Francesco Satanassi di sicuro mi odia, perché c’ho messo un sacco di tempo a scrivere questa recensione. Un po’ lo odio anch’io, perché ha scritto un libro un po’ furbo, con gli zaini Invicta, il Commodore 64, i poster nella cameretta e le Torri Gemelle, e che punta a piacere a tutti quelli di età compresa tra i 25 e i 35 anni, circa. Ho pensato la stessa cosa quando ho visto un film bellissimo, Super 8.
Non ho detto che Francesco è furbo, ma che il suo libro Fatti a metà (un giorno come tanti) lo è un po’. E furbo non è un’offesa, ma un termine controverso. Molte cose possono essere furbe, ma qui mi limito ai libri. Innazitutto bisogna distinguere tra libro furbo in senso brutto e libro furbo simpatetico. Al primo tipo appartiene, non so, Non ci lasceremo mai della moglie di Bovolenta, al secondo invece Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi (uno più recente non mi viene in mente).
Il furbo in senso brutto suscita solo sentimenti negativi, e seri dubbi sulla moralità del gesto di scriverlo e pubblicarlo. Di sicuro il furbo simpatetico suscita invece sentimenti contrastanti, per sua natura, cioè per la sua caratteristica di pararsi il culo (cavarsela, piacere) con mezzi che attirano la simpatia di un determinato pubblico percorrendo vie sicure. Questo è il motore del dibattimento interiore, che non ti permette di esprimere totale apprezzamento. Ma il libro furbo simpatetico un po’ ti conquista, se rientri nella fascia di pubblico per cui è scritto, perché tocca temi che suscitano simpatia (appunto) e interesse. Odi et amo (io invece sono proprio paraculo, non solo furbo) è esattamente il sentimento che si prova. Come ci si comporta in questi casi non lo so. E non lo sapete neanche voi. Unica soluzione è pensare che il Mondo non sia mai solo bianco o solo nero, ma anche grigio, e accettare questa disgrazia. Manichei si nasce, poi a volte tocca ricredersi, perché il libro furbo simpatetico, che scatenerebbe la tua rabbia manichea, ti mette in ginocchio con riferimenti al passato, alle tue cose, e non ti permette più di pensare con lucidità e cinismo. E ti piace.
Fatti a metà è una di quelle cose (prendete il termine cosa e accettatelo in senso lato così non scrivo sempre libro) che per i temi che tratta e i personaggi che descrive non puoi fare a meno di amare. Quali sono i personaggi più o meno negativi di questo libro? Don Ildebrando, Molder l’acchiappacherichetti, Sandone: chiunque, con le inevitabili sfumature, li ritrova nel proprio passato. E sono loro che ti fanno amare Fatti a metà, anche se sono messi sotto una luce negativa, perché creano un terreno comune proprio sulla tristezza, che se condivisa unisce e piace molto più dell’allegria. E non è mal comune mezzo gaudio. Le cose tristi e negative ampliano il respiro di questo libro, che così coinvolge anche quelli che quelle cose e stanno vivendo adesso. Non è poi da sottovalutare l’effetto “racconto dello zio” che Fatti a metà può fare: è molto adatto a un ragazzo di (non so) 13 anni, se lo leggesse si incanterebbe e vorrebbe anche lui avere quei ricordi da raccontare, fra 20 anni, in un libro, con la stessa passione e lo stesso amore di Francesco.
Quali sono le cose belle? La prima che mi viene in mente è Monkey Island: tutti i ragazzi che hanno poco più di 30 anni hanno giocato una volta nella loro vita al Monkey Island del cazzo, e alcuni di quelli più piccoli hanno usato le edizioni per Xbox e PC. Tutti c’hanno giocato.
Ribaltando il punto di vista sul tema del libro furbo, cose belle, cose negative e cose tristi sono pregi, perché (tutte) permettono a Fatti a metà di coinvolgere molte persone di età diverse, non solo tra i 25 e i 35 anni. L’Invicta, Hulk Hogan, Lupo Alberto e il Raider che si chiamava così prima di cambiare nome in Twix creano un terreno comune ANAGRAFICAMENTE molto ampio.
Ci sono episodi molto toccanti in Fatti a metà. Non solo perché raccontano cose attorno a eventi o oggetti che ricordo benissimo, ma anche perché presentano situazioni del mondo dei piccoli che in realtà parlano di quello dei grandi. Il capitolo Il leggendario tram numero 2/A sembra raccontare delle divisioni nette che si creano tra ragazzini di età diverse costretti a frequentare gli stessi posti e di come la scoperta del sesso noi maschietti la sfoghiamo prendendo in giro le ragazze che ci piacciono; in realtà parla di altro. Cioè racconta proprio dei gruppi e delle ragazze con le tette grosse, ma il tram può essere metafora di alcuni ambienti di lavoro, prevalentemente frequentati da adulti laureati ed esperti, non per forza da ragazze con le tette grosse, e in cui c’è una divisione simile a quella del tram 2/A, con due sole fazioni schierate: quelli che vorrebbero fare carriera e quelli che fanno il loro lavoro per il risultato, insieme ad altri, non per se stessi. La convivenza è difficile, ma obbligatoria. Probabilmente, sarà sempre così, se non peggio, a meno che non si tenti la fuga o non si mettano le cose in chiaro. E non sempre serve. Quel che succede nel libro, e che si dà per scontato succeda e succederà, e che invece non sempre succede, è l’intervento di qualcuno che sistema le cose. In Fatti a metà ci sono tante cose che appartengono al passato per cui provare amorevole attrazione. Ma non si riesce a provare attrazione, solo tenerezza, per l’ingenuità (naturale) che a 13 anni può portarti a pensare che tutto si sistemi (sempre) grazie all’intervento di una forza superiore buona che vince. Il leggendario tram numero 2/A si risolve così. E mostra ciò che valeva quand’eri più piccolo e che adesso non vale più: ti fa vedere che le cose cambiano.
Se volete capirci di più su questo capitolo e su tutto il libro, dite che ne volete ricevere una copia a checcosata@gmail.com*.
Lo stile di Fatti a metà è molto colloquiale, tanto che a volte diventa incomprensibile. Altre volte gioca troppo con la ripetizione e finisce che la frase s’incastra. In generale, comunque, tutto molto bene, in generale il racconto scorre, è divertente e intelligente. Fino agli ultimi 2 capitoli, che cambiano registro. Il livello di narrazione si trasforma, diventa sicuramente più pungente, forse più alto, anche per i temi toccati: l’11 settembre, il McDonald, le preferenze di voto, l’amore. L’ultimo capitolo racconta di come e quando l’autore si è reso conto che il suo vero padre ha abbandonato la famiglia e se n’è andato lontano. Un racconto equilibrato, che controlla bene il gioco del tema delicato alternato a parentesi divertenti, senza eccedere mai da una parte o dall’altra. Ma il finale arriva troppo presto ed è come se la parte più esplicitamente introspettiva del libro non avesse lo sfogo che merita, dopo i 10 capitoli precedenti, più divertenti. Però è bellissimo, perché il significato del titolo Fatti a metà si completa con l’ultimo capitolo, una storia interrotta.
* Il libro non ha un editore, però è un e-book, ed è pubblicato con licenza Creative Commons. Non vi aspettate un romanzo, non lo è. Ma fatelo sapere in giro che esiste, perché ha tutte le caratteristiche per piacere a moltissimi.