Ravenna Nigthmare Film Festival 2013 day #8

EL DESIERTO di Christoph Behl

EL DESIERTO di Christoph Behl (Concorso, 2 novembre). Non troppo tempo fa avevo le scatole piene degli zombie. Un po’ le ho ancora, così che quando mi sono messo a sedere per vedere El Desierto non è che fossi esaltatissimo. Facciamo che non so che El Desierto ha vinto il premio come miglior attrice e facciamo che non ho retrodatato il post RNFF #7 per metterlo in fila con gli altri, così scrivo senza farmi influenzare dal giudizio altrui. Ecco, quello che mi è piaciuto di questo film è l’uso intelligente dello zombie, che mi ha un po’ fatto tornare la voglia. Non ci sono gli zombie che pensano, che corrono veloce, che vanno in skate, che parlano swahili o che fanno i sommelier. Non è un vero film sugli zombie, con tutte le pippe che comporta fare un film sugli zombie, scontri frontali, strappamento di budella e di giugulare compresi, sempre che oggi abbia ancora un senso fare uno zombie movie; è un film con uno zombie ospite che, proseguendo il ruolo tradizionale e noioso della figura dell’ospite, arriva e scasina la vita a tutti. Uno zombie che non fa niente: è legato tutto il tempo, mentre fuori ce ne sono altri, e dentro i vivi giocano a coloragli la faccia, a prenderlo a pugni e a sfiorare con lui il tema eterno del ma no non trattarlo male è un essere umano, no non è più un essere umano, è morto, ammazzalo. I tre amici se lo pigliano in casa per giocarci un po’ insomma. Che va bene, perché degli zombie sappiamo tutto e se l’avessero rapito per studiarlo sarebbe stato fuori luogo. Un film che non fa finta che non ci siano mai stati film sugli zombie e che non ripete che c’è stata un’epidemia radiaottiva, che per ucciderli bisogna sparargli alla testa e che non ti devi far mordere sennò diventi uno di loro è già un discreto film, con un punto di partenza discretamente intelligente. In questo senso Shaun of The Dead aveva aperto una strada, che El Desierto prosegue.
L’idea dell’ospite zombie potrebbe essere anche quella giusta, quella che fa vincere il festival a El Desierto. Potrebbe, cioè avrebbe potuto. El Desierto dura 90′ e stai sicuro che 80 sono occupati per dirci che fuori ci sono gli zombie, che tre amici si sono chiusi in una baracca per ripararsi, armati e ben organizzati, che prima la ragazza limonava con tutti e due i ragazzi senza fare troppa differenza ma poi ha iniziato a scopare solo con uno per smettere anche solo di limonare con l’altro che, dal canto suo, per farsela passare ha deciso di tatuarsi tutto il corpo con punti neri che sembrano mosche. A un certo punto i tre amici si portano in casa uno zombie, e ancora minuti di gioco psicologico tra loro: lo zombie incombe ma non abbastanza. I rimanenti 10′ sono per dirci tutto quello che conta del film, per farci capire che lo zombie non si ribellerà e non sbranerà tutti ma avrà comunque un ruolo decisivo, e per un finale che non è un non finale e neanche un finale.
L’idea c’era. Bastava invertire le porzioni di tempo: 10′ per la psicologia dei personaggi fino al rapimento dello zombie, 80 per le conseguenze del suo intervento attivo nella storia.

May I Kill U?

MAY I KILL U? di Stuart Urban (Concorso, 2 novembre). Un poliziotto di Londra uccide le persone cattive della città, lo fa solo con il loro consenso, condividendo i video degli omicidi sul web e commentandoli sul Twitter. Una Black Comedy simpatica, anche un pò paracula per l’uso che fa di Twitter per sembrare più intelligente di quello che in realtà è, ma senza un vero guizzo geniale. Mi vergogno io stesso di aver scritto guizzo geniale. Ultimo film in concorso, proiettato nella serata finale del RNFF, per la legge dei grandi numeri ha vinto il premio del pubblico, altrimenti di fronte alla giuria popolare non avrebbe retto il confronto con Septic Man, The Forgotten o Oltre il guado. O forse si, ma solo perchè è un pò ruffiano.

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