37Take the Picture Now), non ricordavo questo particolare. Ho scoperto che il mio vinile è quasi clandestino, c’è scritto 1995 ma ovunque, persino sul sito della Crank!, dice che quell’album è uscito nel febbraio del 1997. In realtà la mia versione è la prima delle nove stampate ed esiste veramente. Quindi possiamo anche iniziare a festeggiare il ventennale.
Assieme ai Mineral, in altre due cornici uguali, ho messo una copia autografata da Garrett Klahn di Do you know where you are? dei Texas is the Reason e Sultans of Sentiment dei Van Pelt. Ho esposto questi vinili quando ho saputo della reunion dei Mineral (a breve i Van Pelt avrebbero suonato all’Hana-bi) con l’intenzione di sostituirli solo dopo il concerto, a chiusura di un cerchio. Nel frattempo il mio giradischi è fuori uso da mesi, ho acquistato due cd in due anni (anzi quello dei Clever Square me l’hanno regalato) e, con buona pace dell’etica e dell’elemento nostalgico, mi sono abbonato a Spotify e ogni tanto spendo qualche euro -mai più di cinque- su Bandcamp.

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Ho comprato questi tre dischi tra il 1996 ed il 1997; per me rappresentano una pagina ben definita di una passione musicale che per tanti motivi, soprattutto personali, non si è mai più ripresentata con la stessa intensità. A causa di un amaro destino e della loro breve vita non ho mai visto queste band dal vivo negli anni novanta. Fatico ad immaginare la mia reazione se mi avessero detto che circa quindici anni dopo, grazie ad una serie abbastanza notevole di circostanze, Garrett Klahn avrebbe fatto un secret show a casa mia.
Sulle reunion delle band si è scritto fin troppo e ben prima che diventassero una piaga. Io non ho quasi mai trovato in queste reunion una reale necessità oltre al fattore economico per i singoli componenti, peraltro non sempre consistente. In passato, quando alcune band per me intoccabili si sono riunite, sono stato esageratamente integerrimo. Mi rifiutai pure di andare a vedere gli Slint a Bologna, a pochi minuti di bicicletta da dove abitavo ai tempi dell’università. Per fortuna col passare degli anni si tende a diventare più moderati, anche se rimangono alcune perplessità. A tal proposito il mio post scriptum di una mail a Garrett recitava: “no chances to see Texas is the Reason live again, I guess. I never did and I’m really sorry, but I’m not a particular fan of reunions. Things should be lived out fully at their times”. Nella risposta glissò sull’argomento, parlandomi dei suoi progetti futuri.
È sempre stato il fattore temporale la chiave delle mie perplessità, come se riportare alla luce fuori tempo e fuori contesto quel tesoro che apparteneva al passato fosse qualcosa di sacrilego. Appena ho saputo del concerto dei Mineral mi è tornata alla mente quella frase di Slower (la mia canzone-manifesto dell’epoca assieme a Souvenir dei Lifetime) che fa I would gladly trade a lifetime of convenience for an honest day or two. Anche in questo caso stavamo parlando di convenienza? a giudicare dalla pronta ristampa dei vinili, dalla nuova raccolta di album e sette pollici, dai prezzi del merchandising la risposta poteva essere sì.
Poi alla fine, fanculo i presupposti, si tratta di vedere un concerto che hai aspettato per quasi vent’anni e sentire l’effetto che fa.
Rivedere Lele degli Eversor su un palco con i June and The Well è stata una bella cosa, avrei voluto abbracciarlo. Poi i Solemn Sun col loro suono gonfio hanno vinto a mani basse il premio band da deridere della serata, comunque una buona occasione per la seconda birra e tante chiacchiere per stemperare l’attesa.
Il Velvet è un posto immenso ed io immaginavo preoccupato che il concerto fosse nel palco grande, ma il buon senso ha prevalso e hanno deciso per la sala interna. Tutto sommato un posto non troppo diverso da alcuni centri sociali nei quali suonavano le band hardcore negli anni novanta. Proprio qui ci avevo visto Shift ed Earth Crisis, per dire.
Comincio così a provare la sensazione che essere lì faccia parte del corso naturale delle cose, nessuna forzatura, nessuna reunion da giustificare e nessuna lacuna temporale da colmare. Le prime note di Five. Eight and Ten mi calamitano verso il palco e quando lo stacco di batteria irrompe sugli arpeggi iniziali è già chiaro che stasera i Mineral ci faranno male. Sono così assorto che nel silenzio che precede Gloria mi sembra di sentire il fruscio della puntina sul vinile. Il suono è incredibile, non so come ci siano riusciti ma esce perfetto: leggermente impastato e sporco, saturo sui bassi quanto basta. I nostri giradischi di bassa qualità suonavano esattamente così. Contengo a stento l’entusiasmo, mi giro indietro verso gli amici con un sorriso infinito: “se adesso fanno Slower faccio stage div…” Slower. Provo a fare una cosa. Provo a guardare il soffitto e a chiudere gli occhi mentre canto people like you and me will never know the easy way. Ne esco male, cioè bene, con i brividi lungo la schiena e gli occhi umidi. A quel punto mi aspetto Dolorosa, mi aspetto che facciano tutto il primo album per tornare volentieri a casa a piedi con la temperatura sottozero. Non è stato così ma siamo rimasti in tema: February e M.D. (dal 7″ uscito per Caulfield Records nel 1998) sono due perle notevoli prima di lasciare spazio ai brani del secondo album. A Letter, SoundLikeSunday, For Ivadel e gli altri pezzi di &Serenading sono una grande sorpresa, perché se è vero che questo album pecca quasi di manierismo nella sua perfezione, dal vivo i pezzi suonano tremendamente autentici, al pari di quelli del primo album. Insomma i Mineral stanno suonando meglio dei Mineral ed il concerto sta superando ogni aspettativa. La voce di Chris Simpson non è cambiata. Imperfetta e non particolarmente intonata, forse non raggiunge più la stessa estensione vocale ma trasmette quelle identiche emozioni.
Non so suonare la chitarra e non so perché i Mineral abbiano bisogno di accordare dopo ogni pezzo, causando silenzi tanto interminabili quanto solenni. Mi piace pensare che suonare con quella intensità faccia sì che anche le corde non reggano l’urto emotivo e si lascino andare.
Con la parentesi movimentata di 80 – 37 si ritorna alle origini, dice che non la suonavano dal vivo dal 1997. Poi &Serenading torna protagonista, un po’ me l’aspettavo e va bene così. L’incedere lento di Unfinished ci fa ciondolare le teste, WakingToWinter e la title track ci ricordano che siamo fortunati a vedere questo concerto in inverno; persino dentro il locale fa freddo. Allevio il bruciore degli occhi crepati dalla stanchezza strizzandoli forte e cantando when I was a boy I could hear symphonies in seashells, so why am I so deaf at twenty-two to the sound of the driving snow that drives me home to you. Penso che i Mineral siano il mio gruppo preferito di sempre. Magari domani cambierò idea, ma adesso è così.
Scendono dal palco e potrebbe bastare così. Per la maggior parte dei concerti i bis sono come le reunion: non necessari, superflui. Ma questo concerto è diverso e siamo nel 1998. Questa non è nostalgia, i Mineral non ci hanno portato indietro, stiamo vivendo in questo tempo e basta.
LoveLetterTypeWriter, Palisade e si chiude tornando a the Power of Failing con Parking Lot. Curioso, l’immenso parcheggio sterrato del Velvet, suggestivo in piena notte, è legato per me a certi ricordi dolenti che si sono fatti sentire per tanto tempo. La mia fortuna è che ho sempre potuto scaricare il peso di questi ricordi sulla bellezza di queste canzoni.

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